Réflexions autour d’un tabou : l’infanticide
(traduzione della Coordinamenta a puntate/ prima puntata )
Ouvrage collectif paru en juillet 2009.
https://infokiosques.net/spip.php?article860
Qui e ora, nelle nostre società occidentali moderne, donne di tutte le età e di ogni contesto sono incarcerate con l’accusa di infanticidio-noi parliamo qui di neonaticidio. Le loro vite e le loro personalità sono sviscerate da specialisti di ogni tipo, sono trattate male dai media e trattate male dall’opinione pubblica. Come può essere che ci siano in mezzo a noi, in mezzo alle donne, delle <anomalie sociali> da curare o da internare; le altre donne non avrebbero niente a che vedere con questa storia di sofferenza e di solitudine, non sarebbero attraversate dagli stessi vincoli legati alla maternità e all’oppressione degli uomini sulle donne? Noi, le otto donne che hanno scritto questa brochure, di situazioni e di età diverse, affermiamo che tutti, uomini e donne, in questa società, sono coinvolti in questa storia. Analizzando ciò che ci ha formato riguardo alla sessualità e ciò che costringe nella maternità, noi vogliamo farla finita con il tabù dell’infanticidio.
Aujourd’hui et ici, dans nos sociétés occidentales modernes, des femmes de tous les âges et tous les milieux sont emprisonnées sous l’accusation d’infanticide – nous parlons ici de néonaticide. Leurs vies et leurs personnalités sont décortiquées par des spécialistes de toute sorte, elles sont malmenées dans les médias et maltraitées par l’opinion publique.
Comment peut-on croire qu’il y ait parmi nous, les femmes, des « anomalies sociales » à soigner ou à enfermer ; les autres femmes n’auraient rien à voir avec cette histoire de souffrance et de solitude, elles ne seraient pas traversées par les mêmes contraintes liées à la maternité et à la domination des hommes sur les femmes ?
Nous, les huit femmes qui avons écrit cette brochure, de situations et d’âges divers, affirmons que tout le monde, femmes et hommes, dans cette société, est concerné par cette histoire. En analysant ce qui nous formate dans la sexualité et ce qui nous contraint dans la maternité, nous voulons en finir avec le tabou de l’infanticide.
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[…] PUNTO DI PARTENZA: TENTATIVO DI TOGLIERSI IL CORSETTO
Noi siamo otto donne che hanno deciso di scrivere e pubblicare questa brochure. Otto donne dai venti ai settantaquattro anni. Alcune di noi hanno dei figli, altre no. Quello che ci unisce non è il fatto di essere madri o meno, ma il fatto di essere, come donne in questa società, tutte attraversate dalle questioni della maternità. Quello che ci unisce è anche che non ci piace questo mondo com’è e che vogliamo agire contro tutte le dominazioni e le oppressioni e, dunque, tra le altre, contro il patriarcato. L’avvio per il nostro riflettere collettivamente ci è stato dato dalla storia di una donna gettata in prigione per infanticidio. Questo ci tocca e ci interroga. Ci fa rivoltare inoltre quando la stampa si scatena presentando le donne infanticide come dei mostri, tuttalpiù come delle malate.
Allora cerchiamo delle risposte. E le sole che troviamo vengono dagli psichiatri e dai magistrati. Risposte parziali e insoddisfacenti, spiegazioni di esperti che sezionano dei <casi> alcune volte con benevolenza e indulgenza ma sempre dall’alto del loro sapere e della loro posizione sociale. Noi siamo di quelle che pensano che non bisogna lasciare agli specialisti il monopolio della riflessione e della parola su dei soggetti che ci riguardano direttamente. E vogliamo dire in modo esplicito qui che l’infanticidio fa parte della nostra storia, di tutte e di tutti. E’ questa posizione che ci ha portato a cercare degli approcci e dei discorsi meno normativi e ci ha condotte ad un incontro decisivo. Questo incontro ha innescato la nostra voglia di esprimere con una presa di parola pubblica la nostra solidarietà e la nostra rivolta contro la sorte destinata alle donne che vivono questa violenza e questa solitudine.
Questa presa di parola l’abbiamo costruita con delle domande: cos’è che costringe oggi le donne a vivere un infanticidio? perché è considerato così profondamente riprovevole?perché ci sono ancora donne che entrano in angoscia di fronte ad una gravidanza non prevista? qual’è il ruolo degli uomini in questo caso? quali sono i mezzi<buoni> e <cattivi> di evitare una nascita? chi vi ha accesso? che cos’è una<cattiva madre>? che cos’è una<madre>? chi decide e come quello che è fuori legge e condannabile in materia di riproduzione? e molte altre domande ancora che sono venute fuori nel corso di questo lavoro.
Abbiamo cercato un termine per rimpiazzare la parola infanticidio, pesantemente e giuridicamente connotata. Un termine che definisca meglio quello di cui vogliamo parlare. Il neologismo neonaticidio ci è sembrato ugualmente pesante. C’era anche<aborto differito>, <aborto a nove mesi>…Ancora delle perifrasi. Allora tanto peggio, in questo testo si parlerà di infanticidio, ma si proverà a ridefinire cosa si intende per questo, ma soprattutto si tenterà di parlare della maternità in un altro modo. Ricordando che volere avere o non volere avere dei figli non è una domanda naturale ma sociale e che non è più biologico averli che non averli.
Abbiamo avuto numerosi dibattiti, discussioni, confronti. Abbiamo avuto molti dubbi. Ne abbiamo ancora. Non abbiamo fatto un lavoro d’inchiesta andando a caccia di testimonianze o spulciando le statistiche ( d’altra parte inesistenti sull’argomento). Abbiamo seguito alcune piste, non tutte, scegliendo a seconda dei nostri dibattiti e dei nostri dubbi ciò che ci interrogava e ci importava di più. Non abbiamo né la pretesa di essere esaustive riguardo al tema né allo stesso tempo quella di avere esaurito i temi che abbiamo affrontato. I testi che seguono possono essere letti in maniera autonoma in un ordine o in un altro.
Abbiamo voluto trascrivere qui le nostre riflessioni, le nostre esperienze comuni e individuali, nell’intento di rompere un tabù che pesa fortemente nella storia e nella memoria delle donne. Desideriamo creare le condizioni per cui le donne di fronte a delle gravidanze indesiderate, costrette all’infanticidio, abbiano la possibilità di parlare e di essere ascoltate. Perchè la loro sofferenza non sia più ignorata e venga aperto un dibattito pubblico. Vogliamo rendere visibile l’invisibile ed è in questo senso che ci collochiamo nella continuità delle lotte delle donne: far uscire dal segreto e dal privato e rendere pubblico quello che costruisce la nostra oppressione per potercene liberare. E, al cuore di questa oppressione, c’è il divieto alla fin fine di scegliere di non volere dei figli quando non ne vogliamo.
Da questa riflessione, vogliamo mettere in discussione la società che spinge delle donne a praticare degli infanticidi, avere una lettura sociale o politica e non psichiatrica o giudiziaria…La nostra posizione è quella di essere contro la colpevolizzazione, contro la prigione, contro la nostra privazione di potere. Non siamo né colpevoli, né malate, né vittime. Il nostro proposito parte dalla nostra soggettività, è parziale ma, speriamo, condiviso con le donne e compreso dagli uomini.