Sul prelievo coatto del DNA

Sul prelievo coatto del Dna

https://www.autistici.org/macerie/?p=32622

Da oramai più di un anno il prelievo del Dna è entrato a far parte delle procedure di rito nell’identificazione delle persone arrestate o fermate, non fanno eccezione i compagni colpiti dalle ultime inchieste. Resistere al prelievo lo trasforma in una manovra coatta, averla vinta contro i tutori dell’ordine e del controllo nelle stanze della scientifica è più che difficile . Qui di seguito l’esperienza di un compagno arrestato il 3 maggio, tutt’ora detenuto alle Vallette, che continua a domandarsi quali potrebbero essere le possibilità per opporsi.

«Scrivo qualche riga per raccontare quanto è avvenuto durante il nostro arresto di qualche giorno fa, relativamente alla permanenza nel questura di via Grattoni, a Torino. E al procedimento identificativo.

Le parole che seguono, come spero si capisca, non mirano ad impressionare nessuno, ma a condividere una piccola esperienza sulle modalità repressive della controparte, in particolare sul prelievo del Dna, di cui in Italia si sa ancora ben poco.

Appena arrivati in questura per formalizzare l’arresto siamo stati sottoposti ai controlli di rito, fotosegnalazione e prelievo delle impronte.

Una volta completata questa fase hanno iniziato a chiamarci per il prelievo del Dna; anche se in quel momento eravamo separati, come del resto in quasi tutte le fasi dell’identificazione, tutti e tutte avevamo in mente cosa fare.

Avendo già discusso sulla questione Dna e interessati a capire se ci fosse spazio di manovra per opporsi, abbiamo deciso di rifiutare il prelievo e resistere.

Una volta comunicato il nostro rifiuto, Digos e polizia scientifica hanno iniziato a parlottare, mimando gesti di quello che sarebbe stato il prelievo con la forza.

Detto ciò, io e un altro compagno, una volta messi insieme, abbiamo acceso entrambi una sigaretta. Non appena abbiamo iniziato a fumare, dopo qualche tiro, cinque agenti della Digos ci si sono gettati addosso nel tentativo di sottrarci le sigarette, dopo un po’ di strattonamenti una di queste è stata trovata, un’altra no. Così uno di noi è stato messo da parte per essere perquisito e malgrado ciò nulla è stato rinvenuto.

Un agente della Digos visibilmente innervosito dall’accaduto, è ritornato indietro e tra le cicche spente per terra, lasciate là dalle decine e decine di fermati ogni giorno e magari dagli stessi agenti della polizia, ne ha presa una a caso dal pavimento e l’ha messa in una busta con su scritto: “Dna + nome e cognome”.

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Con Maya! giù le mani dai nostri corpi e dalle nostre vite!

Con Maya!!!!

Giù le mani dai nostri corpi e dalle nostre vite!

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Stanche di guardare

Stanche di guardare

https://www.autistici.org/macerie/?p=32631

Riportiamo alcune righe scritte da Camille, Giada e Fabiola quando ancora stavano all’interno della patria galera, prima che venissero trasferite agli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno. In quei giorni all’interno delle Vallette hanno potuto passare la socialità insieme e mettere un po’ di pensieri sulla carta fino a che un giorno hanno risposto a un saluto rumoroso di compagni fuori e hanno speso qualche parola colorita contro la secondina celermente arrivata a redarguirle. Per questo sono state denunciate per oltraggio a pubblico ufficiale e hanno sospeso loro le due ore di socialità quotidiana, quelle in cui in sezione si può stare in cella in compagnia fino a un massimo di quattro detenute.

