La legge e la norma

“La legge e la norma”

Spunti di riflessione a partire dalla “gestazione per altri”

di Margherita Croce

Citando da un articolo di Michela Murgia del 2 febbraio:

“Chi si oppone alla gravidanza surrogata chiamandola “maternità” e adducendo come motivazione l’unicità insostituibile del legame che si stabilirebbe tra gestante e feto sta ponendo le condizioni perché gravidanza e maternità tornino a essere inscindibili e quella sovrapposizione torni a essere usata contro le donne SEMPRE, ogni volta che per i motivi più svariati provassero a scegliere di non essere madri”

“Mi pare evidente che il problema etico della remunerazione della gravidanza surrogata sia identico per natura a quello di qualunque prestazione estrema di vita che si fa in cambio di denaro: è un problema di classe, di rapporti di potere economico e sociale, di scambio impari. Può essere evitato? Se sì, il sistema non lo abbiamo ancora trovato. Se ne possono limitare i danni? Certo che sì, ma rifiutare di riconoscere che siamo già tutti e tutte dentro un mercato non è forse il modo più costruttivo per cominciare a farlo.”

“Il problema dell’etica, comunque la si giri, mi pare sempre legato alla disparità economica.”

Da queste condivisibili e ben scritte premesse, Murgia ne trae strane conseguenze…

Quando dice che “ Senza regole vince il mercato”, frase che da sola dice già tutto…oppure continua specificando ad esempio che “Le leggi che consentono sono le sole che possono mettere dei limiti all’azione che stanno legittimando, per il fatto stesso di riconoscerla. L’assenza di leggi permette invece qualunque eccesso, perché nessuno degli abusi perpetrati sulla parte debole è definibile come tale: semplicemente, senza legge, non esiste”…

Mi sembra che prenda proprio un bell’abbaglio…non so se per ingenuità, o altro.

Ha ragione a dire che gli abusi prima della legge non esistono in quanto tali. Infatti neanche la “parte debole” esiste prima della legge. Il punto però è mettersi d’accordo su cosa è la legge o, meglio la norma, e, soprattutto, su cosa le preesiste e su come viene da essa deformata. Prima della legge la “parte debole” è femmina, è lavoratrice, è madre, sorella…ad ognuno di questi aspetti corrisponde un piano di rapporti di produzione/riproduzione che con la legge si può svolgere in modo “ legittimo” o “ abusivo”. Prima della legge, ad ognuno di questi piani può corrispondere una presa di coscienza, un processo di soggettivazione: sono donna, sono sfruttata dal capitale, sono oppressa dalla divisione sessuata dei ruoli… Quando arriva la norma a definirci “parte debole” tutti questi piani vengono assorbiti nel piano fittizio della legalità e del rapporto cittadino-Stato. L’organizzazione statale, più specificamente la democrazia borghese industriale, è il campo delle neutralizzazioni e delle spoliticizzazioni dove, i rapporti suddetti vengono contrattualizzati a partire da una fittizia condizione di parità, identificata nell’uguaglianza formale come soggezione alla norma-legge-volontà del parlamento.

Secondo Schmitt (nello scritto “Nehmen, Teilen, Weiden”), il sostantivo greco nomos, alla base di qualsiasi ordinamento economico sociale, viene da nemein e, in quanto nomina ationis, indica “un fare in quanto processo”. E’ al processo del normare che bisogna porre attenzione, non al prodotto norma. Nemein individua tre processi originari: il prendere/conquistare (appropriazione), il dividere/distribuire (nel senso di giudicare ma anche di partecipare), il pascolare/coltivare/produrre (intendendo tutto il ciclo di produzione ed elaborazione dei beni, compreso il consumo ). Si capisce allora che il contenuto delle norme esprimerà sempre il modo di produzione, che è dato, non solo dal meccanismo di funzionamento interno a questi momenti, ma anche dall’ordine in cui essi si succedono.

Ogni norma oggi esprimerà quindi il modo di produzione capitalistico-patriarcale nella sua fase imperialista…e così è anche se non ci piace. E’ un caso che gli Stati Uniti abbiano legiferato sulla “gestazione per altri” già da 15 anni?

E’ strano, allora, che partendo da premesse così corrette (è un problema di classe, siamo tutti dentro il mercato), pensi che proprio regole servano a fermare il mercato…al contrario, il mercato ha sempre vinto con le regole. Regole fatte dal mercato e per il mercato. Come può pensare, poi, che funzioni diversamente in questa Europa fondata sull’ordoliberalismo, o economia sociale di mercato, in cui il mercato si fa ordinamento??

In parte se ne rende conto anche lei, infatti, quando dice che legalizzare la gestazione per altri significherebbe istituzionalizzare un servizio per ricchi.

Dall’altra parte, però, dice che la legge è l’unico modo per garantire la donna che decide di accollarsi la gravidanza.

Insomma é il solito rompicampo… lo stesso su cui sbattiamo ancora la testa quando pensiamo all’alternativa aborto libero/aborto legale. Il secondo, si dice, è stato necessario per far uscire le donne dalla clandestinità. Però anche l’aborto libero avrebbe avuto questo effetto…perché allora si è optato per quello legale? Perchè i rapporti di forza consentivano solo quello? Si, i rapporti di forza contano sempre….e allora perché puntare a regolamentarli/contrattualizzarli invece che esercitarli? Con il contratto perderemo sempre perché siamo “la parte debole”.

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