Con Anna ,Valentina e tutti i compagni arrestati dell’operazione “Scripta Manent”
Sono tenuti/e in un isolamento completo che si protrae da più di un mese, un trattamento che è una sospensione totale delle stesse regole di trattamento penitenziario e che è molto vicino al 41Bis.
Anna e Alfredo sono in sciopero della fame contro l’isolamento e le condizioni di detenzione!
Ci viene in mente la caccia alle streghe. Come donne e come femministe sappiamo fin troppo bene come vengono perseguitate/i quelle e quelli che si ribellano all’ordine imposto, che infrangono le regole del pensiero unico e dominante per la libertà di tutte e di tutti.
Tutta la nostra solidarietà!
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Chi si ostina a pensare che Matteo Renzi non abbia davvero a cuore gli interessi dell’Italia, e non sappia o non voglia trovare soluzioni reali, efficaci e innovative ai problemi economici, politici e sociali più pressanti del Paese, adesso non potrà che ricredersi.
Col rivoluzionario coraggio che lo contraddistingue, Matteo Renzi ha infatti concepito la soluzione definitiva.
Invadere la Russia.
Il primo movente della nostra azione sarà ovviamente umanitario: liberare quel paese dal giogo dittatoriale di Vladimir Putin, un pericoloso autocrate pronto a riscrivere qualsiasi regola pur di consolidare e accrescere il proprio potere.
Inoltre, il know-how italiano, che così efficace s’è dimostrato nel combattere la criminalità organizzata nostrana, avrà facilmente ragione della perniciosa mafia russa, e dei suoi complici internazionali.
Il nobile intento di esportare la nostra efficiente e illuminata democrazia – appena perfezionata dalla grande Riforma Costituzionale renziana – però non ci impedirà di godere meritatamente degli immancabili benefici nazionali del nostro generoso sforzo bellico.
A cominciare dall’immediata soluzione di qualsiasi problema energetico, grazie alle enormi risorse di carburante d’ogni tipo controllate dalla Russia.
I vasti territori scarsamente popolati che abbondano fra quelle gelide lande saranno poi il luogo ideale verso il quale dirottare gli immigrati che sconsideratamente premono alle nostre frontiere.
Soprattutto però la nostra nuova Campagna di Russia aprirà immensi mercati all’operosa imprenditoria italica, ricchi di clientela ricettiva, come di manodopera a bassissimo costo.
Il nostro paese riprenderà finalmente il posto dovuto fra i grandi della terra, realizzando il sogno che fu di Napoleone e Hitler.
Cosa aspettiamo? All’armi dunque, la steppa ci attende!
La Consultoria è un collettivo femminista. È un collettivo in divenire, aperto ad altre donne che vogliano partecipare.
Ci organizziamo con un metodo femminista, basato sulla condivisione e sulla responsabilità reciproca, sulla ricerca di una posizione condivisa, sull’agire comune nell’individuare i propri limiti e confinamenti imposti, e sulla ricerca comune di una soluzione che sia anche pratica.
L’atto politico in sé è rompere l’isolamento tra donne e riunirsi. Siamo unite tra noi, e disponibili a confrontare i percorsi per trovare terreni comuni.
LA NOSTRA IDEA E’ QUELLA CHE LA LIBERAZIONE DELLE DONNE DEBBA PARTIRE DALLA CONOSCENZA DEL NOSTRO CORPO, DELLE NOSTRE VISCERE.
Non vogliamo delegare in toto la salute e il benessere al sistema medico sessista e capitalista, e per questo portiamo avanti il progetto della Consultoria. In sostanza, anche se abbiamo un vero e proprio ambulatorio dove, assieme alla nostra compagna ginecologa, possiamo fare visite e consulenze e dare informazioni, vogliamo soprattutto creare un ambiente diverso: un punto di incontro dove al centro ci sia la donna tutta e non una parte del suo corpo, dove ci si possa confrontare.
Prendersi cura di noi e farlo insieme, elaborando strumenti di resistenza e cambiamento, è di per sé un atto politico: rompe l’isolamento che è la base su cui si costruisce il controllo patriarcale.