Le Vallette 15/05/2017

Stanche di guardare

Stanche di guardare i notiziari che parlano ogni anno di migliaia di morti in mare. Stanche di guardare le forze dell’ordine rastrellare le strade su base etnica. Stanche di guardare chi non può pagarsi un affitto e finisce in mezzo ad una strada. Stanche di guardare persone che scappano dai vigili con in mano i loro sacchi di merce a basso costo. Stanche di guardare gli sgherri dello Stato che uccidono e sentir ripetere che sono incidenti di percorso.
Stanche di guardare abbiamo deciso di non subire più le ipocrisie di quest’epoca e di esprimere chiaramente la nostra rabbia contro ogni guerra, ogni divisa, contro ogni struttura per il controllo e la gestione dei migranti, contro ogni carcere e chiunque viva dello sfruttamento altrui.
Abbiamo deciso di vivere in un quartiere in forte riqualificazione dove lottare significa anche non abituarsi mai a guardare la politica portare avanti il proprio operato indisturbata, ma fare casino quando sgomberano interi palazzi o staccano allacci abusivi.
Nelle stesse strade in cui vengono aperti negozi, ristoranti e locali d’élite, infatti, si compie una vera e propria pulizia sociale, per esempio spostando il Balon e il Suk e cacciando chiunque sia considerato indecoroso. A Torino, come in altre città in Italia e in Europa, l’obiettivo è anche quello di pacificare quartieri detti “popolari”, ma speriamo che questo non avvenga senza difficoltà.
Il 3 Maggio siamo state arrestate assieme ad altri compagni con l’accusa di esserci messe in mezzo ad un controllo dei carabinieri. È sotto gli occhi di tutti la sistematica cadenza con cui la repressione sfonda le porte di chi ha deciso di non arrendersi all’ineluttabilità del presente.
Ad essere sotto accusa è, infatti, la nostra volontà di continuare a cercare complicità e momenti collettivi di resistenza.
Ci saremo ancora come spine nel fianco di una società che ci vorrebbe obbedienti, remissive e rassegnate, convinte che la libertà si possa trovare nella trasformazione alchemica dell’indifferenza in solidarietà, dell’isolamento in auto-organizzazione e della paura in azione.

Giada, Kam, Fabiola

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A Foras/Dossier sul Poligono Interforze del Salto di Quirra

A Foras lancia il suo primo Dossier sul PISQ  

https://aforas.noblogs.org/files/2017/04/Pisq-Impaginazione-BN-giusta.pdf

https://aforas.noblogs.org/files/2017/04/Il-PISQ-colore-ottimizzato.pdf

Il primo dossier sul Poligono Interforze del Salto di Quirra curato dal gruppo economia di A Foras

A Foras si è strutturata in diversi gruppi di lavoro sin dal Campeggio contro l’occupazione militare svolto nello scorso Settembre a Lanusei. Tra questi, il gruppo “Ricadute dell’occupazione militare su salute, ambiente, economia e territori” si è proposto da subito si elaborare analisi di dati, studi e approfondimenti sugli effetti delle basi militari in Sardegna, oltre che individuare delle alternative occupazionali e di sviluppo rispetto all’attuale economia bellica. Prima della giornata del 28 di aprile, Sa die de sa Sardigna contra a s’ocupatzione militare, abbiamo deciso di elaborare un dossier sul PISQ, il Poligono Interforze del Salto di Quirra. Il dossier non è un punto di arrivo, né risponde a tutte le domande che ci siamo posti, né dà soluzioni pronte e definitive. E’ solamente un primo lavoro di analisi, al quale seguiranno degli altri, sia sul PISQ che sugli altri poligoni. Nel dossier abbiamo approfondito la storia e l’evoluzione del PISQ, provato a valutare le sue conseguenze sociodemografiche sul territorio. Attraverso una lettura aggiornata del processo sui “veleni di Quirra” a carico dei generali del poligono, ci siamo approcciati alle conseguenze delle attività militari su ambiente e salute. Infine ci siamo occupati del “nuovo uso” del poligono, militare e civile, che si concretizza nel Distretto Aerospaziale della Sardegna (DASS).

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Riaprono le spiagge proibite

Riaprono le spiagge proibite

Da questo weekend sono fruibili anche ai civili le spiagge comprese all’interno dei poligoni di Teulada e Quirra.

La notizia in se non ha niente di troppo interessante, in quanto sono ormai diversi anni che i militari concedono la cortesia di poter frequentare le spiagge che da 70 anni hanno sottratto alla Sardegna. Il tutto sempre però tenendo sotto controllo i bagnanti, e non di sicuro come bagnini, bensì per evitare che qualche curioso possa addentrarsi in altre zone del poligono e scoprire gli scempi e l’inquinamento che l’attività esercitativa causa. Le spiagge vengono così “ripulite” dai residui di bombe e proiettili (poi in realtà basta mettersi la maschera per trovare un cimitero di rottami di ordigni nei primi metri dopo la battigia) e “restituite” alle comunità che così ci possono tirare su due soldi con i parcheggi estivi e i sindaci possono riempirsi la bocca di terribili parole tipo integrazione fra civili e militari o uso duale della spiaggia.

