Una breve guida ai principali disturbi della gravidanza….
di G.
- La totale accettazione della società. Si tratta del primo vero disturbo con il quale mi sono confrontata dall’inizio della gravidanza. Comunicare ad amici e parenti di essere rimasta incinta è stata un’esperienza rivelatoria. Per la prima volta nella mia vita (almeno per quanto riguarda i miei ricordi) ho sperimentato una strana ebrezza: quella di rendere contente e soddisfatte tutte le persone alle quali raccontavo qualcosa di me. La chiamo ebrezza perché la percepivo così, una specie di esaltazione: io raccontavo qualcosa della mia vita e nessuno aveva nulla in contrario, mi giudicava, si preoccupava…nulla. Accettazione totale. Non era mai successo…nella mia vita ho raggiunto molti traguardi e fatto diverse esperienze delle quali vado fiera. E sempre ho avuto , da parte di qualcuno, un certo margine di disapprovazione; una disapprovazione che voglio e che cerco, perché nella maggior parte dei casi ti fa capire che stai andando nella giusta direzione, contro come ti vorrebbero normare, diversamente da come ti immaginano gli altri. Ma vi assicuro che, almeno per breve tempo, questa sorta di pacificazione con il mondo che mi circonda, l’ho percepita come un tepore: incredibilmente avvenente il fatto che tutt* siano fieri di te. Salvo poi rendermi conto che è uno dei modi usati dalla società per invogliarmi ad entrare nel mio ruolo di donna, di colei che da la vita: che strategia sottile ed efficace, banale ma persuasiva, farmi sentire accettata per la prima volta nella mia vita per qualcosa che faccio! La cosa più inquietante è che a questo tentativo di plagio del mio essere, prendono parte più o meno inconsapevolmente, ma assolutamente in maniera attiva, quasi tutt* coloro che mi circondano…Appena me ne sono resa conto, ho sperimentato la prima, potente nausea della mia gravidanza: aver dato l’idea a chi mi circonda di essere finalmente rientrata nel mio ruolo. Fortuna che è rimasta qualche compagna che, al mio annuncio, è rimasta terrorizzata prima di farmi gli auguri!
- Il diritto di riposare. È risaputo, una donna in gravidanza non si deve stancare. Non importa quali siano le circostanze in cui si trova e le relative necessità, i suoi bisogni e desideri, il suo sentire: una donna in gravidanza deve riposare. Ho ovviamente accolto con favore la mia possibilità di poter vivere senza la violenza delle giornate scandite dai ritmi del lavoro e della produttività, senza orari, senza corse…salvo poi sperimentare una nuova, potente nausea: la consapevolezza che finchè non ero incinta, il mio diritto a riposare, il bisogno di seguire i ritmi del mio corpo veniva visto all’esterno come esercizio di pigrizia e meschinità. Ora, solo ora che sono in attesa di procreare, quello che dovrebbe essere un naturale diritto di tutti gli uomini e le donne esistenti e che invece da centinaia di anni viene impedito dalle prioritarie esigenze del capitale, mi viene concesso. Ma c’è di più: non è solo concesso, è imposto. Qualora una donna incinta abbia voglia di una bella vacanza on the road, di una passeggiata in alta montagna, di partecipare ad un corteo, o qualunque altra cosa che possa affaticarla fisicamente, è tacciata subito di irresponsabilità ed egoismo. È stato il primo indizio che mi ha suggerito che non sono più percepita come donna, ma come una sorta di incubatrice vivente, con il dovere di cancellare ogni passione o desiderio che possa in qualche modo ledere all’essere in formazione nel mio utero.
- Il ginecologo. Si tratta della figura più inutile che s’incontra durante una gravidanza fisiologica. Soprattutto se della razza che esercita il proprio lavoro in studio privato e che, per 80 euro senza fattura, prescrive e legge esami del sangue e poi sorride dicendo: “ci vediamo tra un mese!”. Ok, direte voi, ma ci sono anche i ginecologi negli ospedali pubblici e nei consultori: nulla di più vero. Loro almeno non hanno parcelle salate. Ma questo non cancella la loro completa inutilità, né cambia il ruolo che assumono impropriamente se la mia gravidanza procede in maniera fisiologica. Il ginecologo è il personaggio chiave della medicalizzazione imposta sulle nostre vite, che si fa forte ed evidente quando si rimane incinta. Tutto il corpo della donna all’improvviso è meritevole di essere sondato, misurato, controllato. Dal test di gravidanza positivo fino al parto, la donna viene trattata come una persona malata, oltre che sottoposta a pratiche non esenti da effetti collaterali negativi (ad esempio, l’abuso di esami ecografici). Il reale problema che ho riscontrato è che tutte queste pratiche si sono contrapposte e, in breve tempo, sostituite alle conoscenze delle donne. Quanto sapere dovremmo avere accumulato in migliaia di anni di parti spontanei e naturali? Quanta consapevolezza dei cambiamenti che attraversa il nostro corpo dovremmo ormai avere? Io penso che il sapere e il controllo della gravidanza e del parto dovrebbero essere totalmente nelle mani delle donne. Il ginecologo dovrebbe esercitare la propria professione esclusivamente nel proprio campo d’intervento che è quello della patologia. E invece ciò che si registra è tutto il contrario: la ricerca di informazioni e conoscenze slegate dagli interessi medico-sanitari è non solo faticosa, quanto spesso non alla portata di tutte. La letteratura è difficilmente reperibile, tutte le donne intorno a me hanno subito gravidanze e parti medicalizzati (la gran parte senza rendersene conto); la figura dell’ostetrica, in alcuni virtuosi casi, può essere un punto di riferimento nella ricerca, ma non si tratta di un sapere trasmesso gratuitamente.Sembra quasi un atto di coraggio oggi quello di opporsi alla medicalizzazione della gravidanza e, anche in questo caso, si viene facilmente accusate di irresponsabilità e di egoismo dalle persone che ci circondano. Il mio appello è forte, verso tutte le donne: necessitiamo di accumulare e condividere saperi per liberare i nostri corpi e le nostre menti da una medicalizzazione sempre più violenta e invadente.
