Allarme Rosso 22/L’Italia va alla guerra?

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa (CSD) per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17.

– La riunione discuterà il Libro bianco della “difesa” europea, le infrastrutture strategiche nazionali, l’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della guerra italiana.

– Il Consiglio esaminerà l’evoluzione delle principali aree di crisi, con particolare attenzione ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, e alle iniziative di pace internazionali ed europee.

– Il consiglio sarà composto dal PdC Giorgia Meloni e dai ministri di Interni, Esteri, Economia, Guerra, Sviluppo Economico nonché il Capo di Stato Maggiore, il segretario del Consiglio dei Ministri e il segretario del CSD.

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3 Maggio: terzo compleanno di OPS!

Save the date!

3 Maggio: terzo compleanno di OPS!

Da pomeriggio a sera: giochi, performance, musica… presto il programma completo!

A OPS! Occupazione femminista e transfemminsta

misticanza scelta per donne, lesbiche, persone trans, non binarie e frocie.

OPS – Via GIannino Ancillotto, 67 – Roma

https://opsfemminista.noblogs.org/

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Zardins Magnetics del 1 maggio 2025

Zardins Magnetics di giovedì 1 maggio 2025

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

Gli argomenti:

-Per l’analisi e per intervenire e lottare, dalle distorsioni dello stato per coprire le sue responsabilità nelle stragi del Mediterraneo alla possibilità di andare alla radice reale del problema carcere senza fermarsi ai ragionamenti moralistici: capacità di critica e potenza di immaginazione!

Ascolta la diretta:
FM 90.0 MHz
https://radioondefurlane.eu/

Riascolta le trasmissioni passate:
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

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Meglio tardi che mai?

Meglio tardi che mai?

di Nicoletta Poidimani https://www.nicolettapoidimani.it/?p=2260

Per mesi mi sono rifiutata di scrivere in questo mio sito. Ero disgustata tanto dal silenzio complice nel genocidio di palestinesi a Gaza e in Cisgiordania (ma anche delle stragi sioniste e filosioniste in Yemen, Libano e Siria!) quanto dall’ipocrita quanto tardivo svegliarsi di molte/i che fino al giorno prima non facevano che ripetere come mantra “Eh, però il 7 ottobre…”, come se il genocidio in Palestina non fosse in atto, con alterna intensità, da oltre 70 anni.

Oggi ricevo una Lettera aperta della rete Ricerca e Università per la Palestina per la sospensione del bando MAECI 2025 per il finanziamento di progetti di cooperazione industriale tecnologica e scientifica Italia-Israele e leggo la notizia secondo cui si starebbe preparando una March to Gaza internazionale.

Sicuramente due iniziative lodevoli, se non fosse che negli scorsi 571 giorni la striscia di Gaza è stata ridotta a un cumulo di macerie e la sua popolazione – soprattutto donne e bambini, quindi il futuro – è stata scientemente terrorizzata, torturata, decimata, dilianiata, umiliata, bruciata viva, stuprata… Il tutto non solo con la scontata complicità dei governi occidentali – le cui mani grondano di sangue genocida dai tempi della conquista dell’America con tutti i successivi corollari coloniali – ma anche di tutte/i coloro che, pur di non perdere un milligrammo dei propri privilegi, hanno scelto di tacere quando non di schierarsi apertamente dalla parte dei macellai sionisti.

La vera giustizia per la martoriata popolazione palestinese non sta nel delegare ad inutili ricorsi a questa o quella Corte internazionale (qualcuno ci crede ancora? mi domando…) ma nel prendere coscienza che la storia e la ricchezza della modernità capitalista si fondano e navigano su fiumi di sangue dei dannati e delle dannate della terra, di genocidio in genocidio di secolo in secolo. E capire che occorre opporsi fattivamente a tutto ciò, senza se e senza ma.

Come scriveva, nel lontano 1961, J. P. Sartre nella Prefazione ai Dannati della terra di Frantz Fanon: «si vede chiaro che noi siamo i nemici del genere umano; l’élite rivela la sua vera natura: una banda di malfattori. I nostri cari valori perdono le ali; a guardarli da vicino non se ne troverà uno che non sia macchiato di sangue».