Chiaramente nessuno nomina la questione inquinamento, il sindaco di Villaputzu parla di un controllo delle acque marine e di risultati eccellenti, sarebbe interessante sapere se lui ci va con la sua famiglia a farsi il bagno a Murtas…

Si tratta insomma dell’ennesima presa per i fondelli che regione, amministrazioni e militari ci propinano, e alla quale purtroppo molti, troppi abboccano. Sarebbe bello come si diceva un pò di tempo fa, che fossero in tanti troppi invece a tentare di visitare i poligoni proprio alle spalle delle spiagge, per vedere la vera faccia dei militari, che gli si pareranno davanti con tanto di mitra, e vedere cosa non si fa per prepararsi alle guerre e ai massacri in giro per il mondo

https://nobordersard.wordpress.com/2017/06/04/riaprono-le-spiagge-proibite/

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Domenica 11 giugno

Riceviamo e volentieri pubblichiamo 

 

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NON HO VISTO NIENTE

NON HO VISTO NIENTE

SUL COME ESSERE NO TAV COMPORTI PERDERE IL LAVORO

ANGELA GIORDANO

Questo libro propone un’esperienza di lavoro dentro al carcere. Lo sguardo di una persona “esterna” all’istituzione, che racconta i dispositivi in vigore all’“interno” e ne svela alcune caratteristiche: prima fra tutte la discrezionalità del personale civile e militare che spesso si trasforma in vero e proprio arbitrio. Un’arbitrarietà che non soltanto si abbatte sui detenuti, i diritti dei quali non sono tenuti in considerazione, ma anche su chi entra in carcere per lavorare. In un momento storico nel quale è lo stesso mondo del lavoro a esssere sottoposto a regole sempre più incerte – come la possibilità di licenziare i lavoratori anche in assenza di giusta causa – la vicenda qui narrata diventa occasione per riflettere sui limiti che stanno incontrando nella vita reale alcuni di quei principi costituzionali e alcuni di quegli articoli dello statuto dei lavoratori che siamo abituati a considerare scontati, ma che lo sono sempre meno, come il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e come il divieto imposto al datore di lavoro di effettuare indagini sulle opinioni politiche del lavoratore.

Angela Giordano, Non ho visto niente, Sensibili alle foglie, 2017
Prefazione di Nicoletta Dosio

www.libreriasensibiliallefoglie.com

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Solidarietà e condanna

Solidarietà e condanna

Orlando Josè Figueras, il ragazzo linciato e bruciato vivo in Venezuela perché chavista dai così detti manifestanti contro il governo di Maduro, non ce l’ha fatta, è morto l’altra notte all’ospedale. Tutta la nostra disperata solidarietà e vicinanza alla madre domestica in una “buona famiglia” che dopo l’accaduto ha pensato bene, tra l’altro, di licenziarla in tronco  e tutta la nostra condanna senza appello  a chi nel movimento e nel movimento femminista si trincera dietro il né-né che significa ignorare volutamente e scientemente i termini del conflitto di classe.

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Per Mara

Margherita Cagol 8 aprile 1945-5 giugno 1975

Mara_Cagol

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In ricordo di Carla

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La Parentesi di Elisabetta del 31/05/2017

“Sottovalutazione”

Tutti i giorni ci sono cariche e fermi contro chi lotta per la casa, contro chi si oppone ai licenziamenti, contro chi lotta in difesa dei territori…qualche giorno fa c’è stata la manifestazione contro il G7 a Taormina…

Chi si espone e si batte per una vita che valga la pena di essere vissuta paga un prezzo molto alto anche per espressioni di dissenso che possono essere catalogate di minima come entrare con i cartelli in un ufficio pubblico, sedersi per terra in mezzo alla strada e fermare il traffico, salire a dare i volantini sull’autobus, scrivere slogan sui muri o attacchinare fuori dagli “spazi consentiti”, interrompere un comizio o tentare di parlare ad un convegno…

Se fino a pochi anni fa chi manifestava poteva succedere che pagasse con il fermo, con le denunce, con l’arresto fino a farsi anni di carcere, ora tutta questa impalcatura è rimasta ma si è rafforzata nelle modalità, ha istituito dei meccanismi repressivi di nuovo conio e ha allargato a macchia d’olio la platea dei destinatari/e. Tra i nuovi e svariati meccanismi di controllo del dissenso, il sistema neoliberista ha messo in atto una modalità molto subdola e pericolosa di repressione e di contrasto che i recenti decreti Minniti hanno ulteriormente accentuato Sono le così dette “sanzioni economiche”.

