Ci vediamo il 1 ottobre alla Sapienza!

Ci vediamo il 1 ottobre alla Sapienza!

votare NO

Parte il No Tav Tour per dire No al Referendum e mandare via Renzi

http://www.notav.info/post/parte-il-no-tav-tour-per-dire-no-al-referendum-e-mandare-via-renzi/

A breve verrà fissata la data per il referendum costituzionale che si terrà nei prossimi mesi.
Renzi ed il suo entourage hanno lanciato da tempo una sfida a tutti coloro che chiedono dei veri cambiamenti e per un governo particolarmente allergico alle elezioni, questo momento diventerà cruciale.

Come tutti e tutte sappiamo si voterà per diverse modifiche al funzionamento delle Istituzioni e del documento fondamentale del nostro ordinamento giuridico, ovvero la Costituzione.

Dietro ad una fantomatica riforma utile allo snellimento delle istituzioni, nella realtà, Renzi intende dare un colpo decisivo alla democrazia (già molto malmessa) del nostro Paese, eliminando diritti e garanzie rappresentati dalla Costituzione, per assicurarsi più potere decisionale e levare il maggiore intralcio al suo operato: la volontà del popolo e delle comunità locali.

Non servono parole per narrare il disastro che in pochi anni questa classe politica è riuscita a fare.

La vita che ogni giorno viviamo con le sue difficoltà sempre maggiori ne è la conferma.
 Fermarli è necessario, e sebbene lo strumento del voto non sia l’unico ed esaustivo, intendiamo organizzarci con quanti hanno a cuore il futuro di tutti e tutte, mobilitandoci contro questo governo che non ci rappresenta e mai rappresenterà tutti coloro che hanno a cuore i propri territori e la vita di chi li vive.

La nostra lotta su un NO al Tav chiaro ed esplicito si è resa riconoscibile a tanti, un NO forte ed includente, ed anche questa volta crediamo che dire NO alle riforme di Renzi significhi dire che non vogliamo le grandi opere inutili come la Torino-Lione e che vogliamo delle piccole opere utili.
Un NO che sposti gli investimenti sulla messa in sicurezza dei territori e che non ci faccia piangere ad ogni terremoto o evento naturale come una pioggia di troppo.
Un NO alle decisioni di pochi che vogliono salvare le banche e che allo stesso tempo girano le spalle ai piccoli risparmiatori truffati da queste con investimenti pericolosi e inutili.
Un NO che non si limita al voto, ma che deve essere capace di vivere nelle lotte e nei conflitti di questo Paese malandato, ma che in momenti importanti ha saputo rialzare la testa con estrema dignità. La dignità di chi non si rassegna e lotta per il proprio futuro.
Un NO “sociale” e dal basso, detto con forza non solo da chi non vive bene e soffre, senza lavoro, futuro e prospettive ma anche da chi, pur riuscendo ancora ad arrivare dignitosamente alla fine del mese, non accetta questo massacro della scuola, della sanità, delle pensioni e della ricerca.
Un NO per i partigiani che con il loro sudore e il loro sangue si sono ribellati e sono morti per scriverla questa Costituzione, dove i diritti e le persone sono la stessa cosa, presa di mira dai vari aspiranti padrini di stato fin dalla sua emanazione.

Ci sentiamo quindi di dirlo in modo chiaro, dalla nostra Valle e con il nostro movimento No Tav, un NO per tutti, contro le grandi opere inutili e imposte, contro le banche e i banchieri internazionali, contro Renzi e il suo governo.
Per questo partiremo con un tour per il Paese, sperando d’incontrare sulla nostra strada uomini e donne pronti a prendere in mano il proprio presente, per garantire un futuro dignitoso alle future generazioni, per tutti e tutte.

Invitiamo tutte e tutti ad un momento di assemblea nazionale, dopo la due giorni svoltasi a luglio in Valsusa, presso l’Università Sapienza di Roma che si terrà il 1 ottobre e decidere così insieme le prossime tappe di questo percorso.

Il Movimento NO Tav

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8 settembre 1974/8 settembre 2016

8 settembre 1974/8 settembre 2016

“(…) Possiamo infatti evitare che la memoria sia solo quella di altre esperienze e che chi si occupi di raccogliere le memorie e scrivere la storia e le storie sia sempre dall’altra parte della barricata rispetto alla nostra. Possiamo essere un ponte importante tra il passato, di cui raccogliere testimonianza, senza idealizzare o appiattire ciò che fu e, d’altro canto, dobbiamo anche raccogliere le nostre di memorie, dobbiamo raccontarci e raccontare, di noi che ancora siamo femministe oggi, di ciò che siamo, per non darci in pasto ai revisionisti e alle revisioniste di domani. In fondo noi siamo un anello di raccordo tra passato e futuro: conserviamo la nostra storia e, nel frattempo, contribuiamo a scriverne una nuova pagina.” Elena/Scateniamotempeste/ “Scrivere storia, raccogliere memorie, fare militanza” ATTI Memoria collettiva Memoria femminista, Coordinamenta femminista e lesbica, dicembre 2012

 

LUNEDì 5 SETTEMBRE h. 17 @ PIAZZALE RECANATI (Balena, San Basilio):

Prima Assemblea di lancio della mobilitazione

MARTEDì 6 SETTEMBRE h.17 @ VIA DELLA VANGA (Tiburtino III):

Seconda Assemblea di lancio della mobilitazione

fabrizio ceruso

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GIOVEDì 8 SETTEMBRE

h. 9 UN FIORE PER FABRIZIO @ Lapide via Fiuminata (San Basilio)

h. 11 UN FIORE PER FABRIZIO @ Lapide Piazza Santa Croce (Tivoli)

h.17 CORTEO CITTADINO

Partenza da via Elena Brandizzi Gianni (Angolo via Tiburtina 1020)

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SABATO 10 SETTEMBRE h.18 @ CASALE ALBA 2:

Presentazione del progetto di memoria storica e dell’opuscolo “San Basilio, storie de Roma”

“QUALI ESPERIENZE E QUALI PROSPETTIVE PER LA NARRAZIONE STORICA DAL BASSO?” Continua a leggere

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Fertility day: figliare figliare figliare!