- Prenatal e co. Come non aggiungere all’elenco dei principali fattori di malessere, tutto il commercio che gira intorno alla nascita? Non ero mai entrata in un negozio per la prima infanzia fino a qualche mese fa, quando ho deciso che avrei voluto comprare un passeggino. In ogni negozio nel quale sono entrata ho vissuto un’esperienza penosa; strani aggeggi “tecnologicamente all’avanguardia” sono stati messi a punto in vista di qualsiasi evento spontaneo e naturale debba accadere: improbabile biancheria intima per la gestante e per l’allattamento, strumenti di ogni forma e colore per bagnetto, pappa, pipì e cacca del/la bimb@, passeggini per il trekking e da corsa da migliaia di euro, kit sicurezza per ogni angolo della casa, materassini e biancheria anti soffocamento, nonché vere e proprie polizze assicurative in vendita prima delle casse…per non parlare poi degli abiti per neonati/e, che meriteranno in futuro un articolo a parte!
Una mensione speciale, però, va fatta ad una negozio in particolare: Prenatal.
Prenatal può addirittura vantare di avere un “centro studi” per le tematiche legate alla maternità e all’infanzia. I risultati dei loro studi sono ampiamente divulgati tramite incontri gratuiti rivolti alle future mamme ed opuscoli informativi distribuiti da sorridenti e logorroiche commesse.
Ai loro incontri non ho partecipato (di nausea ne ho avuta abbastanza!) ma da una rapida analisi delle brochure e da quattro chiacchiere con alcune donne che vi hanno partecipato, ho afferrato il nucleo di questi appuntamenti: convincere le donne che per una gravidanza sicura e tranquilla e per un degno benvenuto al/la nascitur@ bisogna cominciare ad acquistare compulsivamente una marea di prodotti indispensabili, guardacaso in vendita proprio nei negozi Prenatal (e magari anche in offerta promozionale) ed aprire una “lista nascita” per i regali (mi hanno dato una vera e propria check-list con quadratini da spuntare dopo l’acquisto!); il tutto condito da qualche consiglio tecnico, sempre per gli acquisti.
Gli opuscoli informativi sono un altro capitolo disarmante. Mi hanno regalato “il diario della gravidanza”, un libretto di un centinaio di pagine con la pretesa di aiutare a vivere una gravidanza serena e consapevole. Ecco di seguito i messaggi che veicola, arricchiti da tante foto, disegni e spazi per gli appunti:
- Non importa che tu ti senta male in gravidanza; sopporta questi disagi con la consapevolezza che a soffrire sei solo tu, non il tuo bambino!
- Non importa ciò che senti o quello che pensi, o le informazioni che puoi trovare in rete o sui libri: chiedi tutto al tuo ginecologo, conta solo la sua opinione!
- Sii felice: ci sono effetti collaterali molto positivi in gravidanza, anche “particolarmente apprezzati dai papà: sarai più bella di settimana in settimana!” (con tutta una serie di consigli per esaltare pancione e seno “che sta vivendo giorni di gloria!”)
- Se sei una donna single o lesbica, smetti pure di leggere: è tutto declinato verso la coppia e rigorosamente etero! E chiudi il libretto anche se sei triste o hai paura: non è preso in considerazione che potresti non aver desiderato un figlio prima di trovartelo nell’utero!
- Tutto ciò che una donna in gravidanza deve fare è stare tranquilla, punto. Al massimo “convogliare tutta la tua energia sui particolari e sugli acquisti per il piccolo” e si raccomanda che se ti venisse voglia di fare qualcosa di creativo nell’eventuale cameretta di tu@ figli@ “metti da parte i tuoi impulsi artistici!”
- e per finire…”chi ti terrà compagnia dal travaglio in poi?” Se hai un compagno, non affrettarti a rispondere –Lui!- perché potrebbe essere un’incombenza che, poverino, non desidera.
Una perfetta sintesi di quello che la maternità rappresenta oggi nella vita delle donne e del suo impatto sociale.
Ho odiato le nausee gravidiche e tutti i fastidi, problemi e limitazioni che ho provato da quando sono incinta: ma nulla è stato tanto insopportabile quanto quello che ho elencato in questa lista, i veri disturbi della gravidanza.