La scheda con cui siamo programmate
Breve sintesi delle riflessioni sul paradigma dell’amore romantico dall’assemblea all’interno dell’iniziativa della coordinamenta del 14 febbraio 2013 .
Abbiamo messo insieme alcune riflessioni che sono venute fuori dall’incontro su “L’Amore romantico uccide” del 14 febbraio nello spazio separato del 22 di via Dei Volsci
perché possano essere una base su cui continuare a riflettere!
Riportiamo una serie di interventi che abbiamo cercato di restituire dal dialogo diretto provando a sintetizzarli e a renderli fruibili.
Elisabetta:
Quando abbiamo lanciato questa iniziativa, ci sono arrivati sul blog una serie di commenti, quasi tutti maschili in verità, che ritenevano la nostra posizione semplicista, che dicevano che i sentimenti sono un qualcosa di complesso, che l’amore romantico è bello, che non è possibile buttare a mare i sentimenti perché significa inaridirsi…. e così via.
Quindi ci siamo rese conto che prima di tutto è necessario specificare che cosa intendiamo per paradigma dell’amore romantico.
I sentimenti d’amore sono una cosa bella, come anche la passione, come anche l’attenzione nei riguardi di chi amiamo……ma non è questo. Il paradigma dell’amore romantico è una costruzione culturale che viene da una organizzazione socio-economica, secondo la quale una donna viene educata nell’attesa del così detto principe azzurro, che ormai non è più quello delle favole, ma ha svariate e modernizzate configurazioni, ma è pur sempre quello che completerà la nostra esistenza, senza il quale non siamo compiutamente realizzate. La ricerca della nostra metà deve diventare uno degli obiettivi della nostra vita. Se siamo sole vuol dire che nessuno ci ha volute, che in noi c’è qualcosa che non va, che non saremo mai appagate…..Una mia zia mi diceva da ragazza. .ricordati che una può essere separata, divorziata, vedova ,ma non zitella!! E’ chiaro che lei apparteneva ad un’altra generazione, ma questa impostazione seppure in un contesto modernizzato, non è mai venuta meno.
Ma questa costruzione sociale non c’è sempre stata, e quindi sarebbe il caso di vedere un attimo da dove viene e come è stata costruita………
Margherita:
il tentativo di decostruzione con la rivoluzione d’ottobre e la successiva reimpostazione con il capitalismo di stato ( il moralismo nel Pci fino al ’68), ci fa capire quanto questa impostazione sia funzionale al capitalismo…..
Il sentimento d’amore ha un ruolo psico-sociale fondamentale nella costruzione delle organizzazioni societarie, ed in questo costituisce una cartina tornasole del sistema produttivo: possiamo cioè leggere le varie epoche storiche attraverso lo spazio di espressione e manifestazione che si attribuisce a tale sentimento, motore delle relazioni sociali, e l’impianto morale su cui lo si fonda e scorgeremo la funzionalità che svolge rispetto ai rapporti di forza esistenti.
Esempi
Feudalesimo: amore cavalleresco. Matrimonio e amore all’interno delle classi dominanti sono completamente distinti. Il matrimonio è fondato sull’interesse politico ed economico, mentre l’amore, spogliato della carnalità, costituisce la “molla” dell’eroismo. Vale a dire che il cavaliere, il quale deve compiere gesta eroiche, in battaglia e non solo, e dimostrare continuamente il suo valore, è spinto ad assolvere tale compito grazie all’eterna insoddisfazione del sentimento. Ogni cavaliere infatti elegge una dama irraggiungibile (spesso era la regina stessa, ma anche la moglie di un altro cavaliere) come sua dama del cuore, e combatte vigorosamente per ricevere da quella un gesto di apprezzamento (un fiore, una spilla durante un torneo etc). La passione amorosa non deve essere mai soddisfatta, altrimenti il cavaliere non troverebbe ragioni per affannarsi tanto, mentre la passione carnale viene ridotta ad un mero bisogno fisiologico. Infatti a fare da contro altare all’amore cavalleresco vi è un intero sottobosco di rapporti sessuali, spesso brutali, e degradati appunto al rango di necessità fisiologica (cavalieri, dame, mogli, mariti intrattenevano rapporti sessuali con qualunque persona in qualunque modo a patto però che fosse di classe sociale inferiore).