Fertility day: figliare figliare figliare!

https://dumbles.noblogs.org/2016/09/01/fertility-day-figliare-figliare-figliare/

femm66Ieri abbiamo letto del Fertility Day lanciato per il 22 settembre dalla ministra Lorenzin.

Poi abbiamo letto le tante e varie critiche a questa oscenità.

Oggi la ministra dice che se la campagna non è piaciuta, si tratterà solo di rimodularla.

Perciò la ministra insiste con questa iniziativa che non è brutta per come è fatta, ma soprattutto perchè è fatta.

Perchè è osceno l’obiettivo di incentivare la natalità nazionale per fare tanti piccoli italiani e italiane da opporre ai piccoli degli altri popoli che lasciamo volentieri annegare e che cerchiamo in tutti i modi di sbattere fuori dalle nostre porte.

Perchè è quello che ha già detto Massimo Fini qualche tempo fa essendo lui in apprensione per il calo della “natività” occidentale scesa, ha detto, a livelli bassissimi mentre gli altri, quelli che tanto temiamo, fanno figli come conigli ed è impensabile di spazzarli via tutti a colpi di droni. Prima o poi ci sommergeranno.

Perchè le donne sono arruolate in questa campagna di salvezza nazionale in quanto la fertilità sarebbe “bene comune”. Ma che, scherziamo? Perchè la propria facoltà riproduttiva dovrebbe essere messa a disposizione della comunità? E se non la mettiamo a disposizione che succede? Siamo esecrabili, perseguibili o punibili? Sono pensate dementi e fasciste. Fascistissime.

Almeno la Danimarca, anch’essa in crisi demografica ha lanciato il messaggio: “fallo per tua mamma” nel senso di farla passare allo status di nonna. Anche il suo “scopa per la Danimarca” è osceno, ma non si nasconde dietro il paravento della salute e non sventola cartoline che tradiscono l’eterno desiderio di normare l’autodeterminazione delle persone.

E poi, se proprio proprio… altrochè Fertility Day… oggi come oggi dovremmo iniziare a pensare al problema inverso, a fertilizzarci di meno. Rispettando le libertà ed i desideri individuali, che è possibile fuori dalle politiche demografiche degli stati.

Un Fertile Brain, intorno a tutto questo, ecco.

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9 settembre 2016/Sciopero nelle prigioni USA contro la schiavitù!

(…)le corporation collegate all’industria penitenziaria mietono profitti dal sistema che gestisce i detenuti, e sono quindi chiaramente interessate alla continua crescita della popolazione carceraria. In parole povere, questa è l’era del complesso carcerario-industriale. Le prigioni sono diventate buchi neri in cui vengono depositati i detriti del capitalismo contemporaneo.(…) Angela Davis 2013

prigioni_usa

Sciopero nelle prigioni USA il 9 settembre prossimo

Forza, alzatevi e unitevi a noi.
Contro la schiavitù carceraria.
Per la liberazione di tutt*

Questo è un appello all’azione contro la schiavitù negli Stati Uniti

Con una sola voce che esce all’unisono dalle celle d’isolamento, che riecheggia nelle camerate e nei bracci delle carceri dalla Virginia all’Oregon, noi prigionier* di tutti gli Stati Uniti promettiamo di mettere fine alla schiavitù nel 2016.

Il 9 settembre 1971 i prigionieri hanno preso il controllo di Attica, la prigione più conosciuta dello stato di New York, e l’hanno fatta chiudere.
Il 9 settembre 2016 daremo il via a un’azione per far chiudere le prigioni in tutto il paese. Non chiederemo soltanto la fine della schiavitù carceraria, ma smetteremo noi stess* di essere schiav*.

Negli anni 70 il sistema carcerario statunitense tremava. A Walpole, San Quentin, Soledad, Angola e in molte altre prigioni, la gente si alzava, combatteva e riprendevano le proprie vite e i propri corpi alle prigioni-piantagioni. Negli ultimi sei anni ci siamo ricordat* di queste lotte e le abbiamo ravvivate. Nel frattempo la popolazione carceraria è esplosa e le tecnologie di controllo e isolamento si sono sviluppate fino a raggiungere un livello di sofisticazione e repressione ineguagliato nella storia. Le prigioni dipendono sempre di più dalla schiavitù e la tortura per mantenere la loro stabilità.

I/Le prigionier* sono costretti a lavorare in cambio di uno stipendio irrisorio o nessun salario del tutto. Si tratta di schiavitù. Il 13° emendamento della costituzione degli Stati Uniti permette di mantenere legalmente l’eccezione della schiavitù nelle prigioni statunitensi. Dichiara che “negli Stati Uniti non deve esistere né schiavitù né servitù involontaria, tranne come punizione per un crimine per il quale una persona sia stata debitamente condannata.” I sovrintendenti sorvegliano ogni nostro gesto, e se non svolgiamo i nostri compiti come vogliono veniamo puniti. Possono avere sostituito la frusta con gli spray anti-aggressione, ma parecchie delle torture rimangono le stesse: isolamento, strumenti di contenzione, veniamo spogliati e i nostri corpi frugati come se fossimo animali.

