Un interessante contributo di Frantic sul Pride di Roma del 23 giugno

Orgoglio di che? Rivoglio Stonewall!

Il 23 giugno si svolge a Roma l’ennesimo Pride per ottenere diritti per la comunità LGBTQI.
Nulla contro la manifestazione in sé, ma in compenso c’è un sacco da dire sulle richieste fatte e sui contenuti. Come individualità anarchica e queer ho letto il documento politico del comitato promotore e trovo piuttosto ridicole le richieste di leggi antiomofobe e protezione a quello stesso Stato che ci fa violenza, oltre che insultarci costantemente per mezzo di tanti dei suoi rappresentanti, che sembrano non poter fare a meno di esternare dichiarazioni assurde; uno fra tutti Giovanardi, per cui è peggiore un bacio fra due ragazze di una persona che espleta i propri bisogni per strada (sarebbe ora, probabilmente, di un pissing lesbico collettivo davanti casa sua, ben più meravigliosamente hardcore dei timidi baci di protesta che sono seguiti a tale delirante affermazione).

Spesso gay, lesbiche, bisessuali e transgender faticano a trovar lavoro, eppure non si sa per quale arcana ragione dovrebbero unirsi al padrone nella lotta in nome dell’interclassismo e devono diventare alibi di guerre imperialiste di importazione di presunte libertà democratiche, come nel caso del pinkwashing made in Israel, ossia la maschera attraverso cui Israele passa all’estero per destinazione assolutamente gay-friendly (cosa che logicamente non è, essendoci in tale stato un sessismo ed un’omofobia dilaganti) mentre bombarda i gay palestinesi, forse per salvarli dalle fondamentaliste grinfie di Hamas. Chissà cosa direbbero i gay palestinesi se fossero vivi; ad ogni modo ci sono ragionevoli dubbi sul fatto che preferiscano le bombe del comunque omofobo stato israeliano all’omofobia di casa loro, a suo tempo alimentata dalla controparte sionista. Ovviamente tutto ciò viene ignorato.

Paradossale il passaggio nel quale si invita a combattere nello spirito di Stonewall salvo poi ripudiare la violenza e invocare democrazia. Agli ignari ed alle ignare: quella di Stonewall fu innanzitutto una rivolta, e nello specifico fu la rivolta che segnò significativamente la nascita di un vero e proprio movimento LGBTQI statunitense. Era pratica comune della polizia fare retate nei bar gay e nei night club, ma la festa fu rovinata da un’attivista transgender, Sylvia Rivera, che lanciò una bottiglia contro un agente dopo essere stata pungolata da quest’ultimo, scatenando uno scontro che vide i poliziotti sopraffatti dalla mischia di persone, giustamente arrabbiate, lì presenti.

È demenziale che un atto del genere venga rivendicato da democratici e democratiche per richiedere riconoscimenti e tutele, oltre che istituzioni e leggi laiche, che sono intrinsecamente abbastanza lontane da quello che si potrebbe definire lo spirito di Stonewall. Un ultimo patetico lamento viene scagliato contro l’austerity e contro la crisi.

Le rivendicazioni “sinceramente democratiche” assumono la funzione di entrata nel sistema dalla porta di servizio dopo accurata operazione mediatica e non di normalizzazione dei corpi e delle identità da parte del patriarcato moralista e bacchettone e straboccante di preti, per il quale puoi essere frocio, ma si deve sapere solo dopo che sei morto (come nel caso di Lucio Dalla) e se possibile devi promuovere machismo e omofobia, altrimenti vai all’inferno.

Se al comando di un lager viene posto un ebreo, esso non cessa di essere un lager: una lesbica a capo di una multinazionale non rende una multinazionale cosa buona, giusta ed auspicabile: continuerà ad opprimerne altre. Il risucchiamento all’interno delle istituzioni di stato e capitale è la tecnica tramite cui si cerca di azzerare il dissenso femminista, queer, migrante e di chiunque altro/a: un caso ad esempio, è l’elezione di Obama che sembra aver debellato la piaga razzista, ma guai a far presente che l’1% della popolazione statunitense è in carcere e che grande parte di questa popolazione carceraria è nera, e che la polizia continua ad accanirsi in particolar modo sugli immigrati, e che il comportamento degli Stati Uniti nei confronti dell’immigrazione, specie con il Messico, è di un nazismo atroce.

I tentativi di slegare le lotte l’una dall’altra e ridurle a semplici richieste di pseudodiritti sono inutili: alcuni gay vengono pestati perchè la loro presentazione di genere è troppo femminile (cosa che denota una considerazione dell’essere femminile come essere inferiore), un uomo trans povero non può acquistare gli ormoni, tante donne non conformi allo stereotipo eteronormativo subiscono stupri “correttivi”. È arrivata l’ora che la nostra stranezza, il nostro essere altro rispetto a quest’ordine sociale diventi occasione di stravolgimento dell’ordine stesso.

effettofarfalla.noblos.org

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Una risposta a Un interessante contributo di Frantic sul Pride di Roma del 23 giugno

  1. trans milano scrive:

    prendiamo esmpio dall’Argentina……

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