Ve la siete presa? Tanto non potete fermare il vento…

Arresti, restrizioni e obblighi di firma: ancora un attacco contro il movimento notav

ve la siete presa?Con un tempismo quantomai sospetto, appena terminate l’elezioni di Torino, sono i pm con l’elmetto a prendersi le luci della ribalta proseguendo nella continua crociata contro i notav.

All’alba di questa mattina è scattata un’ennesima operazione contro il movimento che vede coinvolti 23 notav, tra studenti universitari e ultrasettantenni, residenti in Valle a Torino e in altre città italiane.

Questa volta viene incriminata la giornata del 28 giugno 2015 quando la marcia notav ruppe i divieti e fece cadere reti e barriere con l’orgoglio!

Sono 23 i notav coinvolti in totale e sono:

  • 3 arresti in carcere
    9 arresti domiciliari con le restrizioni
  • per tutti gli altri obblighi di firma (quotidiane per lo più).

Tra i tre notav tradotti al carcere delle Vallette, c’è Fulvio, valligiano degli Npa di 64 anni che ha rifiutato di stare ai domiciliari. Nicoletta e Marisa, colpite dall’obbligo di firma giornaliero, hanno oltre 60 anni.

Ci troveremo questa sera in assemblea  a Bussoleno alle 21 come già previsto, per discutere insieme le prossime iniziative per la liberazione di tutti e tutte, in vista dell’estate di lotta.

Avanti notav!

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Palinsesto del 22/6/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

PALINSESTO di mercoledì 22 GIUGNO 2016

ore 20.00 Apertura “TIRARSI FUORI DAI RUOLI PERSONALI/PRIVATI/SOCIALI E CULTURALI = TIRARSI FUORI DAL DUE PATRIARCALE/ e contestuale della sua REALTA’ CULTURALE E SIMBOLICA TIRARSI FUORI : DIRLO RACCONTARLO VEDERLO E PRATICARLO AUTOCOSCIENZA METODO E DISCIPLINA NEL E DEL PRATICARE IL FUORI= SEPARATISMO” Daniela Pellegrini

Colloquio con Daniela Pellegrini su Autocoscienza e Separatismo

Liberiamoci 1 VI ASPETTIAMO SABATO 25 GIUGNO AL “NIDO DI VESPE”!!!!!!!

Chiusura ore 20.50  La parentesi di Elisabetta ” Resistere”

 
Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.or
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per ascoltarci in streaming
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Renxit

RENXIT

Pubblicato il 20 giugno 2016 · in Schegge taglienti ·

di Alessandra Daniele

 Il governo Renzi è morto.
Naturalmente resterà in carica, l’Italia ha una lunga tradizione di governi zombie, ma la sua morte annunciata, che ha quasi ucciso anche il suo principale sponsor Berlusconi, è ormai irreversibile.
Il ventennio renziano è durato un decimo del previsto da editorialisti, politologi, opinionisti, e leccaculo.
Spacciatosi come arma vincente per il PD Renzi s’è rivelato un handicap.
Nonostante i suoi candidati abbiamo cercato fino all’ultimo di comprare voti all’ingrosso e al dettaglio promettendo nuovi finanziamenti più o meno olimpici, o minacciando il ritiro di quelli già previsti, da nord a sud quasi tutti hanno subito sconfitte clamorose e umilianti.
A Roma la papessa pentastellata Raggi ha travolto Giachetti doppiandolo, ed entrando nella storia come prima sindaca della capitale.
A Torino la placida bocconiana Appendino ha completamente ribaltato il pronostico, consegnando Fassino al Museo Egizio.
A Napoli, dove il PD non è neanche arrivato al ballottaggio, De Magistris s’è aggiudicato un’investitura da leader nazionale.
Il Movimento 5 Stelle ha superato la crisi di crescenza e la paura di vincere sovrapponendo alla grifagna leadership di Beppe Grillo tutta una nuova covata di telegenici cuccioli rampanti dagli occhioni stellati e dai curriculum rassicuranti per la borghesia, ma il PD del Cazzaro non è stato sconfitto soltanto dal movimento che s’è rivelato più bravo di lui al suo stesso gioco, in città come Trieste, Grosseto, Savona, Cosenza e Olbia è stato battuto persino da una destra spappolata, acefala, letteralmente moribonda, resistendo soltanto, e non a caso, asserragliato in quella che fu la roccaforte del craxismo e del berlusconismo: Milano.
Dopo aver accusato tutti i suoi oppositori di abbarbicarsi alle poltrone, Renzi adesso s’aggrappa alla propria. Una disfatta così rovinosa però lo espone alla vendetta interna delle formiche che ha finora calpestato (quella vecchia ditta che è riuscita a conservare il posto a Bologna) e che aspettano ansiose di divorarlo quando cadrà.
La sfida referendaria che gli sembrava così facile da vincere da farne addirittura un’ordalia sul suo destino personale potrebbe davvero segnare la sua fine.
La Renxit è cominciata.