Per questo appoggiare incondizionatamente e immediatamente le resistenze dei popoli oppressi è il minimo. Non solo per una giusta e dovuta solidarietà, ma anche per arginare la nostra crescente disumanizzazione – anche come donne, anche come femministe.

I musicisti Muhammad Alhabbash e la figlia Reema nel 2020

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Radio Onda d’Urto/Malapolizia

Ascoltate ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Luigi Mastrodonato, giornalista esperto di carcere e abusi di potere, collaboratore di Internazionale e altre testate, nonché ideatore di Malapolizia

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Abusi in divisa: “Malapolizia”, la prima mappatura online delle morti per mano delle forze dell’ordine

da https://www.osservatoriorepressione.info/abusi-in-divisa-malapolizia-la-prima-mappatura-online-delle-morti-per-mano-delle-forze-dellordine/

MALAPOLIZIA

Quante sono, in Italia, le persone morte durante fermi, controlli o altre operazioni condotte dalle forze dell’ordine?
Al netto dei casi più eclatanti, è difficile dirlo perché, a differenza di altri paesi europei, in Italia le autorità si sono sempre rifiutate di rendere disponibili questi dati.

Per provare a far luce sulla situazione, “colmare il vuoto istituzionale sul tema e favorire un dibattito a proposito degli abusi in divisa”, il giornalista Luigi Mastrodonato ha ideato Malapolizia, la prima mappatura online dei decessi occorsi in Italia durante le operazioni condotte delle forze dell’ordine. Una mappatura, in continuo aggiornamento, che in molti paesi dell’Unione europea è già realtà, anche in rispetto alle prescrizioni dell’Onu.

“Dal 2000 a oggi sono circa 70 i decessi rilevati – scrive sui propri profili social Mastrodonato –  un numero enorme in confronto alle poche storie diventate di dominio pubblico, come quelle di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. Molti dei decessi riguardano persone di origine straniera, sintomo del problema già più volte denunciato anche a livello internazionale della profilazione razziale delle forze dell’ordine italiane”.

Il progetto – che si basa sull’analisi di articoli di giornale, battaglie legali e mobilitazioni sociali – coinvolge realtà e associazioni che si occupano da tempo di abusi in divisa, ma lascia volutamente da parte le morti sospette nelle carceri, offrendo uno strumento di analisi specifica “proprio mentre aumenta la stretta repressiva dell’attuale governo”.

Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Luigi Mastrodonato, giornalista esperto di carcere e abusi di potere, collaboratore di Internazionale e altre testate, nonché ideatore di Malapolizia Ascolta o scarica

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1 maggio 2025/ Contro il lavoro-Ribaltare l’immaginario!

Pubblichiamo alcuni testi sul lavoro e contro il lavoro consapevoli che in una società in cui le persone non trovano lavoro e/o pur lavorando non riescono a sopravvivere può apparire un controsenso, ma non lo è. Il capitale ha sempre l’obiettivo di asservire alle sue necessità i subalterni che sia attraverso il lavoro coatto o quello salariato, quello gratuito o la mancanza di lavoro espellendo dalla società chi ritiene inutile e non adeguato. 

L’unica via da percorrere è quella della consapevolezza di chi siamo noi e chi sono loro, del riconoscimento del nemico, della disubbidienza, della ribellione, del boicottaggio e del sabotaggio, dell’illegalità. In parole poverissime autorganizzarsi e prendere le distanze da tutto quello che la società del capitale propone.

Buon 1 maggio a tutt*!!!

di Giulia

Il mio compagno si sente in dovere di trovare un lavoro: cosa dire alla gente che mi chiede cosa faccio nella vita?? Se uno non ha un lavoro, passa subito per quello scansafatiche…in particolare poi se è un uomo e se riesce a campare grazie allo stipendio della compagna.

Una mia amica vive a casa del fidanzato, ha una piccola entrata fissa e può permettersi di non lavorare! “Che cosa fantastica!” Dico io. Peccato che per la maggior parte delle persone lei venga considerata una mantenuta, addirittura una senza interessi, senza obiettivi, senza un progetto di vita.

Una ragazza rifiuta un lavoro: sottopagato, orari massacranti, mansioni tutt’altro che stimolanti. “Giusto!” Dico io. Ma la maggior parte delle persone la guarderebbe dall’alto in basso, dicendo: ma è pur sempre un Lavoro!!!

