We Will Survive! Una storia sul movimento LGBT in Italia.
Dialogo di Katya Parente con Nicoletta Poidimani
da gionata.org
Capire il nostro passato per orientare il nostro futuro è qualcosa di imprescindibile. A darci una mano, almeno per quanto riguarda il mondo queer, è in questo caso il volume We Will Survive! Storia del Movimento LGBTIQ+ in Italia. Il libro, giunto alla seconda edizione, è una raccolta di saggi curata da Paolo Pedote e Nicoletta Poidimani. Ed è proprio Nicoletta che ci farà compagnia durante questa chiacchierata.
Il titolo del libro ricorda una famosissima canzone di Gloria Gaynor: un inno all’indipendenza e alla vita, sbattuto in faccia a chi crede altrimenti. Mutatis mutandis, è questo il vostro intento?
Sì certo! Abbiamo voluto mutuare il titolo da un canzone che un tempo era colonna sonora dei Pride, con tutto il suo portato gioioso e non vittimizzante. Dico che lo era “un tempo”, perché non frequento più i Pride da che son diventati rituali svuotati di senso, che mirano solo a pubblicizzare i locali e a promuovere le carrierine politiche di questo/a o di quello/a.
Si tratta di una seconda edizione. Perché ripubblicare? Che cosa è cambiato rispetto alla prima?
Le ragioni di questa seconda edizione dicono molto delle miserie del movimento lgt, che non è solo rose e fiori come ben sappiamo… Non si è infatti trattato di una scelta libera, ma di una necessità.
Un attivista gay, che era stato coinvolto nella stesura del libro e a cui non era stata data alcuna liberatoria da firmare – abbiamo sicuramente peccato noi di eccessiva fiducia, quanto lui di furberia –, ci ha poi citati in giudizio facendoci spillare, all’epoca, oltre 7mila euro (con cui, abbiamo poi saputo, se n’è andato in viaggio sull’Himalaya…).
Pur essendoci dovuti svenare sia noi curatori che l’editore, è stato importante e significativo il supporto che molti autori e autrici dei saggi contenuti nel testo ci hanno offerto, pagando anticipatamente alcune decine di copie della seconda edizione per darci una mano. E così la miseria umana di uno è diventata una rete solidale tra tanti/e che ha anche lenito il nostro dolore per l’uso infame che era stato fatto del nostro progetto.
Come si inquadra il movimento per la liberazione queer italiano nel panorama europeo, e più generalmente occidentale?
Prima di tutto: esiste davvero un movimento di liberazione queer in Italia, secondo voi?
Non pongo la domanda per mero gusto della retorica, ma perché dietro l’uso del termine queer in Italia vedo spesso cose che nulla hanno a che vedere sia con l’essere un movimento, sia col queer. Continua a leggere→