13 ottobre 2022 ore 11 /piazza Risorgimento

Partecipiamo alla mobilitazione IL CAPITALISMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE – 13 ottobre 2022 ore 11 Piazza del Risorgimento

Il 13 e 14 ottobre 2022 si terrà a Roma l’incontro internazionale promosso dall’OMS in cui si presenterà il World Mental Health Report. L’Assemblea romana contro il green pass ha deciso di partecipare al presidio informativo indetto dall’Assemblea antipsichiatrica. Per l’occasione abbiamo scritto questo testo.

nogreenpassroma.org

La gestione autoritaria dell’emergenza da Corona virus ha disvelato e, insieme, acuito tutta la violenza su cui si fondano le società liberal-democratiche. Tecniche di disciplinamento un tempo riservate a determinate categorie di persone, ossia ai devianti, ai vagabondi, ai riottosi, agli emarginati, ai poveri, ai folli e alle donne, sono state applicate all’intera popolazione, che, proprio come i dannati della terra, è stata confinata, schedata, profilata e sottoposta a trattamenti sanitari obbligatori.

L’imposizione della vaccinazione obbligatoria per determinate categorie di lavoratori e quella del green pass sulla popolazione tutta hanno costretto moltissime persone a sottoporsi all’inoculazione di un farmaco sperimentale contro la propria volontà, cioè attraverso il ricatto del salario o la minaccia dello stigma sociale. Il consenso alla vaccinazione è stata una vera e propria estorsione, ben mascherata dietro l’ipocrita finzione burocratica del “consenso informato”, in un contesto regolatorio e informativo pieno di contraddizioni e opacità, nel quale nessuna scelta libera, autonoma e consapevole avrebbe mai potuto essere realmente esercitata. Non scordiamo che alcune informazioni relative alla composizione dei vaccini e tutti i contratti di fornitura siglati tra Stati e compagnie farmaceutiche sono stati completamente secretati; così come non dimentichiamo che la gestione autoritaria della crisi sanitaria ha finito per violare gli stessi presupposti metodologici della medicina, impedendo l’esercizio del dubbio e dell’errore all’interno della comunità medica diffusa e accentrando la ricerca di una terapia nelle sole mani dei comitati tecnico-scientifici, imbrigliati a doppio filo con le strutture del potere politico, economico e burocratico.

Ma non solo: all’interno della campagna vaccinale, i meccanismi di derisione, umiliazione e criminalizzazione utilizzati per secoli contro il “malato mentale” sono stati utilizzati contro chi decideva di non ottemperare agli obblighi o di non conformarsi alle “raccomandazioni”, tanto da richiedere un TSO per uno studente che rifiutava di indossare la mascherina in una classe di liceo.

Nel contesto di questa violenza di Stato capillare e normalizzata, la sofferenza psichica si è diffusa a ritmo crescente tra la popolazione – soprattutto giovanile – confinata in casa (eccetto i lavoratori dei luoghi strategici della produzione) da misure insensate, sproporzionate e informate a una concezione della salute, intesa come mera assenza di malattia, miope, produttivista e quindi irricevibile. Una visione della salute volutamente epurata di qualsiasi riferimento alla qualità della vita (materiale, psichica, relazionale, affettiva), sistematicamente orientata alla rimozione delle cause socioeconomiche del malessere, incentrata sul trattamento dei sintomi e spesso anche incurante dei potenziali effetti dannosi prodotti, nel lungo termine, da questi interventi “terapeutici”, obbligatori e no.

Dobbiamo farci carico in modo autodeterminato di questo malessere psichico diffuso, tanto evidente quanto invisibilizzato dalle istituzioni politiche amministrative e mediatiche, le quali sanno solamente propinarci la solita ricetta “gestionale”, a partire dalla patologizzazione di sofferenze psicologiche di cui mistificano scientemente e dolosamente l’origine sociale. Infatti, se, da un lato, i grandi proclami e la pelosa attenzione rivolta al tema della prevenzione si traducono in investimenti inutili e allarmanti, come quelli riversati nei settori della medicina predittiva e della telemedicina, dall’altro lato, le gentili concessioni dirette a diffondere la presenza territoriale di psicologi ed esperti, lungi dal rimuovere le cause scatenanti delle patologie organiche e psicologiche, finiscono per trasformare «le nostre storie di vita in casi clinici», anche là dove la sofferenza mentale ed emotiva non ha un’origine psicopatologica; così come finiscono per rafforzare quella imperante cultura della delega che, alimentando i meccanismi di infantilizzazione della popolazione, contribuisce all’esproprio della capacità di scelta autonoma, consapevole e libera.

