“La proprietà e la dominazione”
Il patriarcato è una vera e propria struttura sociale, di cui l’aspetto culturale è solo la macroscopica evidenza, ed è basato su due principi fondanti, la proprietà e la dominazione, con il corollario dell’arroganza, caratteristica dell’assuefazione al potere.
I modelli sessuati, ancora e sempre, sono ben definiti fin dall’infanzia anche se si sono spostati leggermente di binario, perché rispondono alle esigenze di questa società.
I tentativi di rivolta e di sottrazione a questi modelli o anche solo gli auspici di un cambiamento culturale fatti a parole, si scontrano in maniera evidente con l’impostazione di una società che è basata sul concetto di proprietà… materiale, intellettuale, affettiva…sulla mercificazione di ogni rapporto, sulla prevaricazione dell’essere umano sull’essere umano, sulla legge del più forte che viene messa in atto strutturalmente dal sistema nei confronti delle oppresse/i.
Nel momento storico che stiamo attraversando informato dall’ideologia neoliberista il concetto di proprietà si è rinsaldato e rinforzato enormemente attraverso la spinta all’individualismo nel privato, sul posto di lavoro, con la privatizzazione delle strutture sociali, con la vendita/svendita dei beni demaniali e pubblici, con l’esaltazione della meritocrazia, con la legge del più forte che lo Stato mette in atto nei confronti dei subalterni sul fronte interno e con le guerre neocoloniali sul fronte esterno, con l’uso generalizzato della repressione e della violenza istituzionale nei riguardi di ogni istanza diversa rispetto al pensiero unico e dominante. Perché mai questa violenza, questa legge del più forte, questo ribadire proprietà, autorità, gerarchia, soluzione violenta e repressiva nei rapporti in tutti i campi non dovrebbe investire anche i rapporti di genere? Perché mai pensiamo di essere un orticello privilegiato in cui improvvisamente, per una serie di buone intenzioni e di migliori fini, tutti questi valori che informano la società dovrebbero sparire?
Può mai il rapporto tra generi, costruito come subordinato in partenza fin dalla più tenera infanzia, sperare di modificarsi in una società che è basata di per sé sul possesso e sul dominio?
Inoltre, oggi una nuova griglia ricostruisce la dimensione simbolica, politica, sociale del patriarcato nascosta dietro l’attenzione alle donne. Così si instaura una nuova pace sociale propizia al patriarcato e per far questo si deve fare leva su un’informazione e una comunicazione manipolata e le vecchie e le nuove oppressioni vogliono farle passare attraverso la retorica di una libertà di scelta che ricorda la libertà di scelta del consumatore. Il piatto è unico, ma si può scegliere il condimento..
Il femminismo viene ridotto alla stregua del marketing e dovrebbe investire tanto i simboli quanto i beni materiali. Vorrebbero le donne consumatrici del loro stesso fardello di oppressione di genere.
Nulla della struttura patriarcale viene intaccato e la donna viene ridotta dal politicamente corretto ad una condizione conformista.
Lo scardinamento della struttura della dominazione patriarcale passa necessariamente, in un rapporto dialettico, attraverso lo scardinamento dei ruoli, delle gerarchie, dei concetti di dominazione e proprietà nell’insieme sociale ed è quindi destrutturazione del metabolismo sociale in questo momento neoliberista. Nessuna lotta corporativa può essere vincente, anzi rafforza il potere ma nessuna trasformazione reale può avvenire senza la consapevolezza che il patriarcato è una struttura economico-sociale organica alla società.
Questo è tanto più importante in un momento che vede le donne partecipi direttamente della struttura di potere in tutte le sue articolazioni. Se la piramide gerarchica è ancora saldamente in mano ai maschi, le donne che fanno le politiche, le giudici, le magistrate, le giornaliste, le direttore di carceri…sono tantissime, anzi, in alcuni di questi ambiti come quello della magistratura o delle carceri c’è una stragrande presenza femminile. Il percorso emancipatorio attuale persegue il fine che alcune donne entrino a far parte della piramide gerarchica del dominio e questo è contro le donne tutte perché ribadire la filiera del comando significa ribadire oppressi ed oppressori e sancirne l’esistenza come “naturale”. Certamente questo non significa che le donne non debbano ricoprire ruoli di qualsivoglia tipo all’interno della società ma proprio il bagaglio e l’esperienza dell’oppressione subita e riproposta sistematicamente dovrebbe portarle a lavorare contro i valori neoliberisti e a cercare di scardinarli invece di farli propri, ribadirli e rinsaldarli. Ma coscienza di genere e coscienza di classe non sono innate.
E’ sempre dalla lettura materialista della nostra storia che dobbiamo cominciare. Le resistenze si costruiscono nel percorso della nostra vita, attraverso le letture, le esperienze, le lotte. Non c’è niente nella coscienza degli esseri umani che nasca con loro. E’ sempre il loro essere sociale, il divenire della materia che determina la loro coscienza e tutte quelle forme che, impropriamente, vengono chiamate innate.
Quando si parla di donne che ribadiscono e rinsaldano i valori neoliberisti si è sempre portati a identificarle con quelle che hanno un ruolo esplicito e importante nelle strutture di potere, ma non è così, il potere viene supportato da una miriade di strutture in cui le donne sono tantissime, una per tutte i servizi sociali che hanno assunto ormai connotati di stampo poliziesco.
Questo non ha niente a che fare con il femminismo, bensì è una delle modalità di promozione personale che il potere offre, e in particolare il neoliberismo ne ha fatto un’arma di controllo sociale, ai subalterni/e che si prestano a vendersi. Il piatto, però, è sempre di lenticchie, la libertà è sempre condizionale, il danno è devastante.
Per questo, destrutturare il patriarcato significa necessariamente cercare di destrutturare il concetto di proprietà e la filiera della dominazione perché proprietà materiale e proprietà affettiva non sono disgiunte, programma difficilissimo in questo momento storico in cui il neoliberismo ha costruito in maniera profonda nuovi rapporti politici, economici e di conseguenza sociali all’interno delle società occidentali e nei confronti dei popoli del terzo mondo.