La Parentesi di Elisabetta del 22/04/2020

“In corpore vili”

 

<Nel 2001, subito dopo l’attacco al World Trade Center, la consigliera di un ministro britannico aveva scritto agli alti funzionari del suo ministero: “Questo è un ottimo momento per attuare tutte le misure di cui abbiamo bisogno senza dare nell’occhio.”>

Serge  Halimi, Le Monde Diplomatique, aprile 2020

 

<Il 17 aprile è’ stata firmata l’ordinanza, ed è quindi operativa, del commissario all’emergenza Domenico Arcuri con la quale si dispone <di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza dell’uso sul software di “contact tracing” e di appalto di servizio gratuito con la società Bending spoons spa>. La app “Immuni” consentirà di tracciare i contatti interpersonali con i telefonini. Arcuri ha specificato che verrà avviata una sperimentazione in alcune regioni pilota per poi estendere progressivamente la facoltà volontaria.>

questa la notizia e poi a seguire quest’altra

Il 19 aprile il Copasir ha comunicato che intende approfondire la questione dell’ app ”Immuni” sia per gli aspetti di architettura societaria sia per quanto riguarda le forme scelte dal commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione.  Lo comunica il presidente del Copasir Raffaele Volpi. “Non esclusa” l’audizione dello stesso Arcuri “ritenendo che si tratti di materia afferente alla sicurezza nazionale”.

Il governo non ha chiamato Arcuri, né nessun partito ha sollevato una questione di tanta gravità, solo dopo l’intervento del Copasir hanno cominciato ad agitarsi in maniera maldestra.

Le situazioni emergenziali, vere o provocate che siano, sono una vera panacea per chi detiene il potere. Permettono la sperimentazione e l’applicazione in corpore vili di quello che è stato approntato ideologicamente e tecnicamente in diversi anni di preparazione ed è stato possibile testare magari solo a macchia di leopardo e sporadicamente.

Ne sono un esempio le guerre “umanitarie” che si sono succedute qua e là per il mondo, tutte bellamente provocate in primis dallo Stato del capitale, gli USA, e dai relativi alleati a vario titolo e che hanno permesso di testare e di sperimentare sia tecnicamente che organizzativamente le nuove armi su territori ed esseri umani in carne ed ossa.

Questo tipo di impostazione è già stato messo in atto nel nostro territorio e ne sono un esempio molto più banale, le sperimentazioni di controllo sociale e di ordine pubblico fatte sugli ultras e poi trasferite sulla movida e poi ancora trasferite sulle manifestazioni di dissenso.

Ne è un esempio la detenzione amministrativa con la creazione dei Cie/CPR per la situazione emergenziale dovuta al problema migratorio e poi diventata volano delle sanzioni amministrative vero e proprio capestro per chiunque voglia manifestare alterità a questo sistema.

Ne è un esempio la situazione sempre così detta emergenziale dovuta sempre al così detto terrorismo che ha portato i militari nelle strade, la proliferazione delle telecamere in ogni dove, il controllo diretto della rete informatica.

Ne è un esempio anche e purtroppo la violenza sulle donne e i femminicidi che sono stati sfruttati per imporre legislazione securitaria e controllo territoriale.

Ma una sperimentazione così su larga scala spazio temporale e umana, il sistema fino ad oggi non aveva avuto la possibilità di metterla in atto. Questa situazione reale sta permettendo il mutamento definitivo della società dalle fondamenta, mutamento che era già in fieri ma che ha subito un’accelerazione repentina, e sta anche dando la possibilità di tutta una serie di verifiche.

Già avevamo assistito in questi anni ad una trasformazione epocale della società, trasformazione avvenuta con la messa in pratica dell’ideologia neoliberista, ma convivevano ancora forme di resistenza insieme a sollecitazioni ad un adeguamento che veniva continuamente auspicato, atteggiamenti legati a vecchie forme di dominio insieme a spinte ad una realizzazione più compiuta dei diktat “modernizzanti”. Ora il capitale neoliberista ha compreso la possibilità di destrutturare ogni “vecchia” forma organizzativa anche all’interno della sua stessa classe e quindi procedere con l’apertura di scenari già prefigurati da tempo ma ancora non attuati compiutamente.

Non è la fine del neoliberismo bensì si procede a passi da gigante verso la sua realizzazione compiuta.

