La Parentesi di Elisabetta del 24/06/2015

“Pover* e povertà”

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Nella tradizione cristiana che tanta parte ha avuto nella storia dell’Europa e di questo paese, la chiesa rifacendosi alla frase riportata nel vangelo, quella che dice “è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco vada in paradiso”, ha prestato molta attenzione ai poveri assolvendo, però, un ruolo di assopimento della loro voglia di lotta e della loro capacità di riscatto con una cultura che teorizzava che le povere e  i poveri avrebbero avuto il premio per le pene e le miserie di questa vita in quella dopo la morte.

Non solo, ma facendo proprie le teorie di Tommaso d’Aquino secondo cui ci si salva attraverso le opere, invitava i ricchi e i potenti a fare elemosina per guadagnare il paradiso. Così il cerchio era chiuso, i poveri accettavano la loro condizione e i ricchi e i potenti si mettevano a posto la coscienza.

Il tutto veniva fatto rientrare nell’ordine naturale delle cose.

La rivoluzione d’ottobre ha scompaginato questa impostazione quando il comunismo si è fatto potere. Attese millenaristiche e catartiche c’erano sempre state, ma la novità rappresentata dalla rivoluzione bolscevica è stata enorme, queste attese, per dirla come la chiesa cattolica, si sono fatte carne e sangue.

La condizione delle classi subalterne entra prepotentemente nello scenario della storia e della politica.

Il capitalismo adotta la soluzione socialdemocratica, comincia a parlare di guerra alla povertà, prospetta soluzioni riformatrici gradualistiche. Viene propagandato l’ immaginario di un progresso lento ma ineluttabile, un continuo miglioramento delle condizioni dei poveri e dei subalterni/e. Ma è dalle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici che  vengono a cascata i contratti nazionali di lavoro, lo stato sociale e la sanità e l’istruzione pubbliche…..

Anche in campo internazionale il vento del comunismo e il rifiuto della cultura colonialista portano le lotte di liberazione nazionale. Quando i paesi affrancati dal colonialismo si trovano a fare i conti con una popolazione impoverita  dalla predazione coloniale, viene coniata la teoria del  “desarrollo”, l’equivalente delle teorie socialdemocratiche nostrane applicate ai paesi del terzo mondo che avrebbero potuto così godere di un miglioramento delle condizioni economiche e di un continuo progresso.

Il neoliberismo, l’attuale ideologia vincente, con la complicità della sinistra riformista e socialdemocratica che ha cambiato pelle ed è diventata destra moderna, ha rimosso dall’immaginario l’idea di comunismo e di libertà.

La povertà, quindi, non è più un crimine perpetrato dalla società, ma una colpa dei poveri. Viene introdotto un approccio che può essere definito  “razzismo di classe” nei paesi occidentali con un ritorno all’equazione ottocentesca  poveri uguale delinquenti, quartieri popolari uguale sentine di ogni bruttura.

Il ritorno all’ottocento è uno dei tratti caratteristici della società neoliberista..

Allo stesso tempo, nei paesi del terzo mondo, l’ ”uomo bianco” ha la pretesa, come nell’ottocento, di emancipare quei popoli, che non sarebbero in grado di gestirsi da soli, naturalmente per colpa loro, perché brutti, sporchi, cattivi e ignoranti.

Da qui le così dette  “guerre umanitarie” che altro non sono se non neocolonialismo.

E’ il ritorno alla cultura protestante, che non a caso coincide con l’ascesa politica della borghesia:  la ricchezza è il segno della benevolenza di dio. Concetto che tradotto in termini laici significa che si è ricchi perché si è più intelligenti e capaci.

Infatti ora, nella stagione neoliberista, una porzione della borghesia, quella transnazionale, si pone come aristocrazia e ha sostituito Versailles con Washington.

E’ il trionfo dell’innatismo e dell’idealismo, si è quello che si è per nascita e non per le vicende economiche, storiche, politiche e sociali.

La povertà è una colpa e la ricchezza è un merito. Omettendo completamente che i ricchi, quelli che ce l’hanno fatta, sono spesso i più corrotti, i più servili, i delatori, quelli senza scrupoli, e, a livello di nazioni, sono quelle che seminano morte  e distruzione quando non arrivano a veri e propri genocidi.

Teorizzare che essere ricchi e potenti è per meriti propri non è altro che la trasposizione della lettura religiosa che quello che accade l’ha  voluto dio, omettendo le dinamiche sociali ed economiche e dimenticando, altresì, che per diventare ricchi e potenti si sdoganano e si materializzano gli aspetti peggiori dell’essere umano.

In questo si realizza l’etica nazista del suprematismo di razza e di classe che, infatti è un’altra delle caratteristiche precipue del neoliberismo.

Il neoliberismo nel suo dipanarsi e nel suo realizzarsi, ha suscitato in maniera chiara e compiuta la necessità di un progetto di rottura rivoluzionaria per  i paesi occidentali e per i popoli del terzo mondo, progetto a cui noi, come femministe materialiste, intendiamo dare tutto il nostro apporto nella consapevolezza che non ci sono altre strade percorribili.

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