“Quando l’istituzione fa la carità”

da scateniamotempeste.wordpress.com in povertà, società

Non lo dico con vanto, anzi con rassegnazione: “pago le tasse”. Il mio contratto a tempo determinato, per poco più di mille euro al mese, dieci mesi l’anno, da lavoratrice dipendente, non mi permette di trovare escamotages per divenire una “evasora” ed è anche sempre più difficile saltare i tornelli in metropolitana, che ora sono in entrata e in uscita. Pago tutto quello che hanno deciso di farmi pagare.
Oltre a pagare le tasse nella busta paga, pago la luce, l’acqua, il gas, l’Iva, la tassa sui rifiuti, l’Imu, le migliaia di accise sulla benzina e non so neppure quanto altro. Il mio stipendio se ne va letteralmente in tasse, imposte, accise, gabelle,a tal punto che, dopo l’ultimo conguaglio del gas, ho deciso che avrei tenuto spento il riscaldamento, nonostante fuori facessero 6 gradi. Così ho fatto e ora ho la febbre, quindi pagherò tasse sui medicinali che mi servono, sia con il ticket che senza.
Vivo nella regione dove la Regione stessa si vanta di fornire la migliore assistenza sanitaria presente in Italia, costosissima. La gente sta cominciando a rifiutare di farsi curare, perché le prestazioni medico-ospedaliere hanno costi impressionanti. L’ho constatato qualche settimana fa di persona: mio padre, pensionato Inps, a poco più di mille euro al mese pure lui, ha pagato la bellezza di 96 euro gli esami del sangue, in un ospedale pubblico. Esami ordinari eh, mica roba complicata. Non si chiama ticket, comunque l’imposta regionale per questi esami era di circa 20 euro e il resto era costo del servizio. Alla faccia del diritto alla salute!
In cambio di tutto ciò, dovremmo avere le migliori strutture sanitarie e i migliori servizi del pianeta! Dovrebbero usufruire delle mie tasse anche le persone marginali, che non possono permettersi nulla… e invece non è così.
Lo sappiamo benissimo che i nostri soldi vanno alle banche, ai palazzi di governo, a tutti gli affiliati di comunione e liberazione, compagnia delle opere e affini, che nella regione fanno da padroni, insomma a tutti quelli dai quali un cittadino e una cittadina con una casa e un lavoro non traggono il minimo beneficio, figuriamoci le figure marginali o a chi proprio cittadino e cittadina non è.
Che poi, a ben pensarci, io certe tasse le vorrei proprio evadere, perché non trovo giusto pagare per avere un tetto sopra la testa o per avere l’acqua corrente. Mia nonna, leva 1919, diceva che l’acqua non si toglie neanche alle bestie, ma la frontiera dell’“evoluzione” ha ben pensato di farci pagare anche quella.
In cambio di ciò, meritiamo carità. Ma anche la carità costa cara! Leggete qui sotto. È estratto da un articolo di Repubblica di ieri, in cui una giornalista entusiasta elogia la giunta milanese, per aver intenzione di creare un supermarket della carità, ops, della solidarietà, parola che va tanto di moda…
“La nuova frontiera della solidarietà milanese si chiamerà Social market. Un luogo dove chi è davvero in gravi difficoltà economiche potrà recarsi per fare la spesa gratis o pagando prezzi molto più bassi rispetto a quelli di mercato. In cambio, chi vorrà, potrà offrirsi come volontario. Pane, latte, prosciutto, biscotti, bevande. Cibi di prima necessità, soprattutto, ma anche indumenti o altri generi essenziali”. All’inizio viene scritto “chi vorrà” potrà offrirsi volontario, poi invece si precisa che in altri luoghi, dove i social market sono già aperti, il volontariato è obbligatorio (!). Il modello è quello del banco alimentare (CL), dove i cittadini e le associazioni di cittadini potranno rimpinguare adeguatamente la grande distribuzione per donare ciò che vogliono ai poveri. Ma ai poveri davvero, perché non si scherza: “E, per evitare che qualcuno possa approfittare dell’iniziativa, verificherà (tramite reddito Isee) il reale stato di bisogno dei ‘clienti’, a cui consegnare la tessera con cui settimanalmente rifornirsi al market”.
Aggiunge l’assessore Majorino: “Mi auguro che la grande distribuzione e gli imprenditori possano dare una mano”, ovviamente con i prodotti in scadenza, che tanto sarebbero da buttare (nell’articolo è scritto un po’ diversamente, ma il senso è questo)!!!! Cioè questa pensata avrebbe costi contenutissimi per il Comune e per la grande distribuzione visibilità.
Invece di effettuare politiche sul lavoro, politiche sulla casa, di fare in modo che assistenza, scuola e sanità non siano un lusso, le nostre istituzioni si danno alla carità, con cui magari rattoppare i bisogni di chi presenta un reddito ISEE (il che, a pensarci, è ridicolo!) per avere in cambio pasta e scatolette di tonno.
Addirittura dribblano le associazioni cattoliche, la cui mission è proprio quella di sostenere i poveri, senza lottare per i diritti di questi stessi.
Lo si sa, ma ribadirlo non può fare male a nessuno: è la vecchia politica della borghesia e non ci può assolutamente appartenere. La cosa assurda è che la mano che da un lato ci affama, facendoci pagare fino all’ultima goccia una crisi che non abbiamo contribuito a creare, dall’altra ci dà un pacco di brioches a 43 centesimi (ovviamente in cambio di almeno 4 ore di lavoro settimanali gratis nello store!).

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