Nel sistema carcerario la schiavitù è viva e vegeta, ma alla fine di quest’anno non sarà più così. Questo è un appello a porre termine alla schiavitù negli Stati Uniti.

Questo appello è rivolto direttamente agli/lle schiav*. Non chiediamo né pretendiamo niente dai nostri carcerieri, passeremo noi stess* all’azione.
Ad ogni prigionier* in ogni istituzione di stato e federale in tutto il paese, vi chiediamo di smettere di essere schiav*, di lasciare il raccolto marcire nelle piantagioni, di fare sciopero e cessare di collaborare con le istituzioni che vi rinchiudono.

Questo è un appello per un blocco del lavoro dei/lle prigionier* su scala nazionale, per porre un termine alla schiavitù carceraria a partire dal 9 settembre 2016. Non possono far funzionare queste strutture senza di noi.

Negli ultimi anni le proteste non-violente, il blocco del lavoro, gli scioperi della fame e altri rifiuti di partecipare alla routine e agli obblighi della prigione si sono moltiplicati. Lo sciopero nella prigione di Georgia nel 2010, gli scioperi della fame di massa, a turno, in California, i blocchi del Free Alabama Movement nel 2014 hanno particolarmente attirato l’attenzione, ma non sono assolutamente l’unica dimostrazione del potere dei/lle prigionier*. Grossi e a volte efficaci scioperi della fame sono scoppiati nell’Ohio State Penitentiary, al Menard Correctional in Illinois, al Red Onion in Virginia e in molte altre prigioni. Il nascente movimento di resistenza è diverso e interconnesso, e comprende i centri di detenzione per immigrat*, le prigioni femminili e le strutture minorili. L’autunno scorso, le prigioniere del carcere della contea di Yuba in California si sono unite allo sciopero della fame iniziato dalle donne incarcerate nei centri di detenzione per migrant* in California, Colorado e Texas.

In tutto il paese i/le prigionier* compiono regolarmente miriadi di dimostrazioni di forza. Per lo più l’hanno fatto con la solidarietà dei/lle detenut*, costruendo alleanze al di là delle linee razziali e delle bande per affrontare l’oppressore comune.

Quarantacinque anni dopo Attica, l’ondata di cambiamento torna nelle prigioni statunitensi. Il prossimo settembre speriamo di coordinare e generalizzare queste proteste, di farle diventare un unico movimento che il sistema carcerale statunitense non possa ignorare o a cui non possa resistere. Speriamo di mettere fine alla schiavitù carceraria rendendola impossibile, rifiutando di continuare a essere schiav*.

Per raggiungere quest’obiettivo abbiamo bisogno del sostegno di chi sta fuori. Una prigione è un luogo facile da contenere, un luogo di controllo e isolamento in cui la repressione fa parte di ogni mattone e di ogni catena, ogni gesto e ogni mansione. Quando resistiamo alle autorità, veniamo puniti con fermezza, e l’unica protezione che abbiamo è la solidarietà dell’esterno. L’incarcerazione di massa, che sia in una struttura privata o gestita dallo stato, è un sistema in cui i cacciatori di schiavi pattugliano i nostri quartieri e sorvegliano le nostre vite. Esige una criminalizzazione di massa. Le nostre sofferenze all’interno sono uno strumento per controllare le nostre famiglie e le nostre comunità all’esterno. Alcun* statunitensi vivono ogni giorno con la minaccia non solo di esecuzioni extra-giudiziarie — le proteste seguite alle morti di Mike Brown, Tamir Rice, Sandra Bland e tanti altri hanno infine attirato l’attenzione su questo fenomeno — ma anche con la minaccia di essere catturat*, gettat* in una di quelle piantagioni, mess* ai ceppi e obbligat* a lavorare.

La nostra protesta contro la schiavitù carceraria è una protesta contro il canale scuola-prigione , una protesta contro il terrore imposto dalla polizia, una protesta contro i controlli effettuati dopo il rilascio. Quando aboliremo la schiavitù, perderanno quello che li motiva a rinchiudere i/le nostr* bambin*, smetteranno di costruire delle trappole per riprendere chi è stato rilasciato. Quando elimineremo dal sistema carcerario statunitense la ragione economica e il profitto derivati dalla nostra forza lavoro, l’intera struttura delle corti e della polizia, del controllo e della caccia agli/lle schiav* dovranno cambiare per farci posto in quanto essere umani, e non più schiav*.

La prigione ha un impatto su tutt*, il 9 settembre 2016, quando ci alzeremo e disobbediremo, abbiamo bisogno di sapere che all’esterno amic*, parenti e alleat* ci sostengono. Questa primavera e quest’estate saranno il momento per organizzarci, per diffondere l’informazione, costruire reti di solidarietà e mostrare che siamo ser* e di cosa siamo capaci.

Forza, alzatevi e unitevi a noi.
Contro la schiavitù carceraria.
Per la liberazione di tutt*

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/17529-sciopero-nelle-prigioni-usa-il-9-settembre-prossimo

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Campagna per il NO al referendum di ottobre!