A meno che non ci sia una reazione adeguata da parte dei soggetti subalterni visto l’impoverimento ulteriore e profondo a cui andrà incontro la maggior parte della popolazione. Ma, per esperienza storica, sappiamo che non è la condizione di miseria, anche la più pesante, a determinare la ribellione dei soggetti oppressi bensì la presa di coscienza della propria oppressione.

Ci si può provare? La prospettiva è alquanto improbabile perché per il capitalismo neoliberista è stato possibile testare anche la risposta della popolazione, la sua disponibilità ad ubbidire, ad abbandonare ogni residuale spirito critico, ad affidarsi e allo stesso tempo a diventare volontariamente partecipe dei desiderata del potere e a stigmatizzare, condannare, etichettare e additare chi tenta di sottrarsi, chi è critico, o soltanto non entusiasticamente partecipe. Ed è stata verificata sul campo, con un salto qualitativo e quantitativo, anche l’organizzazione, la capillarità e l’efficacia della repressione e del controllo sia individuale che territoriale.

Come è stato possibile ottenere tutto questo? È stato un lungo percorso. La ri-costruzione di un senso comune che desse adeguate garanzie al nuovo assetto capitalista è stata effettuata attraverso i principi cardine della colpevolizzazione, della delega, attraverso il ruolo degli esperti/e, il feticcio della legalità e la così detta sicurezza, attraverso la demonizzazione del concetto di ideologia che ha permesso l’eliminazione di ogni immaginario di altra società possibile e ha reso vincente l’idea di una società dell’eterno presente. E’ stato sostituito il concetto di responsabilità con quello di ubbidienza.

Il concetto di responsabilità presuppone informarsi, definire il pericolo, vagliare le risposte, assumersi delle decisioni in funzione delle proprie necessità e dei propri desideri, considerare la questione qualunque essa sia dal proprio posizionamento sociale.

Il concetto di responsabilità (e stiamo parlando di un contesto di così detta democrazia borghese in cui il rapporto di forza tra potere e subalterni è sempre sbilanciato) appartiene allo Stato di diritto.

La responsabilità è ben diversa dall’ubbidienza. L’ubbidienza presuppone approvare la filiera gerarchica, rinunciare a mettere in atto spirito critico, riconoscere lo Stato come detentore del bene e del giusto. L’ubbidienza appartiene allo Stato etico.

Lo Stato neoliberista ha dimostrato di essere uno Stato etico di matrice nazista nelle modalità, nelle scelte, negli strumenti messi in atto per ottenere l’ubbidienza.

C’è una differenza tra Stato etico e Stato di polizia o autoritario perché lo Stato di polizia vuole ottenere l’asservimento con la forza e con la paura, lo Stato etico ottiene l’asservimento con la colpevolizzazione, l’infantilizzazione, la delega, il coinvolgimento e la denuncia di quelli/e che non partecipano al progetto destinato al bene di tutti/e.

Questa impostazione <etica e paternalista> noi la conosciamo bene, è quella con cui il patriarcato ha ottenuto il nostro volontario asservimento. Per questo noi donne possiamo essere molto utili. Più che rivendicare l’umanità del lavoro di cura e la capacità di affettività, di condivisione, del fare comunità e di salvare altri esseri umani, aspetti che ci rigettano sempre nella sfera di una nostra presunta particolare sensibilità, dovremmo darci da fare per smascherare i meccanismi di asservimento che il patriarcato ha messo in atto nei confronti del nostro genere e fornire a tutti/e gli strumenti per sottrarsi alla colpevolizzazione, all’infantilizzazione, all’osservanza della legalità e della gerarchia e, quindi, all’ubbidienza.

La terra sta rotolando verso l’abisso divorata dal profitto ma, prima ancora, sono le popolazioni subalterne e asservite, senza ormai nessuna coscienza della loro collocazione e del loro sfruttamento che stanno precipitando e che continuano a ripetersi fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene…ma il problema non è la caduta è l’atterraggio. Facciamo finta di non sapere quale sarà l’atterraggio? Cosa stiamo diventando? Degli zombi disposti a tutto per sopravvivere? Disposti a barattare principi, sogni, desideri, ideali, libertà, pensiero, conoscenza pur di vivere una vita in gabbia finché decideranno d’ufficio quando dovremo morire? Se è così siamo già morti/e.

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