Una lettera provocatoria che ci è piaciuta

Una lettera provocatoria che ci è piaciuta

Abbiamo ricevuto una lettera che nella sua semplicità provocatoria ci è piaciuta molto. Le prostitute che per scelta decidono di vendere il proprio corpo, o meglio, di far pagare per avere accesso a quello che oggi, a tutti gli effetti, è considerato nemmeno più un dono ma un servizio, andrebbero rispettate e prese come esempio, nell’ordine di quello che si chiama scambio sessuo-economico e di cui Paola Tabet ha parlato in maniera esemplare e, tra l’altro suggeriamo loro di farsi pagare molto, ma molto più di quanto chiedano attualmente. Viviamo in una società estremamente, pericolosamente contraddittoria, perché se è vero che le donne hanno conquistato dei diritti, che si sono emancipate, che si ha una libertà maggiore, è altrettanto vero che questa libertà (illusoria, a ben vedere) è usata sistematicamente contro le donne stesse, a qualunque livello. E si ricade sempre negli stessi meccanismi: le relazioni sentimentali sono a tutti gli effetti rapporti di lavoro subordinato, perché si riducono ad uno scambio sessuo – economico, senza che però vi sia per la controparte che “offre” il servizio un corrispettivo che le sganci dalla dipendenza, sia essa emotiva o economica (che poi spesso la prima implica la seconda). La continuità tra relazione “libera” (libera?), matrimonio e prostituzione diventa evidente quando la si guarda da una prospettiva intrecciata di genere e classe, quella in cui dovremmo porci tutte noi per agire insieme, compatte, politicamente. Avrebbe un grande significato politico se tutte le donne cominciassero a farsi pagare, sempre. Ci inorridisce la prospettiva di ufficializzare quello che, agli occhi degli uomini, siamo ancora? “puttane” o “sante”, ma il confine è labile, e anche questo è tristemente noto. Troveranno sempre il modo di dirci “puttana” o di farci sentire tale, o prima o dopo. E allora, dato che la nostra persona, nella sua interezza, nella sua irriducibile soggettività, viene ridotta e naturalizzata a mero servizio, dal letto alla cucina, passando per il fasciatoio, che paghino. Farsi pagare per il sesso è solo portare il discorso delle rivendicazioni salariali delle casalinghe più a monte, nel momento esatto in cui scatta il meccanismo perverso per cui veniamo sottomesse. Anche le rivendicazioni per il salario alle casalinghe avevano questo significato: le donne fanno figli, li accudiscono, si occupano delle mansioni domestiche, spesso lavorando anche fuori casa, e nessuno le paga per questo lavoro riproduttivo, perché è “normale” che sia così. E diventa “normale” allora poi tutto il resto, anche che si venga minacciate, insultate, derise, mortificate, umiliate, uccise perché si dice di no, perché ci si rifiuta di obbedire, di farsi educare, di riconoscere nell’uomo un padrone e un maestro.

Eccola:

E SE CI PROSTITUISSIMO TUTTE…

“La soluzione che forse potrebbe in qualche modo sconvolgere, capovolgere e riavvolgere indietro nel tempo gli eventi e il loro corso. Non è vero, forse, però la mia è una riflessione.

Siamo miliardi in condizione di schiavitù o semi schiavitù, milioni che vivono intrappolate in gabbie fatte di dipendenze economiche e domestiche.

L’indipendenza economica d’altronde è libertà, piaccia o meno, giusto o meno, chest’è. Sicché…se la pijamonderculo. Dalle vittime della tratta delle schiave del sesso, alle casalinghe indiane martoriate da famiglie violente fino a indurle al suicidio, passando per quelle ammazzate nel civile Occidente, dove l’uomo ancora attaccato a un patriarcato anacronistico e prepotente, fa il cazzo che gli pare dando fuoco, sfregiando, picchiando, accoltellando, e via dicendo, donne che non trovano pace manco da morte, perché sempre quel maschio parlerà d’amore folle, così come di gesti, gelosie e presunte liason fuori “contratto”; e ancora le lavoratrici latinoamericane senza identità di cui giornalmente perdiamo traccia; le donne che partono da paesi in guerra per farsi “accogliere” da paesi ostili che fanno di loro carne da macello. Donne senza più lavoro, ché la gravidanza è mal vista e quindi a casa; donne senza una casa, che i soldi li ha lui e così le proprietà…e coi decreti proposti negli avanzatissimi paesi che siamo, poi, si punta a ridurre ancor di più la libertà e aumentare la dipendenza del coniuge più debole che, guarda un po’…suspense, nebbia, musica di tensione…è sempre la stracazzo di donna. Un incubo trasversale, dal nord al sud del mondo, da est a ovest, che tocca tutti gli strati sociali possibili. Così è, e chi non lo riconosce è cieco o semplicemente molto, molto stronzo.

Benissimo, perfetto, meraviglioso.

 Qui arriva la mia personale soluzione, o meglio, una soluzione che forse è un passaggio azzardato, opinabile, o quantomeno poco probabile: una personalissima soluzione, e sicuramente “mal vista” dalla maggior parte di chi la leggerà.

Facciamo un gioco…da domani CI PROSTITUIAMO TUTTE.

Ma tutte, nessuna esclusa.

Nelle forme che più ci aggradano e che ci sono congeniali.

Tanto, a fare l’amore, lo facciamo lo stesso…e tutta la serie di impegni infiniti che scandiscono la nostra giornata li avremo lo stesso.

Facciamo che qualsiasi servizio, delle migliaia di servizi che oggi vengono offerti e dati per scontati in quanto offerti da donne (angeli del focolare o mignotte senza ritegno) cominciate a pagarlo cash.

Sì, cash, quei soldini che vi permettono di tenerci per le palle, che poi le palle noi neanche le abbiamo.

Quel dio a cui si è indissolubilmente legati, che ci piega e spesso ci spezza, lo usate per avere tutti quelli che oggi sono privilegi che non ritenete tali, dati per scontati, sempre dovuti. Perché vorrei sapere come sarebbe se la prostituzione non avesse un’accezione negativa, se fosse estesa a molti dei ruoli ricoperti nella Quotidianità…

Perché in fondo è già così, se pensiamo che tante, sempre troppe, delle nostre scelte sono dettate dalla dipendenza economica: dalla Dipendenza. Pari diritti, pari possibilità…e ripeto, che piaccia o meno, pari possibilità “economiche”, che senza quelle, almeno, da ieri al futuro prossimo non è che andiamo poi tanto lontani. Vediamo. Che quelle son cose da femmine.”

Cassandra

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