La Parentesi di Elisabetta del 4/11/2015

“Occhi bene aperti”

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Tutto comincia a cambiare con il veto all’ONU  della Russia e della Cina sull’intervento diretto delle  “potenze occidentali” in Siria. Memori di quello che è successo in Libia, la Russia e la Cina hanno capito che la tattica della foglia del carciofo attuata da Usa e alleati è di fatto diretta a loro e sono corsi ai ripari.

Gli Stati Uniti mirano, in Medio Oriente e non solo, a destabilizzare gli Stati asimmetrici ai loro interessi. A questo scopo hanno creato, addestrato e armato gli integralisti islamici, Isis compreso. Ora l’integralismo islamico è sfuggito loro di mano. Quello che sta succedendo in Afghanistan è esemplare, ma tutto ciò agli Usa permette comunque di giocare a due tavolini: da una parte continuano a foraggiare il variegato mondo dell’integralismo islamico, dall’altra usano il terrorismo come strumento per compattare l’occidente…je suis Charlie docet…e per avere eventuale mano libera per intervenire come e dove ritengono conveniente.

Inoltre, nel settore medio-orientale il referente degli Usa è Israele, anzi per gli Usa, in medio oriente è la politica israeliana che ha guidato le scelte comuni.

Israele mira a distruggere gli Stati Nazione di quell’area, Turchia, Iran, Iraq, Siria, Egitto e a ridurli a staterelli inconsistenti facilmente manovrabili e gestibili. Non ha mai tralasciato il progetto sionista, che, anzi, è il filo conduttore sotterraneo delle sue scelte politiche, di costruire il Grande Israele. Il concetto di “Grande Israele” si fonda sull’idea di uno stato ebraico esteso dall’Egitto fino all’Eufrate includendo parti della Siria e del Libano, il “Piano Yinon” del 1982.

E infatti, l’Isis è appoggiato da Israele in funzione destabilizzante degli Stati Nazione dell’area mediorientale. L’ Isis, guarda caso, non attacca mai obiettivi israeliani. Ma come? Gli integralisti musulmani non vogliono pregare a Gerusalemme?

Si è creata, così, un’alleanza Usa-Curdi. I Curdi, da una parte combattono l’Isis, dall’altra sono elemento scardinante degli Stati Nazione in quell’area.

Però la situazione internazionale è in movimento.

Si sta venendo a creare un asse Russia-Cina e alleati mediorientali Iraq, Hezbollah libanesi, compresa la Siria dove, peraltro, la Russia è stata chiamata in aiuto dal governo legittimo come era successo in Afghanistan.

E gli Usa sono in un momento di transizione. La loro politica in medio oriente si è rivelata fallimentare. Il mandato di Barack Obama è in scadenza e bisogna vedere chi gli succederà. Ricordiamoci sempre che gli Usa hanno, da molto tempo e precisamente dall’uccisione di J.F.Kennedy, perso la mediazione politica e sono governati direttamente dalle multinazionali di cui le rappresentanze politiche sono diretta filiazione.

Per la prima volta, gli interessi Usa, almeno parzialmente, stanno divergendo da quelli Israeliani. Però Israele è anche una multinazionale molto potente negli Stati Uniti.

Ora, in questo quadro,Tayyip Erdogan in Turchia ha vinto le elezioni, ma è un morto che cammina. Se le elezioni del primo novembre avessero decretato la sua sconfitta politica sarebbe sparito dalla scena, ma il fatto che sia andata diversamente apre scenari inquietanti.

Ormai è un ostacolo sia per gli Usa che per Israele. Entrambi vogliono la creazione di un Kurdistan indipendente che ridimensioni gli Stati circostanti. Certo la Turchia dovrebbe cedere i territori rivendicati dai Curdi e allo stesso tempo la Turchia fa parte della Nato ed è un elemento importante della coalizione, ma sia gli Stati Uniti che Israele pensano che, in fin dei conti, per la Turchia non cambi poi molto cedere un pugno di montagne rispetto ai loro guadagni in termini geopolitici sapendo che l’instaurazione di un Kurdistan indipendente aprirebbe scenari importanti rispetto all’irredentismo delle zone curde in Iran che loro chiaramente si ripromettono di cavalcare

La vittoria di Erdogan è dovuta all’appoggio e al voto della popolazione più povera, delle masse contadine, di provincia, retrive e tradizionaliste dove il richiamo all’ Islam è un argomento fondante, ma è osteggiato fortemente dalla parte laica e occidentalista dell’elettorato colto che in Turchia rappresenta una parte importante della società che conta.

E proprio consapevole di questo, Erdogan nel periodo pre-elettorale è ricorso allo stragismo. Lo stragismo non è qualcosa di estraneo alle così dette “democrazie”, specialmente per quelle dell’area Nato, ma è una modalità che viene scelta in momenti determinati e per precisi interessi.

Ci ricorda quello che è successo in Italia. Ma con una differenza fondamentale. La sinistra turca ha individuato immediatamente la matrice di Stato degli attentati ed è scesa in piazza con una indiscussa chiarezza politica, mentre qui da noi, a suo tempo, così non è accaduto. E la ragione principale sta nell’ azione di addomesticamento delle coscienze, di intorbidamento degli scenari e delle ragioni politiche che ha operato la socialdemocrazia nelle vesti dell’allora PCI e dei sindacati confederali. Questo d’altra parte era il loro ruolo. Ed è con questa “così detta sinistra” che noi ancora oggi facciamo i conti.

Finora gli Usa si sono posti come Stato del capitale, hanno avanzato pretese egemoniche con una politica attiva e aggressiva con lo strumento principe della Nato come esercito di conquista, togliendo di mezzo uno alla volta i paesi asimmetrici ai loro interessi e accerchiando la Russia con operazioni come quella espressa in Ucraina.

Ora che si sta formando un asse antagonista, gli Usa e più precisamente le multinazionali che ne dettano la politica, hanno preso in seria considerazione l’ipotesi di andare ad una resa dei conti con la Russia e la Cina, resa dei conti che non esclude l’opzione della guerra. Per questo non solo la Nato è mobilitata e si esercita avendo presente questo scenario, ma sono stati chiamati alle armi anche Media, Ong, Onlus, Fondazioni, Think Tank.

Stiamo camminando sull’orlo del burrone e bisogna tenere gli occhi bene aperti.

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