La Parentesi di Elisabetta del 7/2/2018

“Il fascismo, quello di oggi.”

L’Europa si sta spostando a destra, l’Italia si sta spostando a destra, tutto il mondo così detto occidentale è percorso da questa trasformazione. E’ vero, ma perché?

Le analisi che vanno per la maggiore ci dicono che le politiche dei governi che si sono succeduti in questi anni, principalmente socialdemocratici riformisti, cioè PD nella svariate accezioni che ha assunto via via e con gli annessi, connessi e collaterali al seguito,  politiche di precarizzazione, di impoverimento generalizzato di vasti strati della popolazione, di tagli allo Stato sociale, hanno spinto alla guerra fra poveri e hanno dato spazio e agio ai fascisti, nelle loro varie sfumature, per potersi proporre come difensori di un’italianità da contrapporre ai migranti accusati di portare via il lavoro, di distruggere l’identità della popolazione, di essere violenti, sporchi e manovalanza di organizzazioni delinquenziali. Da sempre i fascisti, che non sono una scheggia impazzita all’interno di una società democratica, ma sono uno degli strumenti che la borghesia usa quando è in difficoltà, vengono sdoganati per affossare movimenti sociali e antagonisti. In questo modo i governi così detti “democratici” ottengono due obiettivi, sfiancare i tentativi di rivolta e porsi come elemento di equilibrio e saggezza politica di fronte al dilagare della violenza fra opposti estremismi. La melassa del “politicamente corretto” ha fatto sì, poi, che la sinistra in generale nel comune sentire sia stata accomunata e percepita come imbelle, ipocrita e lontana dai reali bisogni della popolazione oltre che artefice della situazione di disagio generalizzato e profondo in cui versa la stragrande maggioranza delle persone.

La ragione vera è che la socialdemocrazia riformista, PD in testa, ha operato una trasformazione profonda del comune sentire. I principi fondanti del neoliberismo, di cui il PD con i suoi gregari è stato ed è il principale naturalizzatore, sono principi socio-economici-politici esplicitamente fascisti, ma sono stati veicolati attraverso linguaggi, segni, segnali, modalità, parole, atteggiamenti e strumenti tradizionalmente di sinistra. Questo ha fatto sì che alle persone non sia sembrato vero di potersi ammantare di una collocazione di sinistra, che ci sta sempre bene ed è un fantastico alibi, e assimilare, rimbalzare, fare propri, discorsi profondamente reazionari, perbenisti, forcaioli.

Questa è stata la grande vittoria del neoliberismo, l’aver costruito un’egemonia culturale improntata ad un pensiero di destra profonda in cui dominano il culto della legalità, il darwinismo sociale, il razzismo, l’individualismo sfrenato, il culto dell’arrivismo e della meritocrazia, la deferenza per l’autorità e la gerarchia, la superiorità del mondo occidentale rispetto agli altri popoli propagandata dalle guerre “umanitarie” e che spinge all’odio razziale, usando gli strumenti e il lessico portati in dote dalla socialdemocrazia.

Come dice Magua ne “L’ultimo dei Mohicani “è Capello Grigio la causa di tutto questo e Magua non avrà pace finché anche il seme di Capello Grigio non sarà morto”.

Al di là delle belle parole e dei principi sbandierati, la popolazione italiana, ma non fa eccezione nel contesto occidentale, è informata e impregnata da valori e principi fascisti.

Il fascismo è improntato a dei principi fondanti precisi e l’ideologia neoliberista, che si muove con modalità specifiche, applica concetti fascisti e nazisti nella maniera che le è più congeniale, dato che ha assunto l’armamentario lessicale e formale della socialdemocrazia. Tutto il bagaglio culturale della così detta sinistra viene assunto, rimasticato ed usato in un’aberrazione di società, quella che può essere definita dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista, dell’antifascismo fascista.

