Gerarchia e ruolizzazione.

Gerarchia e ruolizzazione

Non c’è giorno in cui una donna non venga ammazzata dal padre, dal marito, dal figlio, dall’ex, dal fidanzato o dall’amante o non venga stuprata o non subisca violenza.

Abbiamo gridato per molti anni e per molto tempo nelle piazze che le donne le uccidono gli uomini, che il problema non è di ordine pubblico e che nessuna legge sulla sicurezza deve sfruttare i nostri corpi. Ma non basta più.

Noi siamo consapevoli che il patriarcato si perpetua da secoli, è un modello economico che le società che si sono succedute hanno assunto perché funziona molto bene, sfrutta in maniera ottimale le soggettività messe al lavoro essendo basato sulla gerarchizzazione e sui ruoli e il capitalismo lo ha fatto proprio in maniera ancora più forte che in passato perché il modello capitalista è caratterizzato di per sé dal comando di fabbrica esteso a tutta la società, dalla gerarchizzazione e dalla specializzazione e parcellizzazione del lavoro. Oltre tutto ora le caratteristiche del lavoro di cura e riproduttivo cioè gratuità e dedizione assoluta e senza limiti temporali, il neoliberismo configurazione attuale del capitalismo li ha trasferiti a tutto il mondo del lavoro.

Lo stillicidio dei femminicidi, degli stupri e della violenza sulle donne a cui stiamo assistendo ha le radici in quello che succede qui e ora, nelle modalità in cui il patriarcato è stato assunto dalla società del capitale.

La società neoliberista ha promosso la violenza delle Istituzioni e dei cittadini/e contro i più deboli, sia che si tratti dei poveri/e di casa nostra, sia che si tratti dei/delle migranti, ribadendo razzisticamente la piramide gerarchica tra cittadini occidentali e popoli del terzo mondo. Ha promosso la prevaricazione e l’aggressione come modalità di porsi con i diversi, la possibilità di scaricare sul più debole frustrazioni e impossibili rivincite: tutto questo viene sdoganato anche nel rapporto dell’uomo con la donna.

In una società che ha fatto del sopruso sostanza di vita perché il sopruso non dovrebbe sostanziare il rapporto che gli uomini hanno con le donne e legittimare l’uso della violenza per ottenere ciò che si vuole? Perché mai un uomo che viene spinto a prevaricare il collega di lavoro per la carriera, a pugnalarlo alle spalle per uno scatto meritocratico, a fare strame di solidarietà, sensibilità sul posto di lavoro perché sono caratteristiche perdenti, dovrebbe essere altro nel rapporto interpersonale?

Perché mai chi viene abituato a considerare i popoli del terzo mondo come inferiori, infantili e incapaci di governarsi tanto da essere bombardati, impoveriti, falcidiati con le guerre “umanitarie” dovrebbe avere una considerazione diversa nei rapporti interpersonali nei confronti di chi ha accanto e che il modello patriarcale gli ribadisce tutti i giorni che è sostanzialmente da “educare”, da “proteggere”, da “tutelare”, da “guidare” e quindi, di fatto, incapace di gestirsi da sola?  

E’ in questo contesto che il rapporto dominante/dominata impostato dal patriarcato viene esaltato. Oltre tutto questa società ottiene due “ottimi” risultati: si autoassolve scaricando la colpa sugli esecutori e riducendo il tutto ad una questione culturale e, secondo un’ormai abituale strumentalizzazione, introduce forme di repressione sempre più accentuate e funzionali al controllo sociale.

Contemporaneamente la riproposizione dei ruoli a tutti i livelli sociali, dalla scuola con il preside-padrone al mondo del lavoro con la gerarchizzazione esasperata e la meritocrazia, alle donne con la divisione in donne di serie A, cooptate nella gestione del potere per perpetuare l’oppressione delle altre donne e degli oppressi tutti, e donne di serie B che devono sopperire alla distruzione dello Stato sociale, porta ad una automatica riproposizione del ruolo che il maschio già si autoriconosce e cioè di parte dominante nel rapporto con la donna e al conseguente tentativo di recuperarlo ogniqualvolta lo veda in pericolo.

Infine, ce ne accorgiamo da tanti segnali, è in atto un tentativo di ribaltare la violenza che le donne subiscono facendone ricadere la colpa sulle donne stesse che nel rivendicare emancipazione, libertà, autodeterminazione, avrebbero dimenticato le caratteristiche “proprie” del genere e cioè femminilità dolcezza e disponibilità provocando dolore e scompaginamento nella coppia, nel maschio e facendo del male a loro stesse.

Per questo dobbiamo riportare l’analisi e le lotte contro la violenza maschile su binari politici e ribadire che chi aderisce ai valori di questa società neoliberista, è partecipe e responsabile di tutti i crimini che questa stessa società induce e provoca, comprese le donne che i valori di questa società fanno propri perché sono direttamente responsabili della violenza che colpisce le donne tutte. Se vogliamo veramente gettare degli zoccoli negli ingranaggi del patriarcato dobbiamo batterci contro i ruoli, la gerarchia e la meritocrazia a tutti i livelli sociali. 

Questa voce è stata pubblicata in Violenza di genere e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.