La riproduzione artificiale dell’umano, ovvero la pappa pseudoprimitivista di Alexis Escudero – prima puntata
In un primo momento, avevo deciso di non proferire verbo a riguardo del libro di Alexis Escudero “La riproduzione artificiale dell’umano”: se diamo credito all’aforisma che sostiene “bene o male, l’importante è che se ne parli”, far passare sotto silenzio la traduzione e pubblicazione in Italia di questo delirio antitecnologico – ma soprattutto omofobo, razzista e sessista – si rivelava, strategicamente, la migliore scelta politica.Purtroppo però, alcune realtà di movimento hanno deciso di dare spazio alla presentazione di questo testo, del quale immagino che – ad esclusione de* ferventi sostenitor* (e, dunque, di chi l’ha proposto) – non abbiano letto nemmeno l’estratto pubblicato su web: in caso contrario, mi sento di suggerire una seria autocoscienza sulle motivazioni alla base della scelta di dare agibilità politica a simili obbrobri.Eppure, così è. In questi giorni il libro in questione verrà portato in giro per l’Italia, stasera a Torino, domani a Milano e poi a seguire (se volete sapere dove/come/quando… cercatevelo, non intendo fare ulteriore pubblicità a questo “evento”). Ho deciso dunque di rompere gli indugi, e di scrivere poche (spero) righe di commento, auspicando che altr* prendano parola in merito.
Per cominciare, voglio condividere con chi legge un’idea che mi perseguita da giorni e giorni, ovvero la convinzione che questo libro parli solo marginalmente (e molto male) di GPA; eppure (…eppure!) ha ricevuto l’endorsement di quella frangia di femministe che si oppongono a tale pratica senza se e senza ma – il cui giudizio deve essere così annebbiato dalla crociata nella quale si spendono anima e cuore, da aver permesso loro di passare sopra ad alcune delle affermazioni più sessiste mai proferite da un supposto “compagno anarchico”.
Evidentemente, la strategia usata da Escudero – ovvero scegliere un argomento controverso come la GPA e la PMA in un momento storico ben preciso – si è rivelata vincente, dando al suo libro una eco che altrimenti difficilmente avrebbe avuto. Come direbbero le/i francofon*: “Bravo, Escudero!”
Ma entriamo nel merito del testo, che ho potuto leggere soltanto nella versione ridotta pubblicata online (mi è comunque bastata, grazie).
Se rimettiamo la PMA al posto (marginale) che ha in questo scritto, diventa assai più semplice evidenziare quello che il libro (o pamphlet, come è stato variamente definito, quasi a garantire la totale libertà dell’autore di esprimere qualsiasi vaneggiamento gli attraversi il cervello) rivela di essere: parafrasando l’autore, niente più che pappa pseudoprimitivista.
Ora: qualcun* potrebbe insinuare che la mia posizione non sia “neutra”, e a ragione: in quanto mediattivista, transfemminista e traduttrice del Manifesto Xenofemminista, probabilmente nessun* è più di me lontan* dalla posizione di Escudero. Sicuramente considero chi ha un progetto politico assimilabile al primitivismo alla stregua dei quaccheri, i quali, di fronte alla crescente complessità del mondo nel quale viviamo, invece di cercare i modi di (scusate il termine, che farà rabbrividire alcun*) hackerare il sistema per scardinarlo, scelgono di rifugiarsi nella loro personale illusione di un eden pre-civilizzato (ricreato ad arte come nei migliori parchi a tema, giacché tale eden non può esistere allo stato attuale, se mai è esistito); folkloristici, persino tollerabili, a patto che mettano in pratica quest’idea a livello personale.
L’idea in sé può essere – forse – interessante, quando resta a livello di critica teorica degli aspetti più deleteri della civiltà – che indubitabilmente esistono – ma nel momento in cui cerca di raggiungere il piano di realtà, diventa generatrice di orrori.