22)Votiamo NO per dire NO ai Servizi Sociali di stampo poliziesco!

votare NO

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Consuntivo dell’anno politico-Agosto 2015/luglio 2016

Consuntivo dell’anno politico della Coordinamenta femminista e lesbica- Agosto 2015 / Luglio 2016

-20 agosto 2015– Le pene “accessorie” per le donne.

le pene nel medioevo

-25 agosto 2015- Comunicato “Siamo tutt* DEGAGE!!!!!”

-3 settembre 2015- “Con le facchine della Yoox!”

-6 settembre 2015- “PER NON LASCIARE SOL* NESSUN*!!!!!!” sugli arresti de* compagn* NO TAV

-9 settembre 2015- “Siamo tornate all’Inquisizione!” sulla sorveglianza speciale per Chiara.

-11 settembre 2015/11 settembre 1973– Documento/”Non dimenticare il colpo di Stato in Cile”

usa

-11 settembre 2015- Apertura di DESMONAUTICA, il nuovo blog di Denys “La gioia ossessiva di essere me” 

 STELLE

-14 settembre 2015 – Opponiamoci all’esercitazione Trident Juncture 2015!

trident juncture 2015

-20 settembre 2015 “Settembre andiamo, è tempo di… lottare!” Partecipazione all’assemblea  e al dibattito all’Orto Insorto< La concretezza della lotta di classe contro la simulazione del conflitto>

“…La donna merce è senza <coscienza per sé> è coscienza del capitale che opera per il suo tramite. Dominio reale del capitale significa assoggettamento della coscienza individuale delle donne ai programmi di comportamento patriarcali; è il trionfo della <coscienza illusoria di sé>, una catena che va spezzata e si può spezzare solo ponendo le proprie pratiche sociali in rapporto antagonistico con l’intera società borghese patriarcale…”

orto-insorto Continua a leggere

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Spot must go on

Spot must go on

Pubblicato il 28 agosto 2016 · in Schegge taglienti ·

di Alessandra Daniele

stopSuccede sempre.
Le breaking news rivoluzionano tutta la programmazione Tv. Espandono indefinitamente le dirette dei Tg, cancellando e sostituendo ogni trasmissione prevista.
Tranne la pubblicità.
Succede sempre.
Centinaia di morti. Migliaia di sfollati. Presunte ristrutturazioni antisismiche disastrosamente controproducenti. Interi paesi ridotti a una distesa di macerie.
E fra le case sbriciolate, ci tocca vedere la pubblicità della fetta biscottata che non si sbriciola.
Basta.
Non voglio comprare le vostre porcherie, e specialmente non voglio comprarle oggi.
Ficcatevela nel culo la fetta che non si sbriciola, l’antirughe revitalizzante, la carne “senza glutine”. Tutta la carne è senza glutine, maledetti cazzari.
Non me ne frega un cazzo dei cialtroni con la lavatrice piena di catrame, del profumo per chi suona il pianoforte a culo nudo, delle merendine “senza olio di palma”. Ce l’avete propinato per anni l’olio di palma, cosa c’è adesso, s’è improvvisamente scoperto che è una porcata? Quante altre porcate per quanto altro tempo ci infliggerete prima di annunciare orgogliosi che non lo fate più?
Basta.
Basta con l’allegria idiota da meth head, le canzoncine, le risatine, le faccette, i testimonial famosi che interpretavano Falcone e adesso cercano di spacciare moneta fuori corso ai vecchietti. Le stagionate ex modelle con la bottiglia di tè sempre nella borsa, subito dopo lo spot dei pannoloni per anziani.
Il sito d’incontri “Dalla via, qualcuno la prenderà”. Il panino che “ti fa riscoprire il gusto autentico dell’America anni ’50”, maccartismo, apartheid, e scorie nucleari.
I feticisti della bresaola, le statuine del presepe ad agosto, la sgallettata delle gallette che canta giuliva anche se è troncata a metà, e quell’altra cosa col culturista senza testa pittato di arancione che non si capisce neanche che cazzo è.
Basta.
Se l’Italia è un presepe fatto di case biscottate è perché i diritti del mercato vengono sempre prima di quelli degli esseri umani.
Cercate almeno di non pisciare sulle loro tombe sfruttando l’audience che raccoglie la notizia della loro morte per piazzare la vostra mercanzia, sciacalli.
Mettetevi il pannolone.

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Il neoliberismo è un’ideologia

Il neoliberismo è un’ideologia

(articolo pubblicato l’11 ottobre 2011 su http://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/1625-elisabetta-teghil-il-neoliberismo-e-unideologia.html  e di cui riportiamo uno stralcio)

Elisabetta Teghil

neoliberalism_4

Un tema che mi è molto caro è che il neoliberismo sta tentando di riportare questo paese agli anni ’50.

Non solo, ma la commistione con i partiti e partitini della così detta sinistra e associazioni satellitari fa sì che il neoliberismo sia capace di dettare anche l’agenda politica ed il linguaggio al movimento, almeno a quella parte che ci crede o fa finta di crederci.(…)

(…)Le banche sono uno strumento del sistema capitalista. Prendersela con il sistema bancario, accusandolo di un’economia distorta, è fare un favore a tutto il sistema. Le banche si devono nazionalizzare senza rimborso.

Fare appelli al presidente della repubblica, come garante della costituzione, è far passare il principio che vede nelle istituzioni qualche cosa di neutro e al di sopra delle parti. Siamo, addirittura, all’abc della politica.

Democrazia reale all’interno di questo sistema? Ma di che stiamo parlando?