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21 giugno 1978/ collettivi femministi occupano il Policlinico

21 giugno 1978/collettivi femministi occupano il Policlinico

policlinico 1

Il 21 giugno 1978 alcuni collettivi femministi occupano  un reparto della clinica ostetrica del Policlinico di Roma per aprire uno spazio in cui le donne possano mettere in atto le pratiche di autodeterminazione relative alla neonata legge 194 e alla gestione del proprio corpo contro il boicottaggio delle direzioni sanitarie. L’occupazione dura tre mesi. Il 25 settembre il Prof. Marcelli chiede l’intervento della polizia che sgombera la struttura.

Altri collettivi nello stesso periodo avevano fatto una scelta diversa creando strutture autogestite e autofinanziate al di fuori delle strutture pubbliche, nella convinzione che lo Stato è costretto ad adeguarsi solo in presenza di un rapporto di forza determinato dalla capacità di organizzarsi autonomamente.

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Campagna per il NO al referendum di ottobre!

6)Votiamo NO per dire NO alla militarizzazione dei territori!

votare NO

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Sabato 25 giugno al “Nido di Vespe”!!!!

Sabato 25 giugno ore 16,00 presentazione e discussione SEPARATA insieme a Daniela Pellegrini sul suo nuovo libro “LIBERIAMOCI DELLA BESTIA, ovvero di una cultura del cazzo”

e dalle 20,00 APERICENA APERTA A TUTT*!!!!!!!

vi aspettiamo al “Nido di Vespe” via dei Ciceri 131!!!!!!!

Liberiamoci 1

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Un filo rosso: Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

Un filo rosso: Rosa Luxemburg e Ulrike Meinhof

di Elisabetta Teghil

 rosa 2 Ulrike

“No, non voglio essere una delle vostre donne confezionate col cellophane. Non voglio essere presenza tenera di piccole risate e di sorrisi stupidamente allettanti e dovermi sforzare di essere quel tanto triste e ammiccante e al tempo pazza e imprevedibile e poi sciocca e infantile e poi materna e puttana e poi all’istante ridere pudica in falsetto a una vostra immancabile trivialità.” Ulrike Meinhof          

Il libro appena uscito per le Edizioni Gwynplaine  “ Ulrike Meinhof, una vita per la rivoluzione-R.A.F. Teoria e prassi della guerriglia urbana” a cura di Giulia Bausano e Emilio Quadrelli su Ulrike Meinhof e sui documenti della RAF, viene a distanza di 37 anni da quando l’editore Bertani pubblicò “La guerriglia nella metropoli-Testi della RAF e ultime lettere di Ulrike Meinhof.”

In quella occasione in una nota, l’editore rammentò un articolo della stampa mainstream che ipotizzava che in un “covo” erano stati ritrovati degli scritti della RAF con un elenco di nomi fra cui un certo “George Bertein”. Era facile fare il collegamento fra questa presunta scoperta e il nome dell’editore Giorgio Bertani. Naturalmente il giornale che si era prestato a diffondere questa notizia era “La Repubblica” che in quella stagione tanta parte ebbe nell’imporre il termine “covo” e sorvolò sul fatto che la maggior parte dei così detti “covi” erano soltanto sedi di radio democratiche, sedi di gruppi politici o addirittura lo studio o la biblioteca di studiosi di problemi politici tedeschi e che fece in Italia quello che in Germania federale fece il gruppo editoriale Springer.