Sabato 19 novembre Bologna la presentazione dell’ultimo libro di Daniela Pellegrini, “Liberiamoci della bestia. Ovvero di una cultura del cazzo”. Il giorno dopo, domenica 20 novembre ci incontreremo ad Armonie per discutere di Autocoscienza e Separatismo. Il movimento delle donne necessita in questa fase di frammentazione di ritrovare la forza originaria che ha determinato una critica senza sconti al patriarcato, per affrontare le questioni ancora irrisolte e i nuovi attacchi alla libertà femminile. Ripartire da noi in presenza può essere una strada.
10 diferencias entre el feminismo burgués y el feminismo libertario
1- Las feministas burguesas buscan la protección de las mujeres a través de los aparatos coercitivos del Estado. Las feministas libertarias, abogan por la autodefensa de las mujeres en comunidad.
2- El feminismo burgués desea que toda mujer compita en ‘igualdad de oportunidades’ y sea retribuida según sus méritos individuales. Por el contrario, las feministas libertarias luchan para que cada individuo se desarrolle solidariamente en igualdad y que cada cual sea satisfecho según sus necesidades.
3- Las feministas burguesas desean la incorporación de mujeres en puestos de poder, en el parlamento y los ejércitos; en las altas gerencias de empresas capitalistas y en los ejecutivos gubernamentales. Las feministas libertarias, desean la abolición de las instituciones jerárquicas. Es por ello que se declaran antiestatistas, anti-militaristas y críticas del parlamentarismo.
4- El feminismo burgués sostiene que la igualdad de género es un “derecho humano” que debe ser garantizado por el Estado. Las feministas libertarias sostienen que el Estado no puede garantizar la igualdad, pues la igualdad no se puede alcanzar mediante la jerarquización de la sociedad que genera la organización piramidal y represiva del Estado.
5- Las feministas burguesas crean «conciencia feminista ciudadana», es decir, un conjunto de prácticas y valores que crean a un sujeto dócil y sumiso frente a las relaciones democráticas-neoliberales. Las feministas libertarias crean «conciencia de clase feminista», es decir, principios y finalidades libertarias con la intención de abolir las relaciones de poder y sustituirlas por relaciones libres en igualdad.
6- Las feministas burguesas insisten en explicar históricamente el feminismo mediante “oleadas” (primera ola, según ola, tercera ola, etc.), ignorando y censurando el feminismo obrero, anarquista y comunitario. Las feministas libertarias, sin obviar los aportes teóricos y coyunturales del feminismo hegemónico, se nutren sobre todo de las luchas históricas de las mujeres de las clases oprimidas y explotadas.
7- Las feministas burguesas quieren un capitalismo “verde, amable e inclusivo”. Las feministas libertarias luchan contra el capitalismo y contra toda forma de opresión, sea económica, política o cultural.
8- Las feministas burguesas se vinculan a organizaciones jerárquicas y partidos parlamentarios. Promocionan el electoralismo estatal y la importancia de la inclusión de la mujer en la política burguesa. Las feministas libertarias, se organizan en asociaciones horizontales, practican la acción directa, el apoyo mutuo y la autogestión.
9- Las feministas burguesas consideran de vital importancia leyes de paridad de género para “feminizar” las instituciones jerárquicas del capitalismo. Las feministas libertarias consideran que la lucha antipatriarcal no se trata de dominar ‘equitativamente’ a la par que los machos estatistas, sino en abolir las relaciones de dominación.
10- Las feministas burguesas desean que el varón colabore en la división del trabajo en el hogar y que sea un complemento de la mujer bajo cánones binaristas. Las feministas libertarias, en cambio, cuestionan radicalmente la héteronormatividad, la estructura familiar patriarcal y el concepto de amor que le sostiene.
Certamente non siamo suggestionate dalla così detta “democrazia parlamentare”. Sappiamo benissimo che non è altro che l’organizzazione del consenso della borghesia al potere, a corredo della sua organizzazione economico-politica di cui lo Stato è il momento organizzativo su tutti i piani.
Ma è in atto una lotta senza quartiere tra le multinazionali e gli Stati per la ridefinizione dei rapporti di forza all’interno della classe al potere e una lotta all’ultimo sangue con gli oppressi tutti. Una lotta di classe dentro e fuori la classe. Il neoliberismo ne è lo strumento, è un’ideologia vera e propria, si insinua in ogni anfratto della società, è metabolismo sociale.