Di fronte all’accelerazione di questa tendenza alla medicalizzazione della società, propria del modo di produzione capitalistico e di lunghissimo periodo, è necessario fare molta attenzione al modo in cui si impostano le lotte, affinché esse non siano troppo facilmente strumentalizzate dallo stesso sistema capitalista, il quale proprio di questa capacità di sussunzione ha fatto un suo grande punto di forza. Dobbiamo rigettare al mittente tutti i tentativi di individualizzazione del problema e di colpevolizzazione dei singoli soggetti. C’è forse qualcuno che non soffre per la crisi storica in atto? Che dorme sonni tranquilli in un mondo governato dal profitto, dallo sfruttamento, dall’oppressione di genere, dalla precarietà e dalla produzione costante e sempre più frequente di emergenze???

Piuttosto che richiedere una maggiore presenza di psicologici e vari “professionisti della sofferenza” dovremmo, allora, sviluppare le nostre capacità di risposta autodeterminata. Un processo che comincia necessariamente con il rifiutarsi di svolgere quel “lavoro di cura” che uno Stato borghese al collasso scarica, ormai quasi interamente, non solo sulle famiglie e, in particolare, sulle donne, ma anche sul variegato mondo dell’associazionismo e del volontariato (il cosiddetto terzo settore). E che continua con la rivendicazione della dimensione politica della “cura”, intesa come «attenzione e tutela di chi e cosa ci è caro/a» che non può essere delegata ad altri, tanto meno alle istituzioni responsabili della nostra alienazione e del nostro sfruttamento; ma che, al contrario, presuppone la presa in carico diretta delle nostre esigenze e dei nostri desideri, così come del sapere e della conoscenza. In altre parole, dobbiamo sviluppare quelle capacità di risposta autonoma che nascono ogni volta che decidiamo di disobbedire e mettere in discussione la neutralità della scienza e la naturalizzazione delle differenze di genere, classe e razza, ogni volta, cioè, che esercitiamo un atto di collazione di genere e classe.

È da questa prospettiva che, dopo più di un anno di mobilitazione contro il green pass e l’obbligo vaccinale, ribadiamo la centralità della lotta contro tutti i dispositivi del controllo sociale. Se anche il green pass non verrà più utilizzato, infatti, ciò non rappresenterà certo una battuta d’arresto nella corsa alla digitalizzazione della società. Oggi dobbiamo rifiutare categoricamente l’identità digitale e tutte le varie “patenti del buon cittadino” che si stanno sperimentando a livello locale (e alla cui diffusione è stato strumentale proprio il green pass), così come dobbiamo smascherare e combattere tutti i meccanismi della medicalizzazione e della patologizzazione del dissenso, del malessere e della rabbia sociale. Se manchiamo questo appuntamento, nel prossimo futuro nessuna altra lotta sociale avrà la possibilità di esprimersi.

I meccanismi di controllo e disciplinamento del corpo sociale che pervadono il nostro presente, muovendosi sui due binari complementari della repressione e della premialità, stanno riuscendo, infatti, ad eliminare progressivamente tutti gli spazi di agibilità politica e di aggregazione sociale e a spegnere la stessa volontà e capacità di attivazione delle persone. L’utilizzo di un ben sperimentato miscuglio di strumenti di condizionamento psicologico (basati sulle scienze comportamentali) e di strategie di distrazione e disinformazione di massa (rese possibili dall’asservimento sistematico di tutti i mezzi di comunicazione) ha reso le popolazioni sempre più infantilizzate e assuefatte al controllo e alla violenza. Narrazioni false e criminalizzanti, volte a costruire nemici interni ed esterni da reprimere e attaccare militarmente, da un lato, e strumenti promozionali, volti a stimolare la partecipazione attiva degli oppressi al sistema di oppressione, agiscono simultaneamente allo scopo di mobilitare popolazioni sempre più manipolabili. È così che molti si prestano oggi a sostenere posizioni interventiste nei confronti di una guerra per cui pagano poi in prima persona un prezzo altissimo, senza accorgersi di lavorare contro se stessi; così come molti si sono prestati a sostenere le misure illogiche e autoritarie adottate durante la pandemia, senza rendersi conto di partecipare, così facendo, all’istituzione di meccanismi di sorveglianza sempre più efficienti e, soprattutto, generalizzati.

Smettiamo di partecipare alla società della violenza istituzionale normalizzata, violiamo ogni ordine di confinamento, rifiutiamo ogni sistema di classificazione e tracciamento digitale, non prestiamo più orecchio alla mistica della statistica e contestiamo la logica del protocollo, rivendichiamo la politicità della cura, convinti che la fine di questo sistema di sfruttamento è più vicina ogni qual volta lavoriamo per smontare le premesse su cui si fonda.

Assemblea romana contro il green pass

scaricate qui il testo  Documento_13-ottobre-2022

Questa voce è stata pubblicata in Autorganizzazione, Capitalismo/ Neoliberismo, Iniziative ed Eventi, Movimenti, Repressione e contrassegnata con , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.