Bertani nell’edizione italiana riportava la prefazione che Jean Genet aveva fatto per l’analogo libro pubblicato in Francia da Maspero, in cui scriveva “ noi dobbiamo ad Andreas Baader, ad Ulrike Meinhof, Holger Meins, Gudrun Ensslin e a Jan-Carl Raspe , alla RAF in generale di averci fatto comprendere non solo con le parole ma con le loro azioni fuori e dentro le prigioni che solo la violenza può porre fine alla brutalità degli uomini, ma mai in ciò che noi conosciamo di essi, i membri della RAF lasciano che la loro violenza diventi pura brutalità poiché essi sanno che sarebbero immediatamente trasformati in quel nemico che combattono ( …) la RAF stabilisce una evidenza politica che in Europa  viene tenuta nascosta. E’ per questo che la frazione armata rossa è così poco- malgrado la risonanza dei suoi argomenti politici, risonanza soffocata, è vero, da un’azione violenta chiamata qui “terrorismo” (parentesi: ancora una parola, quella di “terrorismo”  che dovrebbe essere applicata anche e prima di tutto alle brutalità di una società borghese)- per questo, dicevamo, è così poco accettata da una certa sinistra?”

La Rote Armee Fraktion   nasce nel 1969/70 dalle correnti di base dell’APO (Opposizione Extraparlamentare) che denunciavano la società tardo nazista in cui vivevano, contrassegnata però da un più raffinato meccanismo di eliminazione (Ausschmerze) e di selezione (Auslese) in un contesto sociale gerarchizzato sulla base del rendimento e in cui la distruzione socio-politica della personalità veniva perseguita così come l’avevano immaginata i nazisti ma con strumenti più raffinati e più invasivi. Il tutto con una sovrastruttura pseudo parlamentare.

La RAF nasce da tanti luoghi e situazioni: dai comitati Black Panthers dell’area di Francoforte, dalla Rosa Bianca dell’area di Amburgo e Hannover, al Collettivo Socialista dei Pazienti ad Heidelberg, ai Ribelli dell’Hashish a Berlino ovest. Questi gruppi erano attivi e le loro azioni erano di vario tipo ma tutte connotate dal rifiuto e dalla violazione della legalità classista. La Rosa Bianca aiutava i disertori e procacciava loro i documenti, altre facevano attentati contro edifici e depositi delle forze di occupazione, altri ancora portavano a termine azioni contro le carceri e gli ospedali psichiatrici. Si facevano irruzioni nei Consolati dei regimi quelli sì terroristici e colonialistici.

Ognuno nell’ambito della propria sensibilità partecipava alla cultura sovversiva che era largamente consolidata nel movimento e che, per la prima volta, aveva trovato punti di contatto con la gioventù sottoproletaria. In questo ambito si fanno notare anche collettivi femministi che partendo dalla condizione propria della donna partecipano attivamente a questa stagione.

Questo è l’humus in cui nasce la RAF a differenza delle Brigate Rosse che nascono nelle fabbriche. E, checché ne dicano i divulgatori della menzogna storica sia dell’una che dell’altra esperienza, nascono da situazioni reali di lotta di classe. Contro le BR, infatti, sarà necessario cooptare il PCI che, fra schedature, delazioni e dossier parteciperà attivamente alla repressione delle avanguardie di fabbrica. Continua a leggere

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Podcast della Trasmissione del 15/6/2016

” I Nomi delle Cose”/Puntata del 15/6/2016

“L’AMORE ROMANTICO:IMMAGINARIO E RUOLO PSICO-SOCIO-ECONOMICO”

 L’ENIGMA DELL’AMORE ROMANTICO/Il potere ipnotico del dominio/L’AMORE COME FATTORE SOCIO ECONOMICO

cura

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“Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato. La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo. Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro. Omosessualità ed eterosessualità sono entrambe condizioni di lavoro.  Ma l’omosessualità è il controllo degli operai sulla produzione, non la fine del lavoro. Più sorrisi?Più soldi. Niente sarà più efficace per distruggere le virtù di un sorriso. Nevrosi, suicidi, desessualizzazione: malattie professionali della casalinga” Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione

“Se prostituirsi è affittare il proprio corpo, sposarsi è venderlo” dal film “E morì con un felafel in mano”

“..Se, nei rapporti d’amore, la passione cieca, assorbente, esigente, perde vigore, se il sentimento di proprietà ed il desiderio egoista di vincolare a sé «per sempre» l’essere amato deperiscono, se la prepotenza maschile e la mostruosa rinuncia della donna al proprio io scompaiono, si assisterà allo sviluppo di altri preziosi aspetti dell’amore: il rafforzamento del rispetto della personalità dell’altro, la attitudine a prendere in considerazione i suoi diritti, lo sviluppo della comprensione reciproca, la crescita dell’aspirazione ad esprimere l’amore non solo con i baci e le carezze, ma anche con l’azione congiunta, con l’unità delle volontà, con la comune opera creativa.”
A .Kollontaj-Largo all’Eros alato

 

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La Parentesi di Elisabetta del 15/6/2016

“IL POTERE IPNOTICO DEL DOMINIO” (Virginia Woolf)

potere ipnotico Il dominio maschile è talmente radicato nell’inconscio, degli uomini e delle donne e di tutt*, che non lo si percepisce più come tale.

