“Pena di morte extra legem”
La notte scorsa un ragazzo di 17 anni che insieme ad un altro di 18 stava tentando di rapinare con una pistola giocattolo una mercedes con tre uomini a bordo al porto di Napoli è stato ucciso dai “Falchi” della polizia che operano in moto e in abiti civili. Giorni fa a Roma, in zona Eur, un uomo di 56 anni “armato” di cacciavite è stato ucciso dai carabinieri per un tentato furto ai danni di un ufficio. I carabinieri erano stati chiamati alle quattro di notte da uno “zelante” portiere dello stabile di fronte.
E’ evidente la sproporzione tra problema e reazione.
In questi ultimi anni è cambiata profondamente la lettura che politici e media, portavoce degli interessi dominanti, fanno leggendo e raccontando la vita quotidiana della popolazione, in primis quella dei giovani delle periferie ma anche di tutti gli altri strati sociali poveri e impoveriti che devono fare i conti con un dispiegamento elefantiaco dell’apparato repressivo. Repressione esercitata in maniera permanente e ricorrente. Viene usata una pletora di multe e sanzioni amministrative che in questo periodo che viene chiamato “emergenziale” per via del Covid-19 ma che emergenziale non è perchè di fatto è l’accelerazione di un progetto in atto da tempo, sono state ulteriormente aumentate ed inasprite. C’è un evidente scollamento tra il numero dei reati e l’apparato di polizia palesemente sovradimensionato e si fa finta di dimenticare che i fenomeni border line sono direttamente proporzionali alle necessità.
E’ chiaro che la spirale penale è senza fine e senza vie d’uscita e sarebbe necessario rilanciare il dibattito sull’insicurezza sociale, che non è quella che ci propaganda il neoliberismo, e sulla precarizzazione materiale, familiare, scolastica, sanitaria per avere una percezione reale della società perché il presente si trasforma sotto i nostri occhi per tante, troppe persone in una lotta senza tregua per la sopravvivenza giorno dopo giorno. La strumentalizzazione della paura della malattia, la normativa d’emergenza accompagnata da una tutela economica e sociale dei cittadini e delle cittadine completamente inesistente ma anzi con rincari della tassazione e dei servizi sta gettando sul lastrico fasce di popolazione sempre più larghe.
La lettura penale, delinquenziale, degli emarginati/e che non sono solo quelli che venivano definiti tradizionalmente poveri ma anche quelli che perdono il lavoro o che vivono di lavori saltuari e precari e tutti quelli/e che per le più svariate ragioni vengono espulsi dal novero dei cittadini “legittimi”, produce un mondo sempre più ingiusto che a cerchi concentrici si allarga alle loro famiglie ed è contrassegnato dallo sfaldamento delle relazioni di amicizia, di vicinato, dall’allentamento dei legami affettivi, da disturbi e interruzioni del percorso scolastico e sempre da un degrado della situazione economica.
E in grande espansione è il terzo settore o del privato sociale che lavora sul “disagio” ma invece di contribuire a percorsi di socializzazione, “educa” e ”contiene” i disagiati. Chi, di questi non accetta il coinvolgimento viene subito messo in coda nella fila dell’emarginazione.
L’unica socialità legittima è quella amministrativa
E l’unica violenza legittima è quella legale, questa sì devastante, spropositata, annichilente, debordante. Mai, come in questi anni, la così detta sicurezza urbana è diventata il motivo dominante delle retoriche mediatiche e politiche. Sostituendo i protagonisti della lotta sociale e politica con una classe indistinta e senza volto portatrice di criminalità viene sdoganata la violenza nei confronti dell’altro, del diverso, del più povero e quindi anche delle donne quando mettono in pericolo la collocazione sociale, la condizione economica, la sicurezza affettiva, la famiglia…della componente maschile di un rapporto.
Un sistema che teorizza la risoluzione violenta e repressiva dei rapporti con la società nel suo complesso e nei rapporti con i popoli da depredare con le guerre neocoloniali fornisce l’esempio ai suoi cittadini di come si risolvono con la violenza anche le controversie personali. E così succede che un ragazzo, Willy, venga ucciso di botte perché si intromette in un diverbio o un altro perda un occhio per un mancato invito ad una festa. Ma è lo Stato che ne fornisce l’esempio tutti i giorni, uccidendo un cinquantaseienne che tenta un furto con un cacciavite o un ragazzo con una pistola a salve.
Non si sa nulla e non c’è stata nessuna spiegazione degna di questo nome sulle morti di ben tredici detenuti durante le rivolte nelle carceri durante l’emergenza Covid-19 e non c’è mai nessuna spiegazione sulle morti che accadono nei Cpr.
Allo stesso tempo, come avviene sistematicamente con la violenza sulle donne, questi avvenimenti forniscono la scusa per introdurre ogni sorta di legislazione securitaria e di controllo. E’ in arrivo una proposta dei ministri della giustizia Alfonso Bonafede e dell’interno Luciana Lamorgese ( una donna che non si accorge della strumentalizzazione della violenza sulle donne a fini securitari e ripropone gli stessi meccanismi?) secondo la quale verrebbe introdotto un Daspo per i protagonisti di disordini o atti di violenza nelle zone della movida che prevede l’allontanamento dai luoghi in cui sono avvenuti i fatti e aumenta le pene per chi partecipa a una rissa. Inoltre le discoteche e i locali sarebbero responsabili del controllo degli avventori e quindi dovrebbero assumere delle guardie private. Come al solito cittadini che controllano altri cittadini e si assumono il ruolo di guardie. La violazione del Daspo prevederebbe poi la reclusione fino a due anni e una multa fino a 20.000 euro.
La grande vittoria del neoliberismo è di aver annullato ogni consapevolezza di classe e di genere ( sì, perché la consapevolezza dell’uso che viene fatto dei ruoli sessuati nella società non ha niente a che fare con le rivendicazioni corporative che vengono supportate dal potere), di aver cancellato ogni immaginario di una possibile società diversa, di aver mercificato ogni aspetto dell’esistente e di aver contrabbandato tutto ciò per democrazia e convivenza civile usando la teorizzazione della non violenza e il controllo militarizzato del territorio e delle menti, l’azione penale e le sanzioni amministrative asfissianti come necessità per addomesticare i refrattari che si rifiutano di capire che l’affidamento allo Stato e la delega alle sue istituzioni è la sola strada possibile. La violenza del neoliberismo è totale, pervade ogni aspetto della nostra vita e ha la pretesa di vietare ogni forma di conflitto, di differenza e di declinare tutto nel suo interesse e di sacrificare tutto alla sua conservazione e autoespansione.
Mai come oggi è necessario ribellarsi, dichiarare la propria alterità al progetto neoliberista di totale addomesticamento fisico e mentale perché non esistono spazi neutri e anche il silenzio è complicità. Il potere conta sull’indifferenza, sulla paura, sullo spaesamento, sull’insicurezza economica…riusciremo a tirare fuori la nostra rabbia e la nostra forza?