Questo mese il mio capo non mi ha dato le ferie che gli ho chiesto. Ma io ci tenevo ad andare, e così mi sono messa in malattia! “Daje!” dico io! Ma la maggior parte delle persone la additerebbe, chiamandola con vari epiteti, da irresponsabile a ladra.

Il lavoro è evidentemente diventato un valore nella società che viviamo.

Eppure il lavoro moderno è caratterizzato da un controllo totale sul lavoratore: vengono imposte mansioni, sono controllati orari di entrata e uscita, luoghi e tempi per eventuali pause, ritmi di lavoro, livelli di produttività. Ma anche aspetto estetico, abbigliamento, atteggiamento, linguaggio…ogni aspetto della vita lavorativa e non, viene normato in maniera totalmente unilaterale. E la protesta o il dissenso vengono repressi repentinamente, attraverso strumenti crudeli come punizioni o ricatti.

Ogni giorno a lavoro contrattiamo la quantità di tempo libero che ci è permesso di avere. Siamo schiave e schiavi per la maggior parte della nostra esistenza. Il lavoro continua a uccidere milioni di persone ogni anno e, se riusciamo a sopravvivere, di certo perdiamo gran parte della nostra capacità di creare, di appassionarci, di conoscere e crescere.

…e tutto questo non viene mai messo in discussione.

Chi mai potrebbe volontariamente sottoporsi a tutto questo? Tutti coloro che nascono in una società che ci prepara alla disciplina, all’ubbidienza e al lavoro attraverso la famiglia, i media, la polizia, la chiesa e la scuola. Da piccoli/e di fanno camminare in fila, ci insegnano il valore dell’ubbidienza e del rispetto delle gerarchie, ci insegnano il valore del sacrificio e della sofferenza in nome di un dio, di una patria, della famiglia. Ci mettono in testa che se troviamo un lavoro, un qualsiasi lavoro, dobbiamo ringraziare chi ce  l’ha dato ed essere felici di fargli le riverenze. Sin da piccole/i veniamo preparati ad essere schiavi-lavoratori serenamente sottomessi e pacifici, così da inserirci perfettamente tra gli ingranaggi del capitale, fieri di esserci e di collaborare al progresso.

Ed è quindi automatico che, non appena qualcun@ scopre di poter essere liber@, di voler uscire da questi ingranaggi, di volersi ribellare ad uno stato fondato sulla schiavitù, venga messo in moto il controllo sociale, che attraverso la morale vuole riportare ogni cosa all’ ordine stabilito dal capitale.

Cambiamola noi la morale. Io personalmente continuerò a vantarmi di ogni volta che non vado a lavoro perché non mi va, a dire a tutti di dare malattia se non hanno le ferie che volevano, a giocare con i miei colleghi e colleghe chiamandoli servi e schiavi ogni volta che si fermano per lo straordinario e a prenderli in giro quando svolgono mansioni che non gli appartengono per fare un piacere al capo…ribaltiamo le regole, liberiamo la nostra vita e ogni volta che ci è concesso sottraiamoci dal lavoro!

La creatività, l’arte, l’amore, la conoscenza necessitano di tempo più di ogni altra cosa se vogliamo ripensare e vivere le nostre vite al di fuori della logica del capitale.

<Il lavoro che non c’è e che non ci sarà più>

Elisabetta Teghil

Il lavoro così come l’abbiamo conosciuto sta sparendo, il lavoro non ci sarà più così come l’ha sempre pensato la società lavorista quella in cui si viveva fino a non molto tempo fa, quella in cui il lavoro rappresentava il titolo normale e pressoché esclusivo di partecipazione alla vita sociale, quello che poteva definire una persona “è un grande lavoratore” oppure ”è uno scioperato, un nullafacente, un ozioso, uno sfaccendato”, quello che faceva, seppure nello sfruttamento capitalistico, l’operaio orgoglioso del proprio lavoro e della propria manualità nella consapevolezza di produrre ricchezza con le proprie mani, quello che smascherato con la teorizzazione del rifiuto del lavoro aveva permesso alla società tutta degli anni ’70 di inseguire desideri e sogni nel tentativo di riprendersi la vita.

Quel lavoro non c’è più e non ci sarà più. Continua a leggere

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Gaza.Il nostro destino è forse scomparire?