E’ tanto in sintonia con le nostre(costruite)attese che è difficile rimetterlo in discussione.

I meccanismi e le istituzioni che compiono l’opera di riproduzione del dominio maschile sono tanti e tante, ma, se dobbiamo individuare due ambiti che svolgono una funzione particolarmente importante, dobbiamo parlare della famiglia e della scuola.

Nel primo ambito, la presenza delle donne è al 50% con quella maschile, nel secondo la quota di presenza femminile è, addirittura, fortemente maggioritaria. Famiglia e scuola sono i luoghi nei quali l’ordine stabilito, con i suoi rapporti di dominio, con i suoi favoritismi, i suoi privilegi e le sue ingiustizie si perpetua e dove le condizioni di esistenza più intollerabili appaiono tanto spesso accettabili o, persino, naturali.

E’ proprio in questi due ambiti dove una lingua, una declinazione, uno stile di vita, un modo di pensare, di parlare, di agire sono un’occasione privilegiata per perpetuare la logica del dominio maschile. Allora è palese che non è la quota di rappresentanza delle donne nelle situazioni di riproduzione dell’eterno maschile che ne mette in discussione i principi fondanti e autoriproduttivi, anzi, in assenza di coscienza di genere, li rafforza.

Occorre una strategia che liberi le forze del cambiamento, incentrata su una lotta politica contro tutte le forme di dominio. E’ questo il passaggio ineludibile.

E non è una posizione ideologica, ma viene dalla nostra esperienza femminista, dall’analisi di quanto è successo da quando abbiamo perso di vista la nostra lotta di liberazione e l’abbiamo barattata con l’emancipazione, contribuendo, così, paradossalmente, al rafforzamento di questa società che tutto vuole tranne che la liberazione degli individui e, perciò, anche delle donne.

Le “quote privilegiate” non sono state create per noi donne. Sono nate negli Stati Uniti per “garantire” percentuali di accesso ai neri/e nelle istituzioni pubbliche e nell’istruzione.

Il presidente degli USA è nero, la percentuale dei neri/e in magistratura e in polizia è uguale, se non superiore , a quella dei bianchi/e, ma i neri /e che sono il 12% degli statunitensi, danno il 60% alla popolazione carceraria, detengono lo 0,3% della ricchezza del paese, la percentuale di proprietari della propria casa si attesta sullo 0,2, l’80% è analfabeta in prima battuta o di ritorno, il 90% non ha accesso alla sanità nazionale.

Evidentemente la strada, non certo della liberazione, ma nemmeno della loro elevazione sociale ed integrazione, non passa attraverso quella che, negli USA, si chiama “discriminazione positiva”. A conferma che le lotte corporative ed i progetti interclassisti, al di là di qualche immediato successo, sono caduchi e rafforzano l’impianto del modello socio-economico nel suo complesso che è fondato sulle discriminazioni di classe, di genere, di razza ed è colmo di ingiustizie sociali.

Dobbiamo fondare le nostre lotte su una analisi delle economie dei beni e dei simboli, materialista e liberatrice ,sfuggendo all’alternativa rovinosa fra il niente o il poco in cambio di tanto, leggendo l’asimmetria tra i sessi come ci ha chiarito la nostra esperienza di femministe: frutto delle condizioni di produzione e della società patriarcale.

“Ottenere nuove leggi non era la preoccupazione principale del Mfl. Il suo scopo era più ambizioso, più utopico. Le leggi sono state il positivo sotto prodotto di un lavoro gratuito, privo di finalità concrete immediate, come la ricerca di base. E se un sottoprodotto è nato, è anche perché non era lo scopo ultimo, o piuttosto perché si mirava più in alto. Questa ambizione “irrealistica” -che si permetteva di mettere fra parentesi la realizzazione immediata- ha prodotto un tale slancio, che alcune cose sono poi state ottenute in concreto.” ( Christine Delphy )

Non è trasfigurando le istituzioni che migliora la nostra condizione di genere oppresso, ma attraverso la capacità di abbattere le costruite differenze tra il maschile e il femminile, smascherando la pretesa di trasformare la storia in natura e l’arbitrio culturale e politico in naturale. Bisogna attuare una rivoluzione tesa a trasformare lo stato attuale dei rapporti di forza materiale e simbolica tra i sessi.

