L’interno negato

L’interno negato: qualche riflessione su vagina e materialità

Nel secondo incontro di “Cose Nostre: un ciclo di incontri sulla vagina” abbiamo continuato il laboratorio di creatività vaginale cominciato nel primo. Anche questa volta, i temi emersi sono stati molteplici. Dopo l’incontro, ci siamo confrontate tra noi cercando di approfondire alcune riflessioni, per le quali la materialità ci si è riproposta come filo conduttore.

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Della vagina, c’è una visione esterna, quando c’è: nell’immaginario di molte, la vulva sostituisce la vagina. Dell’interno, c’è la percezione del vuoto o della problematicità, che può avere diverse sfaccettature: si può immaginare di avere dentro delle “cose problematiche”, ma a volte si prende contatto con il nostro interno solo se abbiamo dei problemi. Espropriate del nostro interno a tal punto, ci vogliamo chiedere come e perché?

La tecnologia ha contribuito ad allontanarci dalla materialità – anzi, forse proprio ad alienarci da essa: affidiamo sempre di più agli strumenti la capacità di definirci. Questo rapporto, però, andrebbe letto anche alla luce della mancanza di una condivisione di saperi (condivisione che non necessariamente c’era prima di un uso diffuso della tecnologia!) e del riconoscimento del ruolo che si affida al medico – o in generale, alla “figura esperta” – nella conoscenza di sé.

Riconosciamo inoltre un forte depotenziamento percepibile a livello fisico, esperienziale, e sociale. La vagina non è considerata una parte potente, forte, energica e resistente del corpo. Al contrario, viene associata ad emozioni come la vergogna (anche a seguito di esperienze di vita) o al sentirsi minacciate: in generale, la società ci ricorda, giorno dopo giorno, che la vagina è un “territorio di conquista”.

La gravidanza è l’illustre esclusa dai discorsi sulla vagina, in molti sensi e con molti effetti. In generale, vi è una confusione tra la gravidanza, intesa come cambiamento fisico importante, e la scelta della maternità. Spesso, quando si parla di questi cambiamenti fisici, lo si fa anche in un’ottica di paura della maternità, tralasciando però il vissuto corporeo, la sessualità, il desiderio sperimentati durante e dopo la gravidanza. Forse la gravidanza è il momento in cui la nostra materialità appare più evidente, e difficilmente viene esplicitato il legame tra la materialità non conosciuta del proprio corpo e le difficoltà con cui ci si approccia al discorso della gravidanza e della maternità: discorso che difatti viene sempre affrontato sul piano delle scelte, ma non su quello del corpo. La vagina durante la gravidanza, dunque, è spesso esclusa, insieme a tutto ciò che “modifica” la vagina da un’idea statica, come avviene col resto del corpo da una prospettiva prestazionale. Anche qui, vediamo un forte depotenziamento, che di fatto ha trasformato la maternità in scelta sempre più faticosa, sempre più medicalizzata, e sempre meno socializzata.

Il cambiamento e l’invecchiamento sono dei tabù fortissimi: non c’è nessun contesto sociale o familiare in cui ci sia uno scambio intergenerazionale di saperi ed esperienze legate alla materialità della vagina.

La cura di sé, tema del prossimo incontro, è proprio uno dei primi passi per riappropriarci di questa materialità.

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