Il nostro destino è forse scomparire? Rimanere in silenzio? Morire lentamente?
“Veniamo sterminati, uccisi, lasciati morire di fame, e al mondo semplicemente non importa”.

di Rita Baroud ( Originale in inglese da The New Humanitarian. Traduzione: La Zona Grigia.)
Rita Baroud, giornalista palestinese di 22 anni, scrive articoli semi-regolari per The New Humanitarian sulla sua vita nella Striscia di Gaza durante la campagna militare e l’assedio di Israele

DEIR AL-BALAH, GAZA: Ogni volta che raggiungiamo il punto in cui pensiamo che le cose non possano peggiorare ulteriormente, il limite della nostra capacità di sopravvivere, il limite della nostra sofferenza e disperazione, ci sorprendiamo nello scoprire che c’è ancora di più, che ogni punto più basso è seguito da uno ancora più basso. Questa volta, la fame è tornata a Gaza. E anche la sete è tornata.

Per più di 40 giorni, i valichi sono stati blindati, soffocando quel poco di vita rimasto. Nessun aiuto umanitario è permesso. Nessuna scorta di cibo. Niente passa, solo soldati, bulldozer e carri armati. Pane, acqua e medicine ci sono proibiti, ma il cielo rimane aperto alle bombe.
Gli scaffali dei negozi sono quasi vuoti e i mercati hanno perso il loro significato. Passiamo ore a cercare un sacco di farina, una scatola di fagioli, qualsiasi cosa possiamo mangiare. Ma i prezzi stanno salendo alle stelle e le merci stanno scomparendo rapidamente.
I mercanti speculatori, anziché contribuire alla sopravvivenza, sono diventati complici del nostro soffocamento. Alcuni di loro accumulano beni, aspettando che il bisogno diventi più doloroso, per poi rilasciarli a prezzi spietati. Nessuno osa opporsi. Tutti hanno paura, tutti hanno fame.
Da quando è ripresa un mese fa, la guerra non è stata solo contro le nostre case e i nostri corpi, ma contro le nostre anime. Ci sta attaccando dall’interno. Viviamo senza elettricità, senza rifornimenti. La nostra capacità di comunicare con il mondo esterno è limitata, e anche la nostra capacità di comunicare tra di noi sta vacillando a causa del peso di tutto ciò che abbiamo sopportato. È come se venissimo lentamente cancellati, come se l’obiettivo fosse l’annientamento completo, non solo del luogo, ma di noi come esseri umani.
Le persone sono cambiate. I loro volti sono cambiati. Il silenzio ora prevale sulle parole e le lacrime sono più frequenti della rabbia. Il numero dei martiri sta aumentando a un ritmo terrificante. I bombardamenti sono casuali, senza preavviso, senza motivo. Non ci sono zone sicure, né momenti di riposo.

Io e la mia famiglia non siamo ancora stati costretti a lasciare le nostre case, ma centinaia di migliaia di altre persone lo sono state. La casa parzialmente distrutta in cui viviamo è vicina alle zone che hanno ricevuto l’ordine di evacuare. Sento chiaramente i bombardamenti a Khan Younis e Rafah.
Tutto è terrificante. Il rumore è troppo forte e troppo vicino. La paura mi ha completamente sopraffatta.Più di una volta, ho sentito come se il mio cuore stesse per fermarsi per l’intensità del rumore. ..continua qui la bottegadelbarbieri.org

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25 aprile 2025

Riceviamo dalle compagne friulane  e pubblichiamo per tutt*!!!!!!!

Buona Festa della Liberazione!
una Festa viva, resistente,
     arrabbiata, gioiosa,
     antifascista 

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/ giovedì 24 aprile 2025

Zardins Magnetics di giovedì 24 aprile 2025

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

Gli argomenti:

“Non è MORIRE, è INSORGERE la PAROLA!”
su lotte, liberazioni, insubordinazione

Ascolta la diretta:
FM 90.0 MHz
https://radioondefurlane.eu/

Riascolta le trasmissioni passate:
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

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25 Aprile 2025 a Porta San Paolo

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/giovedì 17 aprile 2025

Zardins Magnetics di giovedì 17 aprile 2025

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

Gli argomenti:

“… non è la legge del valore… è l’ordine, nella forma dello stato, nazionale o sovranazionale, ad imporre il mercato… fondandosi sempre più sull’immaterialità dei beni e sullo spettacolo dei bisogni”
Un intervento di Riccardo d’Este sulla prima Guerra del Golfo, scritto a ridosso di quel conflitto (1991), riemerge e ci parla in modo illuminante della situazione attuale

Ascolta la diretta:
FM 90.0 MHz
https://radioondefurlane.eu/

Riascolta le trasmissioni passate:
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

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Fuori i sionisti dal 25 aprile!