Si sta formando una borghesia transnazionale o iperborghesia che porta un attacco senza precedenti alle borghesie nazionali e agli Stati Nazione, alle “democrazie parlamentari” così come le abbiamo finora conosciute. E’ il programma neoliberista che vuole trasformare gli Stati nazionali in governatorati, province o colonie a seconda del peso e delle ricchezze. Per attuare questo programma ha messo in atto da diversi anni meccanismi di demonizzazione del fare politico, di affossamento delle strutture di mediazione tra cittadini e Stato, sindacati, partiti, associazioni, attraverso la denuncia strumentale della “mala politica”, delle ruberie e degli scandali, facendo passare il concetto che la “politica è sporca”, che destra e sinistra non esistono più, che sono tutti uguali, demonizzando l’immunità parlamentare e aprendo la strada a quello che è il vero obiettivo: il governo diretto dei potentati economici, delle multinazionali. L’esempio eclatante è il TTIP, ma passaggio fondante diventa indebolire il più possibile la rappresentatività democratica per quanto fittizia. E’ in questo percorso, che mira allo Stato autoritario con funzioni meramente repressive e di controllo sociale, perché questo è l’unico compito assegnato dall’iper borghesia a quello che dovrebbe rimanere della forma-Stato, che si inserisce la modifica costituzionale.
In questo il referendum del 4 dicembre si trasforma in un momento di resistenza al neoliberismo.
Nessuna condiscendenza nei riguardi della democrazia parlamentare e nemmeno riguardo all’istituto del referendum. Sappiamo benissimo che le decisioni delle consultazioni popolari vengono prese in considerazione solo se collimano con le decisioni già prese dal potere, altrimenti vengono assolutamente disattese. Vedere il referendum sull’acqua e quello sul finanziamento pubblico ai partiti tanto per fare degli esempi.
C’è una differenza, però, tra questi referendum e quello del 4 dicembre. Dato che quest’ultimo rappresenta un passaggio nodale nel percorso neoliberista, nel tentativo di imporre un governo emanazione diretta delle multinazionali anglo americane, diventa, quindi, momento nodale nel riconoscimento del nemico. Non si tratta di una lotta interna tra fazioni del PD. Il posizionamento per il no di alcuni settori del Partito Democratico è assolutamente strumentale e non risponde ad un posizionamento politico diverso, anzi, proprio perché la credibilità di Renzi comincia a mostrare scricchiolii, si preparano a sostituirlo con qualcuno, sempre del PD, che sia stato dalla parte del malcontento. Sta a noi essere molto precise/i nelle mobilitazioni sul ruolo dei vari personaggi. Inoltre, è chiaro che, in una situazione che si configura come un attacco diretto al PD, tutti quelli che sono portatori di interessi diversi si trovano dalla parte del NO creando una miscellanea che può spingere molti a tirarsi indietro dimentichi, dell’importanza del no alle scelte neoliberiste e altresì una posizione astensionista è dannosa perché, a parte il fatto che non essendoci in questo referendum il quorum di fatto aiuta la vittoria del sì, contribuisce a rafforzare i concetti che il neoliberismo vuol far passare nel comune sentire, cioè che “sono tutti uguali”, che “tanto non cambierà niente”…. Noi dobbiamo cogliere tutte le possibilità per gettare granelli nell’ingranaggio neoliberista, zoccoli nella catena di trasmissione, per creare spazi per veicolare la conoscenza del nemico e di quello che rappresenta.
Il nemico è il neoliberismo incarnato nel PD che ha naturalizzato e naturalizza questa ideologia nella nostra società e quindi è chiaro che votare NO al referendum significa dire No al Jobs Act, al TTIP, alla “buona scuola”, a Equitalia, alle “guerre umanitarie”, alla militarizzazione dei territori, ai Cie….. e potrei andare avanti all’infinito fino, nel nostro specifico, alla strumentalizzazione della violenza sulle donne. La strumentalizzazione della violenza maschile su di noi, come d’altra parte quella sulle diversità sessuali, la strumentalizzazione del razzismo, dell’antifascismo e dei diritti, sono un cardine della modalità neoliberista di affrontare il sociale, incarnata dalla socialdemocrazia riformista, tanto da costituire una società dell’antifascismo fascista, dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista.