La visione e le proposte interclassiste ci allontanano dal nostro obiettivo che è la liberazione e ci fanno impegnare contro i nostri stessi interessi.

Non ci dobbiamo limitare a rovesciare il rapporto tra la causa e gli effetti, ma tagliarne il filo.

tagliare il filo

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Campagna per il No al referendum di ottobre!

5) Votiamo NO per dire NO alle “guerre umanitarie”

votare NO

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Venerdì 17 giugno@Pellicceria occupata-Genova

incontro federici 17giu BASSA

venerdì 17 giugno @ Pellicceria occupata

Incontro pubblico con Silvia Federici

e presentazione del libro “Calibano e la strega”
Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria.

dalle ore 18.00 // a seguire aperitivo

La caccia alle streghe è stato uno degli avvenimenti più importanti nello sviluppo della società capitalista e nella formazione del proletariato moderno. Ha reso più profonda la divisione tra donne e uomini e ha distrutto un universo di pratiche, credenze e soggetti sociali la cui esistenza era incompatibile con la disciplina capitalista del lavoro, ridefinendo i principali elementi della riproduzione sociale. Al pari del concomitante attacco alla cultura popolare e dell’internamento dei poveri nelle case di lavoro e di correzione, essa è stata un aspetto essenziale dell’accumulazione originaria e della transizione al capitalismo.

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Un dialogo con Silvia Federici

Neoliberismo, riproduzione e comunità. Un dialogo con Silvia Federici tra biografia, politica e pensiero

http://www.iaphitalia.org/neoliberismo-riproduzione-e-comunita-un-dialogo-con-silvia-federici-tra-biografia-politica-e-pensiero/

di Gea Piccardi

Ho incontrato i testi di Silvia Federici quattro anni fa. Mentre in Europa ancora erano in corso le traduzioni, in America Latina i suoi scritti stavano già passando di mano in mano, di assemblea in assemblea, tra collettivi di donne e misti. È stata una compagna italiana, parte del progetto di Universidad de La Tierra a Oaxaca (Messico), a mostrarmi per la prima volta il libro tradotto in spagnolo come Caliban y la bruja. Mi disse poche parole, semplici ed efficaci. Quel libro, disse, avrebbe permesso di ripensare la nascita  dell’economia mondo capitalistica e degli Stati Nazione come un fenomeno di colonizzazione interna allo stesso territorio europeo, avvenuta sui corpi delle donne, terreno strategico di sfruttamento e appropriazione. Pochi mesi dopo, a Buones Aires, un’altra compagna mi raccontò che quell’anno, nella loro assemblea presso una villa di periferia, avevano letto e studiato insieme Caliban y la bruja, trovandovi strumenti fondamentali per l’elaborazione di un’azione politica femminista e postcoloniale.

Da allora, con alcune compagne, amiche e ricercatrici abbiamo cominciato a lavorare, qui in Italia, sui testi di Federici. Uno dei termini su cui ci siamo maggiormente imbattute è quello di «riproduzione», concetto che Federici comincia ad indagare con il collettivo padovano di  Lotta Femminista dentro alle lotte delle donne negli anni Settanta. La loro analisi sul lavoro domestico e riproduttivo all’interno delle società capitalistiche occidentali ha permesso alla parola «riproduzione» di indicare via via molteplici campi semantici non riducibili al solo linguaggio della biologia o al concetto marxiano di «riproduzione sociale». Ha permesso di spostare l’attenzione teorica e politica dalla relazione capitale-lavoro centrata sullo sfruttamento del salariato, alle condizioni di possibilità di quella stessa relazione che risiedono altrove, in quello spazio – fino ad allora senza tempo e senza storia – della casa, del privato e delle reazioni sessuali, per indagarne le grammatiche specifiche. Finalmente oggi, anche in Italia, siamo in grado di poter ricostruire i passaggi della ricerca di Silvia Federici, grazie a un lavoro di traduzione e diffusione dei suoi testi avvenuto negli ultimi tre anni.  È infatti di recente pubblicazione  l’ultimo libro di Federici, Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, curato da Mimesis. L’impegno di compagne e compagni in diverse città ci ha offerto la possibilità, qualche settimana fa, d’incontrare l’autrice in Italia, nelle università e negli spazi sociali.