Prima di tutto il fascismo, come anche il nazismo, è caratterizzato dal governo diretto dei potentati economici. Questo comporta la riduzione e poi l’annullamento delle forme di mediazione politica che la forma borghese così detta “democratica” prevede: partiti, sindacati…le stesse camere parlamentari…che dovrebbero fare da filtro tra i cittadini e il potere e attraverso le quali con lo strumento del voto si dovrebbero poter definire sia gli assetti dello Stato, sia il tipo e la durata della delega politica.

La progressiva scomparsa di queste strutture di mediazione avviene attraverso campagne di demonizzazione del fare politico, con la denuncia della corruzione e del lassismo che attraverserebbero le istituzioni, con lo spauracchio dell’impossibilità di governare, con lo sbandieramento dell’insicurezza sociale che risulterebbe da una mancanza di decisionismo e di fattibilità concreta. Viene, quindi, auspicata una semplificazione funzionale della struttura politica e l’accentramento del potere in poche mani, con un personaggio politico di riferimento che incarni lo Stato.

E, infatti, è in atto, da diversi anni ormai, una demonizzazione del fare politico mediante concetti che pensavamo appartenessero ad un altro tempo e non certo ad una società che ha attraversato le lotte degli anni ’60 e ’70, concetti come “la politica è sporca”, “i partiti sono tutti uguali”, “sono tutti un magna-magna”, “non esistono più la destra e la sinistra”… e che sono, invece, passati nel comune sentire. Un susseguirsi di scandali e di ruberie, di spese fatte con le carte di credito istituzionali, di privilegi e di prebende, scoperte attraverso le intercettazioni telefoniche diventate strumento fondante di qualsiasi indagine o attraverso le denunce anonime, che spingono il cittadino/a a scagliarsi contro la “casta”. Ma tutto questo c’è sempre stato, solo che nessuno aveva interesse a tirarlo fuori o se qualche volta qualcosa veniva a galla, veniva subito insabbiato. Allora perché adesso? Perché in questo modo è stato possibile, con il consenso di tutti, sinistra antagonista compresa, togliere l’immunità parlamentare, un elemento chiave della democrazia parlamentare borghese (e non solo, dato che i tribuni della plebe appartengono a tutt’altro tempo) che tutela la minoranza, facendo dimenticare ai cittadini che sarà proprio chi si batte contro le ingiustizie, contro le differenze sociali… che non sarà eletto perché occupare una casa, attaccarsi abusivamente alla corrente e via discorrendo sono tutti reati penali e che, comunque, la possibilità di eliminare in questo modo un avversario apre ad un imbarbarimento profondo del fare politico.

Poi, la società fascista è caratterizzata da una rigida collocazione di classe: la conflittualità fra le classi è demonizzata e/o taciuta, a seconda delle esigenze, perché ognuno nel posto che gli viene assegnato nel sociale, deve contribuire alla grandezza della così detta “patria” dove non esisterebbero più sfruttati e sfruttatori bensì persone che, ognuna nel suo ruolo, dovrebbero remare nella stessa direzione e, chiaramente, se qualcuno ha un posto di comando o è ricco, è perché o è più intelligente o è più capace.

Ne deriva l’esaltazione del ruolo di comando, in tutti gli ambiti, una forte gerarchizzazione e ruolizzazione della società e della famiglia in cui i ruoli sessuati vengono fortemente ribaditi…mito della virilità, della madre, condanna dei comportamenti sessuali “anomali”…chiaramente ora questi assunti si sono modificati, c’è un continua attenzione strumentale alle donne, alle diversità sessuali, ma non sono cambiati nella sostanza, anzi sembrano tornati in auge gli aspetti più inquietanti degli anni ’50, il ritorno alla maternità, il Fertility Day, il rosa, le regine, le programmazioni TV per casalinghe disperate o per donne spremute come limoni da lavori al limite della sopportazione che sognano di diventare principesse. I conflitti sociali dovrebbero essere risolti con la “democraticità del confronto”, con la “civile convivenza”, con la “serena tolleranza delle posizioni altrui” e qualsiasi tentativo di ribellione allo stato di cose presenti viene privato così di dignità politica e trascinato nella sfera delinquenziale.

