Ripensare la maternità
di G.
Ripensare la maternità da un punto di vista femminista significa liberarsi innanzitutto dai tentativi di controllo altrui sui nostri corpi; significa ripristinare un patrimonio di conoscenze che permettano alle donne di affrontare la gravidanza, l’allattamento e la crescita dei figli compiendo scelte consapevoli e libere. E ricominciare a gridare che quando si tratta dei nostri corpi e dei nostri tempi di vita nessun@ ha il diritto di criticare e di ostacolare le nostre scelte.
Medici e professionisti da una parte, sostenitori di un naturismo radicale dall’altra, tutt* intendono controllare il percorso di maternità, sottoponendoci a forti pressioni e insinuando nelle nostre menti sensi di colpa e un’insicurezza crescenti.
La maternità, esattamente come le altre esperienze di vita di una donna, devono essere l’occasione per esercitare tutta la nostra potenza e creatività e questo può essere possibile soltanto liberandosi dalle ingerenze esterne di chi ci vorrebbe al nostro posto, docili e passive, a generare nuova forza lavoro da impiegare e nuovi consumatori.
In questa ottica vorrei parlare di quella che è stata la mia scelta di allattare mia figlia esclusivamente al seno, per un tempo più o meno prolungato; scelta che io considero assolutamente politica. E dei motivi per i quali non credo che i governi capitalisti attueranno mai vere e proprie politiche di promozione dell’allattamento al seno, se non campagne di facciata assimilabili a quelle contro il fumo.
È di maggio 2016 il rapporto dell’OMS che fa il punto sulle leggi nazionali che dovrebbero promuovere l’allattamento al seno legiferando sulla base del “Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno”. È evidente dal documento che i paesi occidentali che si sono allineati al suddetto codice sono una scarsissima percentuale.
I motivi di queste inadempienze sono, a mio parere, chiarissimi: si tratterebbe di promuovere un prodotto assolutamente gratuito, immediatamente disponibile alla quasi totalità delle donne e che non necessita di prodotti da acquistare per essere utilizzato, così danneggiando il fiorente commercio di latte artificiale, tettarelle, ciucci e biberon.
Una multinazionale farmaceutica poi, potrebbe ricevere un secondo danno indiretto: il latte materno è un fattore molto importante per lo sviluppo di un sistema immunitario forte e per la prevenzione di patologie croniche. Nell’attuale società capitalista il progresso della medicina e il miglioramento igienico sanitario hanno permesso di avere strumenti per far sì che le malattie infettive abbiamo sempre meno morbilità e mortalità. Oggi ci ammaliamo a causa di un ambiente inquinato, dei ritmi produttivi rapidissimi, del cibo spazzatura, di un’insoddisfazione sempre crescente. Le nuove patologie sono croniche, durano molto tempo e non vengono debellate: per le case farmaceutiche significa un introito monetario costante. Perché allora raccomandare il latte materno che costituisce un elemento di resistenza anche a questo tipo di patologie?
Un altro elemento secondo me importante è che dal punto di vista ecologico l’allattamento con latte artificiale risulta assolutamente non sostenibile: l’impronta ecologica che lascia la produzione di un solo kg di latte materno è impressionante. Aggiungendo l’inquinamento causato dagli imballaggi e dal trasporto del latte in ogni parte del mondo, il dato si aggrava. A riguardo il vantaggio del latte materno è evidente!
L’allattamento al seno per essere esclusivo costringe la madre a stare a contatto con il bambino molto spesso; le poppate, almeno nei primi mesi, sono molto frequenti sia di giorno che di notte. Questo significa che dopo il parto la donna continua per molti mesi a non poter lavorare. Inoltre l’allattamento ritarda l’evenienza di un’altra possibile gravidanza. Due caratteristiche che non si sposano affatto con le esigenze del capitale che vorrebbe che le donne partorissero spesso e in fretta…e che tra un parto e l’altro fossero pienamente sfruttabili sul posto di lavoro (possibilmente demansionate e mobbizzate!).
Nel valutare la mia scelta hanno avuto un ruolo importante anche le teorie sul legame di attaccamento e sull’accudimento ad alto contatto. L’allattamento favorisce il contatto e quest’ultimo è un fattore che conferisce al/lla bambin@ senso di protezione e di sicurezza ai quali conseguono più probabilmente lo sviluppo di una più alta autostima e fiducia in se stessi. Caratteristiche che ritengo necessarie per sopravvivere nella società capitalista senza farsi sopraffare e annientare da essa, per crescere un essere umano ribelle che si sappia difendere da tutto ciò che l’opprime.
Ecco, non è che penso che allattare sia una scelta rivoluzionaria, né la migliore. Solo che mi piacerebbe creare un altro immaginario: vorrei che una donna che allatta al seno non sia direttamente collegata ad una vita sacrificata per suo figlio, incastrata in un ruolo imposto; potrebbe essere una donna che ha fatto una scelta politica.