In questo senso è molto pericoloso mobilitarsi sulla violenza maschile sulle donne scindendola dall’analisi del momento storico che stiamo attraversando, senza individuare il nemico nel PD. Quante di quelle che andranno in piazza il 26 di novembre voteranno SI? Se fosse solo una contraddizione, sarebbe il male minore, ma invece è una scelta di campo che mira all’assoggettamento delle donne e degli oppressi tutti.
I Nomi delle Cose, lo spazio di riflessione della Coordinamenta femminista e lesbica
Anno 2016/2017-Nuova Stagione/ Puntata del 12/10/2016
“La lotta, oggi, poggia sulla capacità e possibilità di rigettare il controllo che il patriarcato esercita sui codici, sui canali di comunicazione, sulle modalità di decodificazione e interpretazione della storia. La sfera globale della lettura della storia è necessaria per l’esistenza del femminismo.” Coordinamenta femminista e lesbica- Atti-Incontro Nazionale Separato-I ruoli, le donne, la lotta armata/Questioni di genere nella sinistra di classe-Ottobre 2015
Collegamento dalla Sardegna con una compagna della Rete Nobasinéquinéaltrove sui risultati del Campeggio Antimilitarista dal 6 al 10 ottobre 2016, sulla manifestazione a Decimomannu, sull’ Emerald Move, su come una misura restrittiva è necessario che diventi lotta.
Presidio a Roma contro l’export di armi ai Saud e per la fine del massacro del popolo yemenita.
Riceviamo da Marinella Correggia
Dopo l’ultimo inaudito massacro in Yemen – 155 morti e centinaia di feriti – con il bombardamento di una cerimonia funebre a Sana’a, Rete No War invita tutti a una manifestazione a Roma oggi, mercoledì 12 ottobre, contro la criminale guerra dei Saud e contro la decisiva complicità dell’Italia.
Il governo italiano, infatti, continua a mantenere in piedi la vendita di armi a Riad e complici, in spregio alla legge 185/90. Gli altri paesi dell’Ue fanno lo stesso. La sudditanza nei confronti del complesso bellico Nato/Golfo è totale. In pochi mesi, in ginocchio a Riad si sono recati: il presidente del consiglio Matteo Renzi, l’Alta rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini, il ministro degli esteri Gentiloni e, agli inizi di ottobre, la ministra della difesa (o meglio della guerra) Pinotti.
Malgrado i suoi crimini e le sue guerre, non solo in Yemen, l ‘Arabia saudita sembra intoccabile. Alla fine di settembre, il Consiglio dei diritti umani a Ginevra (quest’anno, Riad ne è indegno membro di turno) non ha approvato l’ipotesi di creare una commissione internazionale indipendente di inchiesta sulla guerra in Yemen.
ll presidio si svolgerà dalle 15 alle 16 davanti al Ministero della difesa, piazza San Bernardo (via XX settembre).
Pubblicato inAntimperialismo|ContrassegnatoAntimperialismo|Commenti disabilitati su 12/10/2016-Presidio contro l’export di armi ai Saud
Si è tenuta oggi la terza udienza del processo d’appello contro i 53 notav per le giornate di resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Il procuratore generale Saluzzo ha aperto l’udienza con una lunga esposizione sul come e il perché si è arrivati alle giornate del 2011 motivando, attraverso l’uso di norme legislative, il comportamento delle forze dell’ordine e i lanci di lacrimogeni.
In perfetta continuità con la linea tracciata da Caselli e i pm Padalino e Rinaudo, il procuratore Saluzzo ha poi continuato su come l’attacco giudiziario non sia contro il movimento, ma solo contro le frange violente, litania ormai usata come puro esercizio retorico dalla procura torinese contro i notav che cerca, fallendo tragicamente, di delegittimare una doverosa lotta di resistenza agli occhi dell’opinione pubblica. Nella sua lunga, quanto noiosa, esposizione il procuratore Saluzzo dichiarava, fra le altre cose che “Noi non criminalizziamo il pensiero, il dissenso, i manifestanti che dimostrano pacificamente le loro idee. Noi perseguiamo gli atti violenti”. Peccato che la procura non abbia accennato, ad esempio, al caso di Erri De Luca come quello della laureanda giudicata colpevole di concorso morale in violenza aggravata e occupazione di terreni.