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militariallaquila@anche.no

SULLO STUPRO NON CONTATE SUL NOSTRO SILENZIO!

Il 12 febbraio del 2012 a L’aquila, Rosa viene stuprata e lasciata
agonizzante in mezzo alla neve dal militare dell’operazione “strade
sicure”, Francesco Tuccia.  In aula verrà difeso dagli avvocati Antonio
Valentini e Alberico Villani. A sostenere Rosa, dentro e fuori le aule
dei Tribunali ci sono centinaia di donne, sia del L’aquila che
provenienti da altre città, molte da Roma. Siamo uscite in massa quando
l’avv. Valentini ha pronunciato la frase “consenso reciproco” e portato
avanti una difesa ancora incentrata sul rafforzare la cultura dello
stupro.
A novembre del 2015 l’avv. Antonio Valentini viene invitato a parlare da
un’associazione abruzzese alla Casa Internazionale delle donne di Roma,
che con una lettera pubblica, revoca la partecipazione di siffatto
personaggio, dando seguito alle decine di mail e telefonate di donne che
si erano espresse in questo senso in quei giorni. Una di queste mail che
avremmo potuto scrivere e abbiamo scritta ognuna di noi è quella che
riportiamo sotto. Il 13 novembre il convegno sulla commissione Grandi
Rischi  “Verso la Cassazione” si svolge regolarmente in assenza del
difensore di Tuccia, ma il 18 maggio 2016 il pm dell’Aquila firma un
ordine di sequestro di tutto il materiale tecnologico ad una compagna di
Roma, che aveva diffuso a mezzo chat la mail che riportiamo qui sotto.
La donna verrà denunciata dall’avv. Antonio Valentini per diffamazione
aggravata. Continua a leggere

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Palinsesto del 15/6/2016

ANNO IV-2015/2016 I NOMI DELLE COSE la trasmissione della Coordinamenta femminista e lesbica tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00 sugli 87.90 di radio onda rossa

PALINSESTO di mercoledì 15 GIUGNO 2016

L’AMORE ROMANTICO:IMMAGINARIO E RUOLO PSICO-SOCIO-ECONOMICO

ore 20.00 Apertura  L'<enigma dell’amore>(…) Nelle differenti tappe del suo sviluppo storico, l’umanità ha tentato di risolvere la questione in diversi modi. Le chiavi cambiano, ma l'<enigma> rimane tale. Esse dipendono dall’epoca, dalla classe, <dallo spirito del tempo> (la cultura).” A. Kollontaj; Largo all’Eros alato

“Quando si dice che l’amore è cieco meglio sapere chi gli ha cavato gli occhi” Daniela Pellegrini, Liberiamoci della bestia: ovvero di una cultura del cazzo

ore 20,10  PARTE PRIMA : L’ENIGMA DELL’AMORE ROMANTICO

meta della mela

ore 20.30 La parentesi di Elisabetta ” Il potere ipnotico del dominio/Virginia Woolf”

ore 20,35  PARTE SECONDA  :L’AMORE COME FATTORE SOCIO ECONOMICO

“Lo chiamano amore. Noi lo chiamiamo lavoro non pagato. La chiamano frigidità. Noi la chiamiamo assenteismo. Ogni volta che restiamo incinte contro la nostra volontà è un incidente sul lavoro. Omosessualità ed eterosessualità sono entrambe condizioni di lavoro.  Ma l’omosessualità è il controllo degli operai sulla produzione, non la fine del lavoro. Più sorrisi?Più soldi. Niente sarà più efficace per distruggere le virtù di un sorriso. Nevrosi, suicidi, desessualizzazione: malattie professionali della casalinga” Silvia Federici, Il punto zero della rivoluzione”

“Se prostituirsi è affittare il proprio corpo, sposarsi è venderlo” dal film “E morì con un felafel in mano”

Ciao a tutte, le coordinamente coordinamenta@autistiche.org
per riascoltare la trasmissione e per leggere i documenti
per ascoltarci in streaming
www.ondarossa.info cliccando “ascolta la diretta
Pagina di crowdfunding per una sottoscrizione
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https://www.produzionidalbasso.com/project/radio-onda-rossa-la-radio-di-chi-se-la-sente/

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Venerdì 17 Giugno/Ulrike Meinhof

Locandina Ulrike

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