Assemblea pubblica martedì 15 aprile ore 17,30-Aula Majorana facoltà di Fisica alla Sapienza

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Venezia-Mestre, 14 e 15 aprile: Discussione sull’università in guerra a partire dal progetto RePair

Questo il volantino del collettivo sumud  repair (1)

RePAlR: oppressione altamente tecnologica.

L’oppressione che vive il popolo palestinese non è fatta solo di bombe, torture e violenze che l’infame “Israele” perpetua nei suoi confronti; è costituita da un insieme di dinamiche che si sono instaurate in 80 anni di colonialismo d’insediamento.

Una di queste è l’utilizzo delI’archeoIogia per giustificare l’esproprio dei territori palestinesi da parte di Israele. Ma oggi, grazie aII’inteIIigenza artificiale, questa oppressione diventa “altamente tecnologica”. Parliamo del progetto europeo del 2021, chiamato “RePAIR: Recostructing the Past: Artificial Intelligence and Robotics Meet Cultural Heritage”. Tra i collaboratori si trova al primo posto la Ben-Gurion University di lsraele, costruita sui territori palestinesi occupati, ed è coordinato da Ca’ Foscari (con un professore, Marcello Pelillo e quattro ricercatori di Computer Science), in collaborazione con l’università israeliana e il Parco Archeologico di Pompei, l’istituto Tecnologico Italiano e altre università europee.

“La ricerca archeologica israeliana è stata messa al servizio del progetto statale di colonizzazione (…) attraverso lo sviluppo concreto di siti archeologici e scavi nella Palestina storica e, in particolare, nei Territori palestinesi occupati (…), il furto e il saccheggio di manufatti archeologici palestinesi. (…) Queste strategie sono volte a cancellare deliberatamente la storia palestinese e l’attuale presenza palestinese. Lo Stato israeliano sfrutta l’archeologia per legittimare le narrazioni e le rivendicazioni statali sull’intera Palestina storica (…). Non è solo la Soprintendenza per l’archeologia a perpetrare queste pratiche, ma anche gli istituti e i dipadimenti di archeologia” (“Torre di Avorio e d’Acciaio” di Maya Wind).

Il genocidio in corso dimostra che algoritmi e intelligenze artificiali servono innanzitutto a fare la guerra, decretando la morte di migliaia di persone tramite comandi a distanza. Per Israele partecipare a RePAIR significa allenare gli algoritmi qua da “noi”, per poi utilizzare le intelligenze artificiali in maniera più raffinata per opprimere la popolazione palestinese. Questi mesi di genocidio algoritmico non hanno smosso la nostra università a recidere i rapporti con le università israeliane. Il fatto che Ca’ Foscari collabori con la Ben-Gurion University nell’utilizzo di intelligenza artificiale nel campo deII’archeoIogia ci ricorda che le nostre università, i rettori e le rettrici e chi prende parte a questi progetti, sono complici del genocidio in corso. Così come le diverse fondazioni di Leonardo SPA (Fondazione per l’ItaIia e per la scuola italiana), interessate a finanziare la ricerca STEM per indirizzarla verso i propri interessi di guerra, sono complici del clima di guerra che caratterizzerà le nostre vite, visti i rapporti economici e bellici che ci sono tra Leonardo SPA ed Israele.

Partiamo da questo progetto per approfondire i legami tra università e guerra! Lunedì 14 aprile dalle 15 a Ca’ Dolfin (Venezia, vicino Rio Novo e Rettorato) Martedì 15 aprile dalle 15 al campus Scientifico di via Torino (Mestre) Pomeriggi di socialità e confronto contro ricerca ed economia di guerra!

Collettivo sumud

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Trento, 14 aprile: Corteo contro ddl “sicurezza”, guerra, riarmo e in solidarietà con la Palestina

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