La terribile storia di Alice, ostaggio della psichiatria
http://www.nicolettapoidimani.it/?p=1517
Ho ricevuto dal collettivo antipsichiatrico Artaud la denuncia di questa vicenda di reiterati abusi su una giovane donna. La pubblico invitandovi a farla circolare il più possibile.
Raccogliamo la denuncia di un padre che chiede giustizia per sua figlia. Ci sembra importante raccontare questa storia di abusi che va avanti da troppo tempo. È necessario attenzionare maggiormente ciò che avviene all’interno di alcune strutture psichiatriche private convenzionate che in Italia sono più di 3.500, spesso veri e propri luoghi di reclusione in cui è difficile entrare e verificare quali pratiche e terapie vengano attuate.
Ci preme sottolineare inoltre come il ruolo degli Amministratori di Sostegno diventa sempre più invasivo e determinante per la vita di persone vittime della psichiatria che di fatto non hanno commesso alcun reato. Vi chiediamo di pubblicare la storia di Antonio e sua figlia sui vostri canali e sui vostri siti, di inoltrarla il più possibile nella speranza che altri si uniscano alla sua battaglia per la liberazione di Alice.
Collettivo Antipsichiatrico Antonino Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org 335 7002669
Racconto la mia storia e quella di mia figlia nella speranza che possiate aiutarmi a tirar fuori mia figlia da una situazione di oppressione fisica e psicologica che è costretta a subire da tre anni a questa parte a causa di malasanità e mal gestione della sua condizione da parte delle istituzioni.
Attraverso le vie legali non sono riuscito a cambiare la condizione di mia figlia. Il caso ha anche una valenza più generale, perché ritengo che possano esserci anche tante altre persone in questa situazione.
Il mio nome è Antonio Di Vita, sono residente a Montevarchi (AR) e mia figlia si chiama Alice Di Vita e ha 26 anni.
Tre anni fa Alice a seguito di un presunto arresto cardiaco fu ricoverata nel Reparto di Rianimazione di Careggi a Firenze. Dopo circa dieci giorni di coma indotto le viene eseguita una tracheotomia e le viene applicata una cannula a scopo precauzionale. Dopo gli esami strumentali (RM, TC e ECC) ripetuti ad otto giorni di distanza, le condizioni di Alice sono definite “incredibilmente ottime”. Nessuna conseguenza cerebrale, nessuna conseguenza motoria e psico-reattiva. I responsabili del Reparto di Terapia Intensiva danno disposizione al trasferimento di mia figlia da Careggi di Firenze al reparto di Riabilitazione dell’Ospedale del Valdarno (Alice era residente a Montevarchi). La prognosi indicata è di circa dieci giorni. Affermano anche che la cannula della tracheotomia dovrebbe essere rimossa entro tre giorni.
Inaspettatamente, per ragioni non chiare, Alice è invece trasferita all’Istituto Don Gnocchi di Firenze, dove rimarrà per più di un anno subendo le pene dell’inferno. Legata al letto o alla sedia, imbottita di psicofarmaci, con infezioni e piaghe causati degli escrementi non rimossi adeguatamente e frequenti attacchi di panico. La cannula della tracheotomia non viene rimossa e genera aderenze alle corde vocali, paralizzandole e granulomi all’interno della trachea (di natura incerta, benigna o maligna). Da subito, a mia insaputa, viene nominato un amministratore di sostegno (ADS) nella persona del fratellastro. A seguito di mia opposizione l’ADS viene sostituito da un’avvocatessa la quale però si disinteressa totalmente di mia figlia. Avendo constatato di persona la mal gestione e le atrocità subite da mia figlia ho presentato diversi esposti alla Procura della Repubblica di Firenze. L’ADS, probabilmente spinto dall’Istituto Don Gnocchi stesso, presenta due istanze per trasferire Alice in altri istituti, prima Villa Le Terme dove la maggioranza dei degenti sono in stato vegetativo, e poi un altro nel quale avrebbe dovuto passare tutta la vita . Io richiedo al giudice di trasferire mia figlia in una struttura pubblica specializzata in otorinolaringoiatria e di sostituire l’ADS con la mia persona. Il giudice non acconsente che sia io ad occuparmi di mia figlia ma sostituisce la l’ADS con un altro avvocato. […] Continua a leggere nel sito del collettivo Artaud