Rivendicare il diritto alla maternità, perché, oggi, avere figli sarebbe diventato un lusso, è un ricacciare le donne in un arcaico che pensavamo sepolto. Il nostro problema è conciliare lavoro di cura e lavoro all’esterno? è la maternità? Non saranno, invece, i ruoli che questo sistema ripristina con forza in tutti i campi? E, per scardinare i ruoli, non sarebbe il caso di ricominciare dal rifiuto della meritocrazia, della gerarchia e dell’autorità?!?

E’ la vittoria, a tutto campo, dell’ideologia neoliberista, perché il neoliberismo è un’ideologia, prima ancora di una configurazione economica, che ha, usando una terminologia presa in prestito da Foucault, che va tanto di moda, reso tabù parlare di lotta di classe.

E’ quello che denuncia il movimento americano “Occupy Wall Street”, quando dice che non è in grado di rifarsi ad una teoria, perché questo sarebbe la scusa ed il pretesto per etichettarlo e confinarlo in un ghetto. E i primi a portare avanti questa demonizzazione sono i democratici e i liberal, le pseudo associazioni umanitarie e i sindacati, e di tutti costoro il movimento denuncia le connivenze, la complicità, la complementarietà al sistema.

Loro, almeno, dicono che questo non avere lotte e teorie a cui rifarsi è un grande limite e guardano con attenzione alle lotte di noi europee/i. E noi, in Italia, e, possibilmente, in Europa, vediamo di recuperare il bambino che abbiamo buttato con l’acqua sporca!

E’ dalla coscienza di classe e dal progetto di un’altra società che dobbiamo ripartire.

In politica non ci sono scorciatoie.

Dalla poesia, passiamo alla prosa. Tutto comincia dal constatare che ,il capitale, mentre è riuscito a farci rinunciare al principio dell’ideologia, gramscianamente intesa come” concezione del mondo”, e, con questa, alla costruzione teorica di un progetto alternativo a questa società, ha riservato a sé il monopolio dell’ideologia in questa stagione neoliberista e, sempre e solo a sé, ha riservato la lotta di classe , l’odio di classe e l’uso della violenza.

La distruzione dello stato sociale, lo smantellamento del sistema pensionistico, la disoccupazione e precarizzazione di massa e stabile, la riproposizione dei ruoli e delle gerarchie, l’annullamento delle economie marginali, la guerra ai poveri, il controllo sociale sono i tratti distintivi dell’ideologia neoliberista nel mondo occidentale.

Contemporaneamente, nei confronti dei paesi del terzo mondo, a partire da quelli africani, la stessa ideologia ha riaffermato il principio e la pratica della colonizzazione, il dominio imperiale del XIX secolo, accompagnato dalla distruzione delle economie di autosussistenza, della piccola proprietà contadina, e caratterizzato dall’emigrazione interna verso le grandi città ed esterna verso i paese occidentali.

Tutto ciò non è effetto collaterale sgradito e/o non previsto, ma è l’essenza stessa dell’ideologia neoliberista. Il neoliberismo non è la prova della crisi del capitalismo, ma è la forma compiuta del suo sviluppo.

Rispetto a questo scenario, nell’area di sinistra, troviamo due modi prevalenti di porsi.

Il primo appartiene a quelle/i che offrono soluzioni che non mettono in discussione il dominio del capitale, ma vogliono offrire indicazioni utili a correggere questo o quell’aspetto particolarmente odioso. E, in questo, si fanno notare coloro che riducono tutto ad una lettura tecnicistica del problema, dimenticando che l’economia non è altro che l’essenza della politica e non è neutrale.

Altre/i, eredi della tradizione del determinismo storico, si disinteressano a tutto, perché, tanto, la società comunista verrà come frutto maturo dello sviluppo della storia.

Noi, che vogliamo uscire da questa società, cominciamo col dire che il debito non si paga, che le banche e le assicurazioni si nazionalizzano senza rimborso.

Concordiamo con quelle/i che parlano di finanziarizzazione del sistema capitalistico e sottolineano questo aspetto che caratterizza l’attuale fase , ma la ricchezza viene sempre dall’estorsione del plusvalore e non cambia niente se questo avviene ai danni degli operai/e del terzo mondo, nuovi schiavi/e di questa società e di questa stagione.

E chiedere di non pagare il debito e di nazionalizzare ( una parola anche questa demonizzata!) banche e assicurazioni, significa aiutare concretamente le cittadine/i del paese dove questo avviene e, quando ci dicono che questa operazione ha ricadute negative sui cittadini/e di altri paesi, ci vengono in mente due cose: la prima, che abbiano il coraggio di dirlo alle cittadine/i greche/i! la seconda, che abbiamo sempre saputo che l’internazionalismo si pratica facendo le lotte, le conquiste e, magari, la rivoluzione nel proprio paese.

Ogni ideologia produce teoria e, quest’ultima, si traduce in linea politica.

E la linea politica del neoliberismo si traduce in un programma di distruzione delle strutture capaci di contrapporsi al primato del mercato. Il programma neoliberista trae alimento dalla forza politico-economica di coloro dei quali esprime gli interessi che, forti delle loro posizioni economiche e politiche, non rischiano di pagare le conseguenze delle loro scelte, ma, anzi, di trarne grandi vantaggi.

Nel mondo del lavoro questo significa il dominio della precarietà, con contratti a tempo determinato, assunzioni ad interim, individualizzazione del rapporto salariale, con la determinazione di obiettivi individuali, l’introduzione di colloqui di valutazione individuale, la valutazione permanente. Il tutto teso ad assicurare l’autosfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori.