Le sanzioni economiche possono consistere nella condanna ad un pagamento in denaro comminato in via amministrativa, senza il passaggio per un iter processuale e quindi velocissimo e/o possono essere inflitte come risultato di un procedimento giudiziario. E sono destinate sempre più, con un’accelerazione esponenziale nei confronti del dissenso politico. Possono essere inflitte per svariatissimi motivi: dall’ interruzione di pubblico servizio ai “danni” alla cittadinanza, dall’ addebito di spese per ripulire muri o manufatti distrutti durante le manifestazioni al risarcimento di danni d’immagine… fino al così detto “mancato ricavo” tanto che le ditte o le istituzioni che si ritengono “danneggiate” si possono costituire parte civile in eventuali procedimenti giudiziari.

Ci si rende subito conto che le azioni che vengono colpite da questi provvedimenti sono parte evidente di ogni manifestazione politica, anche la più innocua, a meno di non fare processioni cantando peana allo Stato a cui si chiedono grazie. Subdolamente lo Stato tra l’altro coinvolge i così detti cittadini “per bene” nella condanna delle azioni di protesta con il mantra della legalità, della protezione della proprietà privata, con il diritto dei cittadini ad una città “tranquilla e pulita”, spoliticizzando le lotte e presentando il dissenso come delinquenziale e violento. Così i cittadini/e non si accorgono che quello che viene messo in atto contro i manifestanti è lo stesso meccanismo che verrà usato contro di loro ogni volta che oseranno protestare contro le gabelle di Equitalia o lo sfratto o il pignoramento dei loro beni o le vessazioni sul posto di lavoro o il licenziamento. Tutte situazioni attualmente diffusissime.

Il problema della sanzione economica è che incide direttamente sulla condizione di vita di chi la subisce ed è un deterrente molto forte soprattutto in un momento come quello che stiamo attraversando di grande difficoltà per la maggior parte delle persone.

Questo meccanismo è un prodotto diretto delle politiche socialdemocratiche del politicamente corretto e della legalità testate già nella Bologna di Cofferati che aveva teorizzato il pagamento dei danni delle manifestazioni da imputare direttamente a chi aveva fatto comunicazione dell’iniziativa, della ripulitura delle scritte sui muri e dei murales, salvo poi la “civile” Bologna fare una mostra, non molto tempo fa, della Street Art, mostra a cui, giustamente, alcuni writers hanno risposto con indignazione cancellando le loro opere. Anche la costituzione parte civile di associazioni e parti terze nei procedimenti penali che è stata salutata da parte del movimento, comprese quello femminista socialdemocratico, come una grande conquista, ha aperto alla costituzione parte civile di Ditte che si ritengono danneggiate, un esempio per tutti, dal movimento NoTav, e di Comuni che richiedono i danni d’immagine.

C’è una sottovalutazione di tutto questo sia per quanto riguarda chi, di questo, è stato ed è l’artefice, vale a dire la socialdemocrazia riformista e quindi il PD, sia per quanto riguarda l’impatto sulle lotte.

Da una parte il movimento si sta difendendo con azioni collettive di pagamento delle sanzioni, com’è pratica della lotta NoTav, in modo che i militanti non vengano lasciati soli, dall’altra i militanti si difendono non intestandosi nulla e quindi rendendo impossibile la riscossione e i pignoramenti. Ma la prima soluzione è fattibile quando il contesto di lotta è di un certo peso e spessore, mentre sempre più le sanzioni cadono come mannaie su manifestanti isolati e soprattutto su scioperanti e studenti. In quest’ ultimo caso poi, trattandosi spesso di minorenni, sono colpite le famiglie e sono queste stesse ad esercitare controllo preventivo e dissuasivo sull’operato del figlio/a richiamandolo/a all’ordine e al senso di responsabilità riguardo alle sorti di tutto il nucleo familiare.