Borghesia: matrimonio e amore vengono riuniti, come anche sesso e amore. Ciò che determina questo cambiamento sono le esigenze economiche. La famiglia infatti diventa l’unità economica originaria e prima, centro di accumulazione di ricchezza, e mezzo di trasmissione della stessa. All’interno della famiglia deve dunque regnare l’armonia tra i coniugi, altrimenti il patrimonio rischia di essere esposto a frammentazione. Per regnare l’armonia, dunque, anche il sentimento deve trovare dimora nella relazione coniugale, anche se poi spesso nei fatti questo non accade. Questa eventualità però non nuoce all’organizzazione borghese fino a quando i coniugi mantengono una stabile facciata sociale. Il contro altare di questa morale e di questa organizzazione familiare è la prostituzione (e l’adulterio), proprio perchè la fondazione amorosa della famiglia è finzione (ad essere condannata dalla morale borghese è infatti sempre la prostituta, mentre gli uomini vengono incoraggiati sotto banco a tenere vivo il mercato). Ma ancora di più: l’amore borghese è l’amore romantico fondato sui ruoli dicotomici maschile/femminile che separa anche la coppia stessa, questo nucleo primo di accumulazione, dal resto della società proprio come avviene poi su scala più grande: Stato e società devono sempre rimanere distinti. L’amore romantico separa prima l’uomo dalla donna, facendo creder loro di appartenere a due mondi diversi (la donna è sensibile l’uomo è virile, la donna è organizzativa mentre l’uomo è ambizioso, la donna si offende mentre l’uomo viene ferito, lui è calmo lei è isterica…per non parlare degli stereotipi in campo sessuale) e di conseguenza anche le persone tra di loro, considerando i legami solidali assolutamente non necessari. Quando la famiglia comincia a trasformarsi da unità di accumulazione ad unità di consumo alcuni meccanismi cambiano, pur rimanendo inalterate le regole di base (ad esempio la divisione sessuata dei ruoli). Il sistema infatti risponde all’affermazione del divorzio sussumendo questa conquistata libertà e trasformandola in liberalizzazione e consumo dei sentimenti e delle relazioni. Dovendo la famiglia consumare non è più centrale che la famiglia monogamica non si scompagini e i figli naturali vengono equiparati ai figli legittimi. Non conta più infatti che il patrimonio venga trasmesso intatto, quanto piuttosto che il denaro circoli. In campo sentimentale e amoroso tali esigenze economiche vengono tradotte in uno sdoganamento delle relazioni “informali” e del culto dell’individualismo anche in campo sentimentale.
Vittoria :
alcune di queste dinamiche sono presenti fin dalla grecia antica (saffo, aristotele) ma sono indagini sui sentimenti e non costruzione sociale……
Giulia:
questa costruzione intrappola le donne all’interno del rapporto in una sorta di accettazione della sofferenza d’amore, anzi nella convinzione che l’amore è sofferenza ,dedizione, annullamento di se stesse pe far piacere all’altro ribadendo così anche il potere dell’altro su di noi e legittimandolo…quindi tollera, perpetua, incentiva la violenza nella coppia perché la perdita dell’amore, la fine del rapporto, che viene inteso, anche non razionalmente , come definitivo, eterno nel reciproco e ineluttabile completamento, viene sentita come un fallimento sociale e personale.
Quindi è importante analizzare questa costruzione non solo nelle sue manifestazioni eclatanti, come appunto la violenza esplicita, ma nelle piccole cose della quotidianità…….che messe insieme ,una dopo l’altra, giorno dopo giorno, ci avviluppano in un rapporto d’amore inteso come rinuncia a se stesse in funzione dell’altro.
Perché la costruzione dell’amore romantico è fatta per la parte femminile, dato che la controparte maschile della coppia ottiene tutto ciò in maniera gratuita come se gli fosse dovuto, anzi se non lo ottiene si stupisce, si rammarica, rimane basito che quello che gli spetta non gli venga dato…….
Il modello relazionale basato sull’amore romantico induce ad affidare la possibilità di essere felice e sentirsi appagata ad un soggetto al di fuori di sé ed indica con chiarezza che questo soggetto è il /la partner. Questa costruzione intrappola le donne all’interno del rapporto in una sorta di accettazione della sofferenza d’amore, anzi nella convinzione che l’amore è sofferenza, dedizione, sacrificio e annullamento di se stesse per far piacere all’altro ribadendo così anche il potere dell’altro su di noi e legittimandolo. L’ aspirazione ad un rapporto totalizzante e mitico comporta la perdita dei confini individuali e alla condivisione emotiva e materiale con il partner. La progettualità, le aspirazioni, le frequentazioni risultano limitate, se non annullate, in base all’apprezzamento del partner.
Questa condizione tollera, perpetua, incentiva la violenza nella coppia perché la perdita dell’amore, la fine del rapporto (che viene inteso, anche non razionalmente, come definitivo, eterno nel reciproco e ineluttabile completamento) viene sentito come un fallimento sociale e personale.
Quindi è importante analizzare questa costruzione non solo nelle sue manifestazioni eclatanti, come appunto la violenza esplicita, ma nei piccoli eventi della quotidianità. Anche il linguaggio frequentemente usato dagli innamorati, frasi come “siamo una cosa sola” “non posso vivere senza di te” “sei tutto” “sei la mia vita” e via dicendo, esplicano perfettamente il tipo di relazione instaurata tra i partner.