Tutte tecniche di assoggettamento con le quali si impone, ai/alle dipendenti, un iper-investimento sul lavoro e, tutto ciò, contribuisce ad annullare i riferimenti e la solidarietà collettiva.

E’ la traduzione nel mondo del lavoro del darwinismo politico, mentre le imprese si riempiono la bocca di parole come lealtà, fiducia, cultura ed etica imprenditoriale.

Questa violenza strutturale determina un importante travaso di ricchezza dai cittadini ai potentati economici con la nascita di una iper- borghesia che andrà ad assumere i tratti dell’aristocrazia feudale.

I soggetti che, fino ad oggi, sono stati l’ossatura della borghesia, medici, avvocati, liberi professionisti in genere, notai, docenti……saranno ricondotti al ruolo di servizio che avevano ai tempi della nobiltà.

Questo si traduce in un aumento del divario fra i redditi, nella miseria di una parte sempre più grande della popolazione nelle società economicamente “più avanzate”, nella scomparsa progressiva degli universi autonomi di produzione culturale (cinema, editoria….)

Assistiamo, altresì, all’imposizione del darwinismo morale con il culto del vincitore, di colui/colei che ce la fa,scelta che instaura la lotta di tutti contro tutti ed il cinismo come norma di tutte le prassi.

L’attuazione del neoliberismo si è compiuta quasi impercettibilmente, come la deriva dei continenti, nascondendo alla vista i suoi effetti più temibili a lungo termine.

Da qui il senso della lotta contro i privilegi della casta, l’abolizione del proporzionale, i collegi uninominali, l’abolizione dell’immunità parlamentare, mentre il vero obiettivo era rompere l’autonomia della politica e, attraverso questo passaggio, spezzare tutte le strutture che potevano essere di intralcio al progetto neoliberista: collettivi, associazioni, sindacati, partiti….

L’ideologia neoliberista, falsificando le scritture storiche, si presenta come un credo, come la forma suprema della realizzazione umana.

Nella vita quotidiana, questo si trasforma nello sviluppo dell’individualismo, nella preminenza progressiva della merce su ogni altro elemento e nella mercificazione di tutti i rapporti, compresi quelli sociali ed affettivi, nel dominio del denaro, nella cultura che viene ridotta a mode che si susseguono con l’apparire esibizionistico che prende il posto dell’autonomia individuale, nel revisionismo storico accompagnato dall’appiattimento della storia stessa sull’evento immediato e l’informazione istantanea, nella strumentalizzazione delle lotte di liberazione e delle diversità e la cooptazione di elementi provenienti da etnie, ceti, culture oppresse che, in cambio della loro personale promozione sociale, partecipano attivamente all’oppressione degli ambienti da cui provengono. E, ancora fuga dal conflitto, disaffezione progressiva dalla politica, nobilitazione della violenza repressiva e delle guerre neocoloniali, con la moltiplicazione dei passaggi verso l’atto violento fatto dai cittadini/e verso chi è o viene percepito/a come diverso/a o più debole

Questa non è la migliore società possibile, è una società feudale e nazista.

Il dominio del capitale è verticale e, pertanto, le lotte corporative sono caduche e fuorvianti, la somma orizzontale delle lotte è inadeguata, queste vanno sempre ricondotte a sintesi.

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Campagna per il NO al referendum di ottobre!

21)Votiamo NO per dire NO alla società dell’antifascismo fascista!

votare NO

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27 agosto/# ionondimentico

Con le MadriPerRomaCittàAperta

madri

27 AGOSTO // FOCENE ★
★ 1 SETTEMBRE // ACROBAX ★
★ 2 SETTEMBRE // GARBATELLA ★
★ 3 SETTEMBRE // PARCO SCHUSTER ★

10 anni di * MEMORIA * LOTTE * ANTIFASCISMO *

27 agosto 2006 – 27 agosto 2016

1 -2 e 3 settembre 2016
#Ionondimentico Renato Biagetti
Sono passati 10 anni da quando sulla spiaggia di Focene, estrema periferia di Roma, Renato Biagetti, giovane ingegnere di 26 anni, veniva ucciso con nove coltellate all’uscita di una dance hall reggae da due giovani neofascisti della zona. Ucciso solo perché diverso, solo perché una zecca, solo perché estraneo a quel quartiere.
In questi 10 anni la storia di Renato si è intrecciata con tante altre storie, nelle piazze e per le strade, in tantissime iniziative.

Non abbiamo mai smesso di raccontare la verità su quella notte, di chiamare le cose col proprio nome, di denunciare le responsabilità politiche di coloro che con i loro messaggi di odio e intolleranza hanno armato le mani di quei due giovani fascisti di periferia. È successo ieri, dieci anni fa, ma purtroppo succede ancora oggi, come ci dimostra la storia di Emmanuel a Fermo solo per citare l’ultimo grave episodio.

In questo decennale abbiamo deciso di dare vita ad un percorso lungo un anno, attraverso la campagna “Contro ogni fascismo #ionondimentico”, fatta di iniziative e mobilitazioni in cui si sono incrociate lotte, territori e percorsi. Abbiamo girato e continueremo a girare l’Italia per presentare il fumetto Prossima Fermata. Una storia per Renato scritto da Zerocalcare ed ErrePush ma ora il 27 agosto si avvicina e come compagne e compagni di Renato, come Comitato di Madri per Roma Città Aperta vogliamo invitare tutte e tutti ad essere a Roma nella settimana dal 27 agosto al 3 settembre, in cui ricorderemo Renato a 10 anni dal suo omicidio.