Per quanto riguarda la seconda soluzione, non si può pensare che le lotte siano fatte da militanti, chiamiamoli così, di professione che avendo fatto questa scelta di vita si coprono le spalle. Si spera, invece, che la partecipazione possa allargarsi e siano portate a partecipare anche occasionalmente persone che si sentono coinvolte. Ma se il rischio è quello di perdere lo stipendio o la casa…

La questione delle sanzioni amministrative andrebbe affrontata con urgenza. Non è di facile soluzione, ma potrebbe essere inserita in quel tentativo di far passare nel comune sentire che il patto sociale è rotto, che è stato rotto in maniera unilaterale dal neoliberismo e che quindi nessuno deve niente a questo Stato sotto nessun punto di vista. Questo potrebbe essere un elemento unificante di tutti gli strati sociali oppressi, impoveriti e attaccati dal neoliberismo. Il fatto che nulla sia più dovuto a questa organizzazione statale potrebbe essere una risposta collettiva generalizzata del rifiuto di pagare e potrebbe comprendere quindi sia chi è in difficoltà economica sia chi ha ricevuto sanzioni per la militanza politica.

Ma qui si innesta un’altra sottovalutazione che rende problematico mettere in atto questa risposta generalizzata, vale a dire la sottovalutazione di quello che concerne il principio di legalità. Il concetto di legalità è entrato così profondamente nel comune sentire da informare continuamente il discorso pubblico e privato. La socialdemocrazia riformista, sfruttando percorsi e linguaggi di sinistra, è riuscita a far dimenticare che cosa sia lo Stato, di chi sia rappresentazione e momento organizzativo, che cosa siano le leggi, da chi siano fatte e a chi siano indirizzate.

E quanto l’idea di legalità abbia invaso le coscienze e sia cartina di tornasole dell’egemonia culturale del sistema ce lo dicono alcune parole che sono circolate ultimamente in alcune manifestazioni per i migranti “Nessuna persona è illegale” e “Nessuna donna è illegale”, mentre noi dovremmo essere proprio le prime a gridare ai quattro venti “Siamo tutte illegali”, noi che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle quanto dolore il feticcio della legalità ha portato nella vita delle donne.

Scardinare il principio di legalità è una necessità del femminismo e del movimento tutto.

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Diverso il suo rilievo/Alpinismo Molotov

Diverso il suo rilievo. La prima festa di Alpinismo Molotov

Venerdì 2 giugno
17: apertura della festa
18: spazio libri: Enrico Camanni presenta il suo Alpi ribelli (Laterza, 2016)
20: cena
21,30: Concerti: Anonima Coristi (Val Pellice) + Wu Ming 2 & Frida X (Bologna)

Sabato 3 giugno
9: escursioni (3 mete a scelta)
18: spazio libri: Matteo Melchiorre presenta il suo La via di Schenèr (Marsilio, 2016)
20: cena
21,30: Concerti: Duo Passamontagne (Marsiglia, Milano) + Hooligans’ Mountain (Torino)

Domenica 4 giugno
9: escursioni (3 mete a scelta)
17: merenda e saluti

Lo spazio sociale Vis Rabbia si trova in Via A. Galinier, 36, 10051 Avigliana TO.

I pasti saranno offerti dal VisRabbia a prezzi popolari.

Sarà possibile campeggiare liberamente.

L’hashtag  per raccontare e seguire la festa sui social network è #DiversoRilievo.

Diverso il suo rilievo. L’enigmatico settenario non è la definizione di un cruciverba. Viene da Storia di una montagna del geografo, anarchico e combattente per la Comune di Parigi Élisée Reclus. A noi è piaciuto subito.
La montagna è un rilievo in tutti i sensi. Si innalza sulle pianure. È un punto di riferimento quando si è in basso e, quando si è in cima, diventa postazione di osservazione panoramica. È fondamentale per il ciclo ecologico che ci tiene in vita. Dà la spinta ai corsi d’acqua, ospita i ghiacciai. Tutte cose di rilievo.

Ma è diversa la montagna. Basta spostarsi, anche di poco, e il contorno muta, emergono dettagli fino a poco prima nascosti. La montagna è storta e per coglierne un’immagine complessiva obbliga al movimento.
È diversa poi perché rifugio degli irregolari, degli sbandati, dei partigiani. È il polmone di libertà di chi è asfissiato dalle costrizioni sociali delle metropoli. È allo stesso tempo confine naturale e cerniera, porta d’accesso ad altre terre. E al cielo.