Senza voler qui affrontare in maniera esaustiva le tematiche care al primitivismo (chi fosse interessat* può trovare numerose fonti critiche a riguardo, anche in ambito anarchico), e dal momento che neppure Escudero si definisce primitivista tout-court, ma volendo toccare quegli aspetti relativi al movimento di critica alle tecnologie e le idee (indifendibili) che porta avanti, sottolineo soltanto ciò che reputo fondamentale per inquadrare la questione:
1- L’auspicata abolizione della tecnologia avrebbe, allo stato attuale, conseguenze devastanti sul genere umano. Si pensi non soltanto alla “qualità della vita” che piomberebbe a livelli impensabili, ma alle persone disabili o malate – che non potendo più accedere alle tecnologie che rendono la loro vita non solo dignitosa, ma possibile, perirebbero in numeri enormi e tra indicibili sofferenze. Per un libro che si scaglia contro l’eugenetica, non è paradossale essere così favorevoli alla selezione naturale – il survival of the fittest, versione di eugenetica naturale non meno spietata?
2- Quale livello di “civilizzazione” è considerato accettabile? Se l’ideale è quello pre-rivoluzione agricola, bye bye antispecismo… i pochi esseri umani capaci di sopravvivere anche senza le comodità moderne e vivendo solo dei “frutti della terra”, se non coltivassero non riuscirebbero a sopravvivere solo di raccolta (come è ampiamente dimostrato dalle residue popolazioni di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti). Ergo, dieta PALEO per tutt*… Ma c’è un altro problema, oltre a quello etico (che comunque evidenzio come aspetto non marginale, visto il posizionamento apparentemente antispecista di Escudero) ovvero che, sebbene “pochi”, gli esseri umani sopravvissuti all’ecatombe sarebbero comunque troppi per non rischiare di depauperare completamente le fonti di cibo (animali e vegetali). Dunque come arrivare al numero massimo di persone sostenibile dal pianeta? Questione senza risposta, a meno di non contemplare (come alcune correnti del primitivismo fanno) soluzioni a dir poco cruente.
3- Anche se, come sostengono alcun*, questo avvenisse a causa delle devastazioni causate dal genere umano, sicuramente i primi a morire sarebbero le/i più deboli/pover*/svantaggiat*. Le classi benestanti che tengono in mano le redini della macchina capitalista non rinuncerebbero ai loro privilegi, e anzi, potrebbero persino approfittare delle catastrofi per arricchirsi maggiormente (come già fanno). La società resterebbe divisa in classi, e chi sta peggio sparirebbe dal pianeta… non così chi già adesso sta più che bene, che probabilmente starebbe anche meglio.
4- La tecnologia non è il Male. E’ uno strumento, e come ogni strumento può rivelarsi buono o terribile, a seconda di chi lo utilizza e di come viene utilizzato. Di conseguenza, seppure non “neutra” non ha connotazioni morali (non è né buona né cattiva). Abbiamo bisogno non di meno, ma di più tecnologia, utilizzata però a fini di liberazione e non di messa a profitto. Questo richiede un cambiamento in seno alla società, non la rinuncia alla civilizzazione per rifugiarsi nel (bel?) tempo che fu.
O meglio, nella Natura.
Perché da questo testo traspare quell’idea di Natura buona che si contrappone alla tecnologia malvagia. Una Natura con la “N” maiuscola, che alla stregua del Dio con la D maiuscola, vede e provvede (e forse anche prevede, come frate Indovino).
Una Natura che, innanzitutto, “maschio e femmina li creò”: il libro è completamente permeato da una sorta di paranoia eterosessuale, condita da un senso di angoscia strisciante per le sorti del maschio virile. A partire dalla dichiarazione di intenti, svelata senza lasciare nemmeno un po’ di suspense nell’introduzione, che afferma:
“In queste pagine mi decido a dire perché i partigiani della libertà e dell’emancipazione (ma sono ancora di sinistra?) devono opporsi allo sviluppo della riproduzione artificiale dell’umano. Né per gli omo, né per gli etero: la PMA per nessuno!”
Il primo capitolo, dal titolo “La sterilità per tutti e tutte” è incentrato sulla supposta diminuzione della fertilità umana, in particolare quella dei maschi: dovizia di particolari sulla conta spermatica degli uomini in età fertile, a partire da ricerche scientifiche (ma come? Si può essere anti tecnologici e avvalersi dei frutti della ricerca scientifica? Pare disonesto!); tale sterilità sarebbe la conseguenza dell’inquinamento ambientale. Da qui prende le mosse l’analisi politica di Escudero, che afferma recisamente: “È da più di un anno che la sinistra, senza distinzioni, fa campagna per l’estensione della PMA alle coppie di lesbiche.”