Candida-mente: dalle esperienze individuali alla collettivizzazione dei saperi
Qual è la parte preferita del tuo corpo? Tutto. Non voglio essere una parte. Perché dividere in parti è reificare. Sono una, non pezzi – Diane Goldie
Nel secondo incontro di “Cose Nostre: un ciclo di incontri sulla vagina” avevamo visto come la negazione della materialità della vagina sia spesso legata a doppio filo alla delega ai medici e, in generale, alle “figure esperte” della conoscenza del nostro corpo, oltre alla non condivisione di pratiche di autocura.
Abbiamo quindi deciso, per il terzo incontro, di partire dalla candida: confrontandoci tra noi, abbiamo visto che molte di noi hanno sperimentato un’infezione da candida almeno una volta nella vita, e anche i ginecologi si trovano sempre più alle prese con questo problema specifico, che spesso recidiva o si cronicizza. Questo avviene anche perché il nostro modo di vivere e di alimentarci ha un impatto sempre più negativo sul nostro sistema immunitario e sulle condizioni che favoriscono lo squilibrio della flora intestinale e l’insorgere di vaginiti da candida.
Il nostro intento era quello di capire il significato della candida, come si presenta e cos’è a livello dell’apparato genitale e intestinale, e di capire come sia possibile sostenere il funzionamento equilibrato del nostro corpo perché ciò non avvenga, e avere degli elementi che ci aiutino a intraprendere un percorso di autocura.
La candida è un fungo e non si trasmette per via sessuale – o meglio, dovremmo essere protette dal sistema immunitario. Tutte e tutti (maschi compresi!) abbiamo la candida nell’intestino, che collabora alla metabolizzazione degli zuccheri. Quando le difese immunitarie sono basse, la candida si moltiplica troppo e procura i fastidi che sappiamo.
Nel sondare le cause dell’infezione da candida, abbiamo visto che la candidosi insorge in momenti diversi e per motivi diversi – almeno apparentemente. Sono emerse alcune connessioni con il ciclo mestruale e con la funzione intestinale, con alcune terapie farmacologiche e con abitudini alimentari. Insieme a queste connessioni o cause, è emerso un aspetto interessante: ossia molte hanno riportato o associato la candidosi a un momento della vita, in cui – riflettendoci a posteriori – erano in una situazione di poca accettazione di sé e/o di cattivo rapporto con il partner. Alcune avevano associato il loro malessere a un malessere di coppia o di relazioni sessuali che si presentavano problematiche, ma non avevano coscienza del fatto che fosse un punto in comune con altre donne.
Riconosciamo, da una parte, che la società ci vuole inadeguate e impotenti, e prevede l’autolesionismo e il senso di colpa come due modi di rapportarsi con l’altro; dall’altra, nel momento in cui invece bisognerebbe stabilire una relazione, l’impossibilità di riconoscere i nostri desideri e di realizzarli, di farsi valere.
E’ riemerso – senza essere citato esplicitamente – il tema della violenza e della consapevolezza di quello che ci accade. Già nei precedenti incontri, quello della violenza è stato un argomento molto presente, e in alcuni casi scioccante.
Violenza che può essere anche quella dei medici negli ospedali, dalla poca considerazione al disprezzo.
Come possiamo passare dalla dinamica del racconto delle esperienze personali alla costruzione di un sapere collettivo nell’ambito della cura? Tra gli strumenti da darsi, c’è anche l’elaborazione di un linguaggio con cui far intendere al medico che si ha fronte il proprio approccio, almeno laddove possa essere accolto.
Si parla molto di unità corpo/mente, ma da troppi secoli vengono divisi e studiati separatamente. Abbiamo un “corpo diviso in parti”, in cui ciascuna delle parti è collegata a una funzione che deve essere performante, e rimessa in sesto il prima possibile. Da questo modo di pensare il corpo derivano la produzione e l’uso di farmaci mirati al sintomo, nonché un’ignoranza generalizzata di cosa succede al nostro corpo.
Certo, la chimica farmaceutica può essere usata consapevolmente per alleviare sintomi fastidiosi. Con un’altra critica, oltre a quella dell’essere funzionale a un “corpo diviso in pezzi”: ossia, l’aspetto commerciale e “multinazionale” dei farmaci che compriamo, come vengono prodotti, come vengono impacchettati e poi distribuiti sul territorio, a quanto vengono venduti – contemporaneamente a una pubblicizzazione che spesso fa leva su tabù e paure. Qual è il costo, anche ambientale, di questa scelta?
Autocura non significa fare totalmente a meno dei medici – anche perché il rischio è quello di fare molte cose un po’ per caso e in varie direzioni. Come ricerchiamo un nostro “equilibrio”? Dove per “equilibrio” intendiamo uno stare non oggettivo, ma personale, in accordo con le scelte di vita.
La conoscenza di sé è importante per poter definire un proprio percorso di autocura che può comprendere tutto. Alimentazione, farmaci, tisane ed erbe, yoga e rilassamento: tutto va bene, purché faccia stare bene.
All’autocura dedicheremo il prossimo incontro, a partire proprio dalla condivisione di fastidi e sintomi, relativa scelta di autocura e cause individuate (fisiche, mentali, emotive).
L’obiettivo è proprio discutere come ci curiamo, confrontarci e imparare le une dalle altre e mettere insieme un vero e proprio “kit di benessere vaginale”, fatto dalle esperienze e dai saperi di tutte.