Il 27 agosto come ogni anno saremo nuovamente a Focene per ricordare Renato lì dove venne ucciso in quell’alba di fine estate, lo faremo attraverso lo sport antisessista e antirazzista con musica e parole per non dimenticare.
Dal primo al 3 settembre poi lo ricordaremo in diverse iniziative, per raccontare cosa vuol dire oggi per chi scappa dalla fame e dalle guerre resistere contro confini e razzismo, cosa significa resistere alle politiche di austerity nelle città sui posti di lavoro nelle scuole e nelle università, cosa significa lottare contro sfratti e sgomberi e contro chi devasta i nostri territori, insomma cosa significa come abbiamo gridato in piazza il 25 aprile essere antifascisti oggi! Per questo il primo settembre saremo in piazza Sauli a Garbatella per gli spettacoli del cabaret antifascista e antirazzista, e il 2 settembre ad Acrobax e il 3 settembre come ogni anno a Parco Schuster dalle 17 in poi per una due giorni di musica parole immagini cultura e politica, Renoize 2016!

ANCORA UNA VOLTA CONTRO OGNI FASCISMO PER NON DIMENTICARE MAI

#conRabbiaEconAmore

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RadFag

Lottare per la vita dei neri significa essere contro la polizia

RadFag

(RadFag  is a Black, mixed-class, queer femme dedicated to combining arts and education to inspire direct action. Their writing has been featured in the AK Press anthology Taking Sides, as well as at Truthout, Salon Magazine, Socialist Worker and other abolitionist and feminist-based media. ) 

A partire dall’omicidio di cinque poliziotti a Dallas e degli altri tre a Baton Rouge alcuni giorni fa c’è stata una nuova ondata di condanna del movimento Black Lives Matter, accusato di essere violento e guidato dall’odio. Ciò ha condotto al rinnovato sfogo, con retoriche apologetiche, da parte di membri della comunità nera, di leader e di giornalisti. Il coro è: “Il movimento Black Lives Matter non è contro la polizia – è contro le brutalità della polizia”.

Nonostante qualcuno abbia elogiato Obama per il suo sostegno al movimento pronunciato mentre parlava alla commemorazione per i cinque poliziotti morti a Dallas, il suo discorso ha contribuito attivamente a supportare questa narrazione. I suoi commenti sono stati un tentativo di sterilizzare le correnti radicali del movimento per le vite nere, nello stesso modo in cui gli scrittori embedded che mitizzano il movimento per i diritti civili hanno cancellato le sue rivendicazioni più radicali e le sue tattiche militanti […].

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Scappare dalle riserve

Scappare dalle riserve.

Elisabetta Teghil

“Tra poco sarà troppo tardi per conoscere la mia cultura, poiché l’integrazione ci sovrasta e presto non avremo valori se non i vostri. Già molti fra i nostri giovani hanno dimenticato le antiche usanze, anche perché sono stati presi in giro con disprezzo e ironia e indotti a vergognarsi dei loro modi indiani.”
(Il mio spirito si innalza- Capo indiano Dan George)

mary crow dog

La rappresentazione dell’”Altro” da sempre è utilizzata per la costruzione di un nemico che permetta la mobilitazione dei cittadini/e per dimenticare crisi e ingiustizie. Una valvola di sfogo.
Nelle correlazioni tradizionali c’erano queste classiche equazioni: comunismo-dittatura, lotta armata-terrorismo, autonomia-violenza, lesbiche-immorali, omosessuali-corruttori, anarchici-senza dio, femministe-rovina famiglie…. Alcune di queste sono venute meno, qualcuna è rimasta e molte altre si sono aggiunte: poveri-delinquenti, disoccupati-falliti, lavoratori pubblici-fannulloni, operai-scansafatiche, insegnanti-rubastipendio, pensionati- parassiti, politica-sporca, partiti-corruzione, collettivi e centri sociali-covi di estremisti e terroristi, resistenti della val di Susa-irragionevoli e violenti, solidali contro i Cie-fomentatori di rivolte….. Queste correlazioni, una volta costituivano l’armamentario dell’estrema destra, oggi attraversano l’insieme dei discorsi mediatici dell’intero arco partitico.

Ma chi le porta avanti con ricchezza di argomentazioni , utilizzando un lessico formalmente di sinistra e politicamente corretto sono i partiti e le organizzazioni socialdemocratiche, da quando, votandosi ai valori neoliberisti, si sono trasformate in destra moderna.
Uno dei temi più ricorrenti in cui si esercita il dualismo “noi e gli altri” è quello riferito agli immigrati.
Immigrato-disoccupato, immigrato-rubalavoro, immigrato-rubacasa, immigrato-sfruttatore del servizio sanitario e sociale, immigrata dell’est-rubamarito, immigrate-prostitute, immigrato-che qui pretende quello che a casa sua non oserebbe mai chiedere, immigrato-coniglio che si moltiplica a dismisura, immigrato-spacciatore, immigrato-stupratore….
Queste immagini acquistano ufficialità quando vengono veicolate dai media e dai partiti, dove gli immigrati vengono presentati come quelli che minacciano l’identità, l’integrità, la sicurezza della popolazione e la sovranità del territorio italiano.

Il discorso politico sull’immigrazione viene ridotto ad un problema di sicurezza.

