Da “I Nomi delle Cose”, ” Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe” la rubrica di Denis ogni ultimo mercoledì del mese. Puntata di mercoledì 27 marzo
(ANSA) – ANCONA, 23 MAR – Inaugurata oggi ad Ancona la prima statua in
Europa dedicata alle donne vittime di violenza.
‘Violata’, opera di Floriano Ippoliti, e’ frutto di una sinergia tra Regione, associazioni femminili, privati e il Comune di Ancona che l’ha accettata in dono. In un messaggio alla presidente della Commissione regionale Pari Opportunita’, la presidente della Camera Laura Boldrini ha annunciato che solleciterà il Parlamento “affinché si approvi in tempi rapidi una legge contro il femminicidio”.
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Monumento al femminicida ignoto
Tralasciamo, anche se è molto difficile, la qualità dell’opera in questione, sulla quale stenderei un vielo pietoso.
Non so se l’avete vista ma è una specie di puffa gigante svestita con una borsetta in mano, se non facesse piangere farebbe venir da ridere. Qualcuna se ne lamenta definendola come un “offesa alle donne” senza però scendere nel merito. Innanzitutto sarebbe anche ora di farla finita con l’indicare il nudo in generale come “offensivo”, va bene che abbiamo il vaticano a distanza di uno sputo, ma andiamo oltre il cattolicesimo, per favore. Detto ciò, a me sembra che la colpa della statua, e cioè dell’artista, sia per l’ennesima volta di raffigurare una vittima. Ci dovevamo aspettare forse altro? la risposta è no.
Commemorare “le vittime” è una cosa piuttosto diversa dal creare consapevolezza o qualcosa che rappresenti l’impegno contro la violenza.
Per fare un esempio, quando un capo di stato elogia coloro che mandano avanti la società – lavoratrici, lavoratori, eccetera – elogia, appunto, quella loro condizione, dal momento che se non fossero più tali per una questione logica non manderebbero più avanti un bel niente. In tal senso, pensare che il capo di stato in questione voglia tanto bene alle proletarie e ai proletari è di un ingenuità totale: in realtà, elogia la loro oppressione. Quindi, sicuramente non gliene importa un fico secco nè della loro liberazione nè di garantirgli il minimo indispensabile della sopravvivenza, se non per contentino. Allora perché aspettarsi una statua che rappresenti la lotta? non è mica utile al capitale. In momenti di crisi, ovviamente non dal punto di vista mio, ma da quello del capitale, è necessario promuovere casalinghitudine, perché serve la famiglia come ammortizzatore sociale. In tal senso non vengono contemplate nemmeno altre tipologie di famiglie, perché le uniche famiglie utili sono quelle che possono produrre nuovi piccoli sfruttati e consumatori. Il femminismo e le lotte queer smantellano questi puntelli. E quindi via alle distrazioni di massa, che fanno puntare il dito contro le affermazioni di Berlusconi, di Battiato e di chissà chi. Sono schifezze e non è questo che viene messo in dubbio, ma finiscono per scatenare indignazioni da clickattivismo e social network dove ognuno, battendo furiosamente sulla tastiera e pubblicando il commentino arrabbiato, potrà sentirsi meno responsabile di come procede la situazione.
Quindi, è perfettamente coerente che chi non fa nulla per far sì che nessuna venga uccisa, commemori le vittime.
In fondo gli stati hanno monumenti al milite ignoto, e sono gli stessi che mandano gente a farsi macellare per la felicità delle industrie della guerra e per quella di chi può neocolonialisticamente appropriarsi di risorse altrui. Vogliamo immagini che ci rappresentino? realizziamole e appiccichiamole ovunque. Tolgono fondi a centri violenza e consultori? teniamoli in piedi con l’autogestione. Non c’è bisogno dei fondi istituzionali, non c’è bisogno di addomesticamento, non c’è bisogno di autorità e di padroni. L’establishment produce merdosità estetiche? il subvertising esiste anche per questo. E comunque, di un fronte unitario delle donne, senza conflitti di classe ed etnia, come se proletarie e migranti non esistessero, non ce ne facciamo nulla di utile. Intanto, direi che potremmo rinominare questa statua come monumento al femminicida ignoto. E mica tanto ignoto, dopotutto.
Un’ultima considerazione la farei sul concetto di femminicidio in sè, che esclude tutte quelle che, in un modo o nell’altro, non rientrano nel modello sessista della provetta casalinga, schiava ammazzata per sbaglio; è razzista perché le donne di colore non esistono e non vengono considerate, transfobico perché spesso si riconduce l’oppressione a una presunta violenza innata di chi nasce maschio. Per non parlare delle lavoratrici del sesso: secondo qualcuna, è quasi fisiologico che debbano subire violenza. Una legge contro il femminicidio punisce il fatto compiuto, non evitando minimamente spargimenti di sangue, e men che meno fornisce reddito a quelle persone che vogliono emanciparsi da relazioni dove c’è un partner abusante; in sostanza, non serve assolutamente a niente, se non a strumentalizzare questioni femministe per creare ancora più cultura securitaria e ancora più prigioni per tutti e tutte. Esiste il concetto di violenza di genere, molto più ampio e che non si può trascinare per la giacchetta, perché i primi ad esserne colpevoli sono, guarda un po’, le istituzioni e il sistema economico.
Usiamolo.
Denis