Chi ha paura di essere libera?

Chi ha paura di essere libera?

di Elisabetta Teghil

Contributo per l’Incontro Nazionale Separato/Seconda parte/ del 13 aprile 2014 “I ruoli, le donne, la lotta armata/ questioni di genere nella sinistra di classe”

La lettura vincente delle stagioni passate avanza pretese di assolutismo e di valore extratemporale mentre non è altro che la manifestazione della verità della classe e del genere dominante.

Dietro la seriosità e l’accademicità degli studi e dei saggi con cui si racconta la nostra storia, si celano la unilateralità e la manipolazione  e la falsificazione della stagione del femminismo.

E’ una lettura violenta ed ipocrita che mira, non solo a riscrivere la storia, ma a rimodellarla e, con lei, la nostra coscienza, dimenticando che la coscienza personale non è altro che coscienza sociale.

Il femminismo ha rivelato un mondo nuovo, è stato ed è l’arma della libertà nelle nostre mani.

E’ stato ed è questo o non è niente

testa con farfalle

Il patriarcato intimidisce, esige, vieta, minaccia, coltiva la rassegnazione, offusca la coscienza e i desideri delle donne.

Il femminismo rivela il mondo nuovo, smaschera la pretesa del patriarcato di essere eterno ed immutabile. E’ la vittoria sulla paura, è stato ed è coscienza di forza, di rinnovamento, legata al nuovo, al futuro, è una macchina necessaria per sgombrare la strada e permettere il nostro cammino.

Il femminismo è una festa nel senso più compiuto del termine, rivolta al futuro e rappresenta la vittoria di questo futuro sul passato,la nascita e la speranza di qualche cosa di nuovo, più grande e migliore, dove non ci sia posto per il patriarcato.

La lotta, oggi, poggia sulla capacità e possibilità di rigettare il controllo che il patriarcato esercita sui codici, sui canali di comunicazione, sulle modalità di decodificazione e interpretazione della storia.

La sfera globale della lettura della storia è necessaria per l’esistenza del femminismo

La donna merce è anche una forma della coscienza , anzi la sua forma inconscia per eccellenza, la sua forma automatica. Programmare la coscienza della donna-merce è un lavoro fondamentale della formazione semiotico ideologica borghese. E’ il suo strumento principe e il racconto, il ricordo, la storia e le gambe con cui cammina sono le socialdemocratiche. La coscienza del patriarcato opera per il loro tramite e i loro racconti e la loro storia hanno un carattere di feticcio, in essa si riflette l’apparenza della realtà, il carattere del mondo patriarcale. Dominio reale del patriarcato, nella metropoli imperialista , nella stagione neoliberista, vuol dire questo:assoggettamento della coscienza individuale delle donne ai programmi di comportamento della borghesia per ciascun rapporto sociale.

Viviamo in una comunità illusoria che produce una coscienza illusoria di sé, una catena che si può spezzare solo ponendo le proprie pratiche sociali in rapporto antagonistico assoluto con l’intera società capitalista patriarcale.

Da qui la necessità di smascherare la lettura socialdemocratica della nostra storia che opera censura e rimozione sullo spirito e la pratica femminista. Per questo si segregano, si omettono, si manipolano le motivazioni della trasgressione femminista dei codici di comportamento patriarcali, generate dai rapporti sociali antagonistici propri del femminismo, tentando attraverso il censurato ed il rimosso, la trasposizione, per via semiotica, dentro la donna.

Si vuole, in definitiva, che ogni donna assimili rappresentazioni e concetti elaborati dal patriarcato e si spaccia questa per coscienza spontanea e propria.

Ma la manipolazione borghese delle singole individualità è, sì, reale, ma è altrettanto instabile e mai definitiva, dal momento che è contraddetta, giorno dopo giorno, nel nostro vissuto quotidiano.

Le ideologie non sono finite e non hanno tutte lo stesso segno. Accanto a quelle che sposano la causa del dominio ,di tipo tradizionale o verniciate a nuovo, ce ne sono altre che non sono rivolte al passato o alla sua conservazione, ma sono rivolte al futuro. Magari non hanno forme compiute, ma sicuramente abbozzi di motivazioni altre che si basano su un processo incessante di presa di coscienza delle stesse leggi di formazione della coscienza. La conquista di un tale obiettivo è frutto di una prassi sociale, di una lotta di classe e di genere per scrollarsi di dosso le incrostazioni accumulate in anni di complicità con l’ideologia e la pratica borghese e patriarcale.

Il controllo cosciente del proprio comportamento è una possibilità tutta da conquistare. Coscienza di genere è avere consapevolezza dei complessi meccanismi delle leggi e dei processi di interiorizzazione delle ideologie ufficiali, vecchie e nuove, significa capacità di progettazione consapevole del nostro futuro, significa pratica sociale orientata alla realizzazione delle nostre aspirazioni e alla liberazione di noi tutte.

La coscienza personale non si annulla nella coscienza sociale, ma in questa prende linfa e si arricchisce e si sviluppa e si consolida nel corso della rivoluzione sociale contro tutte le manifestazioni del dominio reale del capitale e del patriarcato.