Questo è l’impianto, ma c’è una tecnica discorsiva che definisce ,per contrasto, colui che si è integrato. Un’immagine che produce il messaggio che chi vuole davvero integrarsi lo può fare, quindi, gli altri, hanno scelto o si sono accontentati di non farlo. Così si rovescia la responsabilità delle discriminazioni sugli stessi che le subiscono e, per trascinamento, il discorso vale per tutti i poveri di casa nostra.
L’integrato, segue un percorso che lo porta a somigliare all’italiano della rappresentazione mediatica e, pertanto, si appiccica una maschera bianca alla sua figura.
L’immigrato integrato deve essere, necessariamente, devoto ai valori di questa società, servile e, soprattutto, deve “avercela fatta”. E deve, inoltre, acquistare la fiducia e, pertanto, essere in prima fila nella condanna della stragrande maggioranza degli immigrati che, invece, non ce l’hanno fatta e nella richiesta di pene severe nei loro confronti e di una legislazione imperniata sui respingimenti, giustificando e, addirittura nobilitando, l’uso dei Cie.
Il successo e l’adesione sono i due termini cardine su cui si impernia il concetto di integrazione.
Così presentata, l’integrazione rimanda, inevitabilmente, ad una situazione di inferiorità di partenza, rinnovando i principi del razzismo.
La mediatizzazione del tema e i discorsi dei partiti sono costruiti attraverso un rinvio sistematico a figure di immigrati che si oppongono a politiche di apertura, di tolleranza e di rispetto verso la cultura dell”altro”. Queste immagini sono legittimate da una forma di sdoganamento delle politiche securitarie e perpetuatrici dell’oppressione attraverso il “bene per loro” di cui si è impossessata la sinistra socialdemocratica.
Si ondeggia tra una lettura paternalistica del lavoratore immigrato, docile e subalterno, ma suscettibile di ricadere nella criminalità e nel terrorismo, e una neocolonialista che vede nell’immigrato integrato la prova della superiorità del nostro sistema, immigrato a cui si chiede continuamente che dia prova di adesione e di partecipazione. Pertanto, l’immigrato che si è integrato, che ce l’ha fatta, ingiunge a se stesso di essere il più vicino possibile, il più somigliante, a quello che si aspettano da lui i borghesi bianchi benpensanti. Svolge la funzione di giustificazione e di diffusione di un messaggio di sicurezza, di legittimazione condotta contro l’immigrazione, i poveri e gli oppressi tutti.

Il neoliberismo che è la forma compiuta ed attuale del capitalismo nella sua necessità autoespansiva non può che distruggere le economie altre. Questo si proietta nel rapporto con le altre culture, nei cui confronti non c’è rispetto delle peculiarità, ma solo una forma di cannibalismo culturale, a conferma che il capitalismo è anche metabolismo sociale.
Non a caso i due popoli più perseguitati sono , negli Stati Uniti, i nativi e nell’Europa occidentale, i Rom, perché, entrambi , a questo progetto di integrazione, sono quelli che più si oppongono.

Questa è l’operazione in atto anche nei confronti di noi donne , è questo che intendono per emancipazione/integrazione, l’adesione ai valori della società patriarcale e alla sua strutturazione sessista, classista, razzista.
Questo comporterà, necessariamente, sempre , un gran numero di donne, la stragrande maggioranza, emarginate e oppresse in diverso grado a seconda del dato biologico, censorio, etnico. Il paradiso è promesso e non raggiungibile per tutte, solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.
Ma quelle che sgomitano e si danno tanto da fare per ottenere promozioni individuali non si facciano illusioni, alcune saranno promosse, molte faranno le piazziste del verbo neoliberista, ma nessuna entrerà a far parte dell’iper-borghesia. Lì si entra per nascita. A conferma che quest’ultima è l’aristocrazia dei nostri tempi .
Noi non ci metteremo mai la maschera del maschio, non ci faremo mai omologare ed integrare, e scapperemo sempre dalle riserve.

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Daniela Pellegrini/Manifesto per apertura primo gruppo di donne a Milano 1964

Daniela Pellegrini/ Manifesto per l’apertura del primo gruppo di donne a Milano-1964

daniela pellegrini https://www.facebook.com/daniela.pellegrini.98499

DOCUMENTO PER UN’APERTURA DI DIBATTITO
1964 (Daniela Pellegrini)
L’estraneità assunta dalla donna di fronte e nel contesto dei problemi che rendono attivo
l’individuo nella storia è stato ed è il comodo antidoto all’estraneazione subita ed accettata. La
società non fa altro che sostenerla ed agevolarla nella misura in cui vuole relegare la ‘femminilità’
(l’eterno femminino!) a un ruolo circoscritto in una sfera a parte, che ha in sé tutte le prerogative
dell’estraneazione poiché essa deve bastare a se stessa. Le sono stati imposti infatti compiti e
funzioni specifici a una interpretazione ‘sessuale’ della donna. In questa sfera ella trova l’unica via
a significarsi in una trascendenza costruita sul sentimentalismo della riproduzione e del richiamo
sessuale. Continua a leggere

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Marina Rossel al Gran Teatre del Linceu

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…..ma non sarà paraculite?

Dalla pagina facebook di Daniela Pellegrini

https://www.facebook.com/daniela.pellegrini.98499?fref=nf&pnref=story

Henriette D’Angeville
1 agosto alle ore 14:29
Le femministe che hanno marito e famiglia ti dicono che bisogna dialogare con gli uomini,
le femministe che stanno nei partiti ti dicono che bisogna dialogare con la politica,
le femministe cattoliche ti dicono che bisogna dialogare con la chiesa,
le femministe che scrivono o lavorano nei centri ti dicono che bisogna entrare nella scuola a insegnare

…ma non sara’ paraculite?

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