Alpinismo Molotov è un collettivo di escursionisti con la penna in mano, di lettori con gli scarponi ai piedi che si sono conosciuti prima sulle pagine virtuali di Giap, il blog della Wu Ming Foundation, uniti dalle storie di Point Lenana, Felice Benuzzi e Gian Piero Motti e che poi hanno cominciato a scarpinare e fare cose insieme.
Dal 2014 a oggi sul nostro blog abbiamo scritto récit d’ascension a più voci, abbiamo provato a decostruire logiche di sfruttamento turistico e industriale, abbiamo recensito libri, riflettuto sul paesaggio e su comportamenti umani connessi alla montagna.
A noi della montagna, dell’escursionismo, dell’alpinismo interessa la dimensione sociale. La convivialità, il ritrovarsi, il discutere e scambiarsi esperienze, ed è questa la ragione principale che ci spinge a organizzare la nostra prima festa.
Vogliamo condividere passi, canti, suoni, storie, riflessioni e vogliamo farlo sulle montagne della Valle di Susa, dove il nostro collettivo ha fatto la sua prima uscita tre anni fa. Vogliamo chiamare a raccolta i nostri “compagni di scarpinate” – il rinato sciame apeino, il CAZ – e chi abbiamo incrociato, anche solo virtualmente, in questi anni. Il campo base sarà offerto dalle/dai compagn* dello spazio sociale VisRabbia di Avigliana, dal 2 al 4 di giugno 2017.

Questi tre giorni di festa per noi non hanno prezzo, ma hanno un costo. Chiediamo aiuto a chi segue il nostro blog, a chi vorrà unirsi alla nostra banda disparata, a chi vuole dar vita con noi alla festa. Chiediamo di contribuire con del vil denaro per sostenere le spese organizzative. Le vostre donazioni andranno a coprire i costi tecnici, i rimborsi per gli artisti e gli scrittori che inviteremo e permetteranno a tutte e tutti, scarponi ai piedi e zaino in spalla, di incontrarsi, raccontarsi e, almeno per alcuni giorni, camminare fianco a fianco.

tutte le info: http://www.alpinismomolotov.org/

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2 giugno 2017/ A Foras Fest

2 giugno A Foras Fest!

A Foras è un’assemblea nata il 2 giugno del 2016 a Bauladu, composta da comitati, collettivi, associazioni, realtà politiche e individui che si oppongono all’occupazione militare della Sardegna. È una realtà antifascista, anticolonialista, antirazzista, antiomofoba e antisessista. A Foras è un’assemblea orizzontale, aperta e inclusiva che lotta per il blocco delle esercitazioni, la completa dismissione dei poligoni sardi, il risarcimento delle popolazioni da parte di chi ha inquinato e la bonifica dei territori compromessi. Tutti questi obiettivi si possono raggiungere solo attraverso la creazione di un movimento unitario, popolare e di massa, radicato in tutta la Sardegna, e con la solidarietà attiva di tutti gli altri movimenti e comitati locali di lotta, sardi e non, che si battono per l’autodeterminazione dei popoli.
Nell’arco del suo primo anno, l’Assemblea di A Foras ha promosso diverse iniziative, dalle manifestazioni presso i poligoni di Capo Frasca (23 novembre 2016) e Quirra (28 aprile scorso), alle presentazioni del dossier sul Poligono di Quirra, fino alle assemblee informative nelle piazze, nei paesi, nelle città, nelle università e soprattutto nelle scuole.
Per portare avanti questi diversi percorsi, A Foras si è strutturata in sei gruppi di lavoro, nati durante il primo A Foras Camp, svolto a Lanusei nel settembre 2016. Oltre al gruppo di lavoro sulla comunicazione, è stato creato un gruppo che studia gli effetti delle basi sull’economia dei diversi territori, un altro dedicato alla storia del movimento sardo contro l’occupazione militare e al contesto geopolitico internazionale. Altri due gruppi portano avanti il lavoro rispettivamente nelle scuole e nelle università. Infine è attivo un gruppo tematico sulla RWM Italia, la fabbrica di bombe di Domusnovas.

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2 giugno/niente da festeggiare!

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Voltairine De Cleyre

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