“Il lavoro che non c’è e che non ci sarà più”

Il lavoro così come l’abbiamo conosciuto sta sparendo, il lavoro non ci sarà più così come l’ha sempre pensato la società lavorista quella in cui si viveva fino a non molto tempo fa, quella in cui il lavoro rappresentava il titolo normale e pressoché esclusivo di partecipazione alla vita sociale, quello che poteva definire una persona “è un grande lavoratore” oppure ”è uno scioperato, un nullafacente, un ozioso, uno sfaccendato”, quello che faceva, seppure nello sfruttamento capitalistico, l’operaio orgoglioso del proprio lavoro e della propria manualità nella consapevolezza di produrre ricchezza con le proprie mani, quello che smascherato con la teorizzazione del rifiuto del lavoro aveva permesso alla società tutta degli anni ’70 di inseguire desideri e sogni nel tentativo di riprendersi la vita.
Quel lavoro non c’è più e non ci sarà più.
Il lavoro ora è precario, saltuario, a termine, ad incarico, a progetto, addirittura scivola nel volontariato spesso gratuito senza neppure il rimborso spese, quello a tempo indeterminato non esiste più se non in sacche residuali che vanno a sparire oppure con la nuova nozione di tempo indeterminato che mente a se stessa come è solito fare il neoliberismo, la contrattazione è sempre più individuale e, di fatto, si può venire licenziati e licenziate in qualsiasi momento. Ormai i lavoratori/trici perdono quasi tutti i processi intentati contro il datore di lavoro e se avviene la reintegrazione dopo una sentenza del tribunale questa viene bellamente disattesa in mille modi. Gli orari sono molto variabili, i gruppi di lavoro non si conoscono, il rinnovo del contratto è in funzione della disponibilità e della dedizione, non c’è più trasmissione del sapere da una generazione all’altra, quella trasmissione di conoscenze che era anche trasmissione di valori. Il luogo di lavoro non è più momento di socialità, di rapporto, di crescita culturale nello scambio reciproco delle esperienze e di crescita politica.
Ma tutto ciò non è ancora sufficiente a rendere l’idea del cambiamento epocale che è avvenuto sotto i nostri occhi perché la caratteristica attuale del lavoro è di essere sempre più incerto, inafferrabile, volatile. Sono sempre di più le persone che lavorano per poco tempo e passano lunghi periodi alla ricerca affannosa di un altro posto oppure sono tantissime le persone che si sono rassegnate e non cercano più niente ma vivono come possono. Situazione aggravata dal fatto che la società neoliberista ha aggredito e aggredisce con una pervicacia e una determinazione degna di miglior causa le economie marginali attraverso campagne di vera e propria persecuzione: parcheggiatori abusivi, venditori con i loro teli distesi sul marciapiedi, suonatori e artisti di strada, piccoli artigiani che confezionano i loro oggetti ai margini dei mercati. Perfino chi rovista nell’immondizia alla ricerca di oggetti da sistemare e rivendere è demonizzato come gli untori di medioevale memoria. Tutto questo chiaramente in nome dell’igiene, della pericolosità sociale, del mancato pagamento delle tasse, degli oggetti non omologati e via discorrendo.
La robotizzazione e la tecnologizzazione stanno camminando a ritmi serrati, il lavoro viene sostituito sempre più dalla meccanizzazione. Da una parte è controllatissimo e i ritmi sono già dei ritmi robotici applicati agli umani, dall’altra sostituisce anche gli atti della vita quotidiana: i supermercati senza cassiere come sono già le banche, le automobili senza autista, gli sportelli degli uffici pubblici on line. Tutto questo emargina tra l’altro una grossa fetta della popolazione che non ha le capacità tecniche, i mezzi materiali, la preparazione adeguata.
Si sta costituendo il passaggio da una società in cui l’importanza dell’essere umano non era riconosciuta ad una società imperniata sull’inutilità dell’essere umano. L’essere umano è comunque insufficiente e carente, deve essere manipolato, modificato, ristrutturato, ricostruito o anche creato ex novo ad uso e consumo dei nuovi desideri e necessità dell’ attuale fase imperialista del capitale.
L’essere umano così come noi lo conosciamo è superfluo. Continua a leggere→