Il femminismo non è un semplice agire senza scopo, né un conoscere distaccato e contemplativo, è sapere di un genere contro un altro. Come la contrapposizione 

capitale /lavoro è fisiologica, ma non va confusa con la lotta di  classe, così la contrapposizione dei generi non va confusa con la lotta di liberazione.

Il conflitto capitale-lavoro  produce soluzioni corporative, il contrasto di generi produce solo emancipazionismo.

Così come solo la lotta di classe può produrre la liberazione dal dominio del capitale, così solo la lotta di liberazione femminista può produrre l’affrancamento dal patriarcato.

La coscienza di classe e di genere è la consapevolezza degli scopi e sintetizza e determina tutte le pratiche sociali.

Rivoluzione sociale, culturale e totale nell’ambito della metropoli imperialista, è rivoluzione  dei rapporti sociali capitalistici e patriarcali.

Il senso ideologico della lettura socialdemocratica della storia del femminismo è controrivoluzione.

E’ un tentativo di imporre, di riaffermare il dominio capitale-patriarcato attraverso la promozione di singolarità che in cambio della svendita personale si prestino a sottomettere tutte le altre. E il tutto si manifesta in un mutamento delle forme politiche dell’oppressione.

Attraverso la cooptazione personale, che non è altro che merce, si rafforza l’interiorizzazione dei messaggi dell’ideologia dominante.

L’autopromozione non è altro che il comando sul lavoro altrui, è il godimento privato di un privilegio e si manifesta in una cultura che produce alienazione totale, reificazione e morte dei rapporti interpersonali e sociali.

La rivoluzione femminista è produzione di ricchezza e di festa. La prima è realizzazione ed estrinsecazione delle proprie doti, sviluppo delle proprie forze, realizzazione nella sua totalità, la seconda, la festa, non è riposo dalla fatica del lavoro, il sollievo di una pausa temporanea, pausa del tempo di lavoro da dedicare al consumo della merce-illusione, è realizzazione, è una diversa qualità del tempo, tempo disponibile per il pieno, armonioso, onnicomprensivo sviluppo del nostro essere, tempo sottratto alla tirannia del plusvalore, dei ruoli, della produzione-riproduzione.

E’ una concezione rivoluzionaria della ricchezza e della festa.

Per questo è necessaria la domanda: che cosa ricordare a breve e a lungo termine? Come ricordare? Da ciò dipende, infatti, la nostra identità, la nostra legittimità e la stessa possibilità di riprodurre sulla base dei rapporti sociali esistenti quelli futuri o, viceversa, di rivoluzionarli.

L’appropriazione della storia, la sua codificazione, informazioni, testi, linguaggi hanno un carattere che discende da precisi interessi e collocazioni di genere nonché di classe.

E’ da qui che il patriarcato dispiega tutte le sue batterie e le sue truppe cammellate, nella fattispecie le socialdemocratiche, per conservare il monopolio della produzione e della circolazione dei ricordi femministi utilizzati come meccanismi di funzionamento della memoria collettiva.

La produzione dei documenti che devono fornire la base della memoria collettiva è il risultato di scelte e di manipolazioni destinate ad imporre al futuro una visione orientata alla conservazione. La storia, i documenti, la memoria non sono innocenti , servono ad avvertire, ad imporre un punto di vista durevole.

La memoria di un evento, in questo caso, il femminismo, che il patriarcato tenta di imporre, è soprattutto una modellizzazione attiva e costante, è un segno ideologico, deformato, falsificato di ciò a cui dice di riferirsi, un vero e proprio genocidio della nostra storia.

Questo perché l’esistenza sociale è inseparabile dal suo essere comunicato e da come lo è.

Questo è il compito di chi si presta, per motivi personali di autorealizzazione, a regolamentare nell’ambito delle reti femministe, il flusso dell’informazione e del ricordo, selezionando i testi che possono essere ricordati, quelli che devono essere dimenticati e a produrre e a mettere in circolazione testi disinformati, inquinati e sostitutivi al fine di controllare il flusso della nostra vita..

Nella stagione dell’esaltazione del controllo sociale e della sua diffusione capillare, il ricordo, la storia e l’informazione sono sempre più avvelenati e questo non è altro che un modo di produzione.

Tutto ciò passa attraverso la selezione dei fatti, la loro trasformazione e la censura di tutto quello che è stato ed è alterità al dominio.

Dobbiamo chiederci come sia possibile praticare e costruire un futuro se si rinuncia alla memoria. Dobbiamo registrare tutti i linguaggi, far evadere i testi occultati e nascosti, riscoprire la nostra memoria di genere , la nostra ribellione, la cultura che permeava il femminismo, consapevoli che i ricordi, le informazioni, non sono affatto neutre, buone per tutti i generi e per tutte le classi, per tutte le stagioni.

Non dobbiamo mai abbandonare la lotta per la liberazione e questo significa comunicare, dare voce a tutte le lotte del presente come del passato e alle loro ragioni. E’ la conquista di una comunicazione che sappia investire tutti gli aspetti della vita, tutti i rapporti, è progettazione del futuro attraverso le pratiche del presente.

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