Elena:
l’educazione fin dall’infanzia ha un ruolo importantissimo. Fin dall’infanzia veniamo programmate, attraverso una serie di input, come se ci fosse stata inserita una scheda che inconsapevolmente poi ci portiamo dentro e ci condiziona la vita…..le femminucce vengono educate…..ho delle amiche che hanno delle figlie anche di quattro anni che già rivendicano il fidanzatino, ….principesse e principi azzurri…lavoro di cura…tutto questo poi viene riproposto pesantemente…….
La violenza e il femminicidio sono solo il risultato estremo di quella che è una costante nella società e in particolar modo nel rapporto di coppia.
Fin da bambine l’educazione in famiglia e poi tutti i contesti sociali tendono a definire fortemente i ruoli.
Così nei giochi, nelle attività sportive e culturali in genere le bambine e poi le ragazze vengono indirizzate a sviluppare alcune capacità come ad esempio la cure dall’altro, la sensibilità, l’ascolto mentre vengono fortemente osteggiate in tutte le attività che possono definire la loro autonomia (giochi di cura per le bambine/giochi all’aria aperta e fisici per i bambini).
La costrizione avviene anche da un punto di vista fisico.
Le bambine non vengono incoraggiate a fare attività all’aria aperta, a conoscere il loro corpo e per questo vengono vestite come se non dovessero giocare, correre, cadere.
Tutto questo naturalmente ha un impatto molto forte su quelle che saranno le relazioni affettive di una donna.
Cresciute con la consapevolezza di non valere molto e soprattutto in attesa dell’amore che darà un senso alla nostra vita siamo poi disposte in cambio di questo AMORE a subire tutto.
Anche l’uomo viene educato secondo questo schema rigido.
L’uomo infatti viene privato della possibilità di imparare a percepire e utilizzare le proprie sensibilità. Mi viene in mente ad esempio che quasi mai ai bambini maschi viene regalata una bambola, che invece di per se è il primo gioco con cui anche i bambini imparano a riconoscere chi è più piccolo di loro, a prendersene cura, a proiettarsi su qualcun altro oltre loro stessi.
Non viene neanche educato a prendere contatto con le proprie paure e insicurezze.
Chiaramente però l’uomo non mette in discussione questo modello perché questa strutturazione gli attribuisce un ruolo di potere nella società.
Elisabetta:
negli anni ’70 sono stati fatti dei tentativi di destrutturazione di questo paradigma e del rapporto di coppia soprattutto eteronormato….il neoliberismo ripropone pesantemente i ruoli…. Succede che ragazze si picchino per un ragazzo, che due ragazzi si affrontino per una ragazza…. Tutto questo per noi era impensabile, soltanto noi stesse eravamo autorizzate a decidere di noi e non avremmo delegato nessuno/a a nessun titolo…
Noemi :
ho provato a fare una ricerca sul campo attraverso una serie di interviste a persone, diciamo così, qualunque, non militanti o compagne, ponendo una domanda in particolare “qual è secondo te il principio che dovrebbe guidare i rapporti di coppia e comunque qual è la linea che non si può superare?” la risposta mi ha stupito perché è stata nella quasi totalità “rispettare quando una donna dice di no a qualcosa” questo vuol dire che in automatico tutte/i hanno considerato la parte femminile come assoggettata o comunque disponibile a sacrificarsi……
Poi seguono considerazioni sulla strumentalizzazione della così detta libertà sessuale e libertà dei rapporti….mercificazione ecc.
Elisabetta:
è importante notare che il paradigma dell’amore romantico appartiene ai paesi occidentali e/o comunque a quei paesi dove la donna formalmente è libera di scegliere.
In altri di solito il matrimonio è un contratto, la donna può essere addirittura comprata e venduta e l’amore passa attraverso altre strade, nella nostra organizzazione sociale era quindi necessario dare al contratto dignità ed elevarlo a valore sentimentale e gratificazione di vita perché fosse non solo accettato, ma auspicato…….
Margherita:
ho provato a pormi il problema di come possano essere messi in atto meccanismi di uscita da questa programmazione perchè siamo consapevoli che risponde a precise indicazioni di organizzazione sociale, produttive e riproduttive, e quindi il cambiamento culturale non può prescindere dal cambiamento del modello economico, dato che anche noi che pensiamo di aver preso coscienza siamo comunque condizionate da questa programmazione in cui siamo state inserite.
Laura:
penso che uno dei nodi fondamentali, da mettere in atto, sia la destrutturazione del concetto di coppia, di esclusività nel rapporto, del concetto di proprietà affettiva e di normalità del rapporto etero sessuale e monogamico…..
Dissolvenza…….