Stanchi di sentire un’arringa di questo tipo, gli imputati, una ventina, hanno interrotto il procuratore Saluzzo per leggere una dichiarazione collettiva. Il giudice ha invocato più volte l’interruzione della lettura, ma gli imputati hanno letto per intero la dichiarazione facendo indispettire del tutto il giudice che ha chiesto ai carabinieri presenti in aula di farli allontanare. Anche il pubblico che solidarizzava con gli imputati è stato fatto allontanare dall’aula e insieme hanno sfilato in corteo verso l’uscita del tribunale al grido “Giù le mani dalla Valsusa”.
Una volta lasciata l’aula, imputati e pubblico si sono poi recati a Bussoleno per passare una giornata con l’evasa Nicoletta.
L’azione maldestra di Saluzzo, come per Caselli prima, di screditare il movimento è sotto gli occhi di tutti. Inoltre è sempre più evidente come la procura sia in difficoltà di fronte ai rifiuti dei notav di rispettare le misure cautelari imposte dal potere giudiziario. Una difficoltà che si manifesta nell’inefficienza di tali misure, incapaci di piegare il movimento e la solidarietà che viene espressa alla nostra lotta.
Leggi la dichiarazione degli imputat* letta in aula:
Il processone contro le giornate di resistenza del 27 giugno e 3 luglio 2011 in Clarea è arrivato all’appello.
Noi rivendichiamo quelle giornate, la giustezza della lotta Notav!
Ci siamo trovati di fronte alla vostra scelta meditata di inserire l’appello di questo processo nella campagna di monito, intimidazione e di impiego delle varie forme di restrizioni che hanno l’obiettivo di disperdere il movimento Notav.
Il vostro scopo è semplice – aprire la strada alla devastazione dei territori e alle truffe ad “alta velocità” in Valsusa come in tutto il paese.
Le divisioni cui mirate con le vostre molteplici limitazioni della libertà non ci impauriscono e non ci dividono. Il vostro obiettivo, in perfetta continuità con la più generale strategia della procura di Torino, l’avete da subito mostrato separando addirittura il processone in 2 tronconi.
Lamentiamo l’alta velocità con cui è stato fissato questo appello mentre per l’appello riferito alla condanna in primo grado del 2011 per turbativa d’asta (appalto Tav Chiomonte) non è stato fissato alcun appello. Ci riferiamo al processo in cui sono stati condannati Comastri e Procopio di LTF
Ribadiamo la vicinanza e la solidarietà ad Alessio, Roby, Juan, Filo e Gianluca che avete allontanato, arrivando a proporre sfacciatamente un processo a latere, questo perché a voi è necessaria una sentenza punitiva e rapida contro i movimenti di lotta, a cominciare dal movimento Notav!
Sosteniamo la scelta di decine e decine di compagne e compagni, che da mesi contrastano con cosciente determinazione il tentativo di separarli dalle lotte – a Pisa, Roma, Venezia, Saronno, Torino, Ventimiglia compresa la Valle !
Oggi, per tutte queste ragioni, lasciamo l’aula, per unirci a Bussoleno, all’evasa Nicoletta!
E’ quanto mai necessario come femministe intraprendere una riflessione sui dispositivi di controllo e repressione che vengono messi in atto dalla struttura neoliberista e che si stanno focalizzando sempre più in meccanismi che intaccano pesantemente le vite e il quotidiano delle militanti e dei militanti con l’intento chiaramente di intaccare contemporaneamente il tessuto sociale, lavorativo, familiare e diffondere la repressione a tutto campo nei territori attraverso sanzioni che minano la già precaria sicurezza economica e di vita di chi si batte per uscire da questa società. Ed è quanto mai urgente confrontarci per studiare la possibile messa in atto di meccanismi di contrasto e di difesa. Le militanti e i militanti sono preziose/i.
” Così, semplicemente, entrai nella lotta armata. Davanti ai miei occhi prendeva forma un mondo nuovo, inimmaginabile, che
significò per me una seconda nascita.
Ad esso mi sono consegnata con una dedizione e uno spirito di sacrificio totali,
offrendo tutta me stessa, con i miei principi, le mie aspirazioni.
Quella fu, a ripensarci, una delle stagioni più piene e felici della mia vita.