Chi non rema nella direzione auspicata, non è portatore di una visione diversa, bensì un nemico. Il dissenso viene quindi affrontato in maniera poliziesca e il controllo sociale è serrato a tutti i livelli. I decreti Minniti sono solo l’ultimo atto di un lungo percorso che ha visto susseguirsi politiche securitarie, militarizzazione dei territori e persecuzione dei poveri e dei/delle migranti. Vengono coltivate ed esaltate nella società le caratteristiche peggiori dell’essere umano: servilismo, delazione, autocensura, controllo del vicino di casa e del collega di lavoro, autocontrollo comportamentale.

La pretesa di controllare la vita di tutti e di tutte è la diretta conseguenza di un rigido codice che infantilizza la popolazione e spinge all’obbedienza senza critica, vale a dire che la legge, la legalità e quindi lo Stato sono depositari della morale e della verità.

L’esaltazione di una nazione, di un territorio, di una gente che si deve sentire superiore, chiaramente spinge al razzismo che viene, infatti, teorizzato ed enfatizzato e fornisce lo strumento per garantire agli strati poveri e subalterni della società quella rivincita che altrimenti potrebbero cercare altrove.

I soggetti “inferiori”, “sgraditi”, quelli fuori dalla norma vengono internati. I campi di internamento rispondono prima ancora che alla costrizione di soggetti politici dissidenti, al contenimento delle soggettività “anomale” o “inferiori” dal punto di vista razziale, sessuale, sociale…. E infatti la nostra società prevede i campi di internamento. Ora si chiamano CPR, ma si sono chiamati Cpt, Cie e sono stati istituiti dalla Legge Turco-Napolitano nel 1998 che ha introdotto il concetto di detenzione amministrativa per cui si è internati/e non per aver commesso un reato ma per una condizione. Ora sono destinati ai migranti irregolari, ma potranno essere usati per chiunque risulti non gradito al sistema.

Il razzismo è un connotato saliente della società neoliberista. Come anche la guerra.

In questo contesto la guerra, momento fondante dell’ideologia fascista, ridiventa scenario abituale. Nella sostanza la violenza diventa asse portante della risoluzione dei conflitti sul fronte interno nei rapporti fra cittadini e Stato e sul fronte esterno nei rapporti tra le Nazioni e con i popoli ritenuti inferiori e quindi colonizzabili, dove l’occidente dovrebbe esprimere la sua missione di esportatore di democrazia.

E la socialdemocrazia riformista, nella migliore tradizione fascista, si pone come il partito del fare. E’ riuscita ad azzerare in poco tempo, con un efficientismo degno di miglior causa, lo stato sociale, a trasformare la scuola in un dispositivo fortemente gerarchizzato, autoritario, meritocratico dove la delazione e la denuncia regnano sovrane e dove, basta guardare agli ultimi avvenimenti in alcuni licei, vengono chiamati i carabinieri a ristabilire l‘ordine interno.

Assistiamo ad un trascinamento evidente dallo Stato di diritto allo Stato etico, di nazista memoria, attuato attraverso il politicamente corretto. Il neoliberismo si arroga il diritto di normare ogni aspetto della nostra vita, compresi i più banali atti della vita quotidiana e, allo stesso tempo, la dedizione al neoliberismo dovrebbe occupare tutto il tempo del quotidiano. I servizi sociali hanno assunto connotati di tipo poliziesco. Le famiglie povere si vedono portar via i figli perché non sono in grado di mantenerli o perché hanno occupato una casa invece di accettare una vita sotto i ponti. Perfino il femminismo emancipazionista ha la pretesa di normare e di perseguire per legge i comportamenti. Perfino le donne hanno dimenticato chi le ha messe sul rogo.

Combattere ed opporsi ora e qui al fascismo significa riconoscere prima di tutto qual è il fascismo di oggi, smascherare la socialdemocrazia riformista, smontare l’armamentario su cui si fonda la sua egemonia culturale, solo così possiamo pensare di contrastare la marea montante di una società che nei principi fascisti e nazisti, al di là delle belle parole e della prese di posizione formali, si riconosce.

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