Nasceva così la combattente.” Aleida March
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E’ in corso nei mari della Sardegna, dal 3 al 14 ottobre, l’ennesima esercitazione militare congiunta, dal nome EMERALD MOVE 2016. Vi partecipano gli eserciti facenti parte dell’European Amphibious Initiative, le marine di Italia, Olanda, Francia, Spagna, Turchia, Regno Unito, Portogallo e Belgio. Con il supporto di aerei e elicotteri. Il poligono più coinvolto sarà come al solito quello di Teulada.
Come fu l’anno scorso per la Trident Juncture è stato coinvolto anche il porto di Cagliari, dove tra l’1 e il 2 ottobre hanno attraccato per completare i rifornimenti necessari alle due settimane di esercitazione le grandi navi militari europee arrivate al porto di Cagliari già dallo scorso weekend (tra le varie cose lo stazionamento in porto di queste mega navi ha portato in città centinaia di soldati in libera uscita che hanno girovagato per il centro città regalando l’ennesima esperienza di occupazione militare), vederle è facile, sono talmente enormi che a confronto la Tirrenia fa tenerezza. Sono portaerei di stazza enorme, sono visibili sui ponti i cacciabombardieri.
Con più precisione si tratta della Mistral (L9013) una portaelicotteri d’assalto anfibio della Marina militare francese e la Juan Carlos I (L-61) nave multiuso usata sia come portaerei STOVL sia come nave d’assalto anfibia. E’ previsto l’arrivo di un’altra decina di navi di uguale portata.
L’Italia è, allo stesso tempo, colonia degli USA e complice delle operazioni neocoloniali spacciate per “guerre umanitarie”
Il 4 ottobre è partito l’appello del processo contro le giornate di resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2013.
Sebbene non più all’aula bunker del carcere le Vallette, fuori c’era il solito enorme spiegamento di agenti.
Le difese hanno subito evidenziato l‘irregolarità di svariate notifiche, argomentando che si può ovviare in poche settimane fornendo le notifiche ai difensori; stride parlare di economia processuale quando invece si verrà a spendere molto di più e che le linee difensive andranno riargomentate ad altro collegio. Dunque così facendo è fortemente minata l’unitarietà della trattazione difensiva per fatti simili e- o uguali e in più per innumerevoli svariati altri motivi ( come ad esempio le provvisionali).
Dopo una lunga pausa la corte, pur di rispettare la già stretta calendarizzazione prevista (6 udienze o forse più in sole due settimane), ha sancito subito l’impostazione decidendo di spaccare il processone in 2 tronconi, stralciando la posizione di 5 imputati (cosa che in genere avviene in presenza di cavilli giuridici come la prescrizione, e non è chiaramente questo il caso, decidendo addirittura di processarli a latere a data da definirsi). Alla faccia del garantismo delle spese processuali dei contribuenti…
Ciò che è appena successo ha dell’ dell’incredibile: la corte decide semplicemente di non vedere queste palesi contraddizioni e non fornisce una logica spiegazione!
In piena sintonia con la corte il PM, intanto, rilascia interviste e a La Repubblica il 5 ottobre dice: “Sono qui per proseguire lungo la linea tracciata dalla procura di Torino di Gian Carlo Caselli, che condivido in pieno: una linea di grande rigore all’interno, naturalmente, di una cornice di garantismo”.
Il 6 ottobre si è svolta invece la seconda udienza, durante la quale il giudice relatore ha ricostruito la sentenza e il contenuto dei vari atti di appello, sia dalla procura sia dagli imputati. Un’udienza senza note significative, durata oltre 5 ore.
Per la stragrande maggiornaza degli imputati il processo continua ad “alta velocità”!
L’obiettivo è chiaro: emettere una sentenza punitiva e rapida contro i movimenti sociali in lotta a partire dal movimento No Tav. Ciò, lo ripetiamo a fronte dell’evidenza, rientra chiaramente nella più generale strategia della Procura di Torino che mira a disperdere e criminalizzare il movimento Notav!
Invitiamo al presidio di solidarietà fuori dal tribunale di Torino in Corso Vittorio Emanuele II, martedì 11 ottobre h 9:00.
La Valle non si arresta!
Giù le mani dalla Valsusa!
per richiedere copie scrivi a coordinamenta@autistiche.org
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