La Parentesi di Elisabetta del 24/10/2018

“Universo incantato”

Lo sport è raccontato come un universo incantato che non avrebbe nulla a che spartire con orientamenti politici, conflitti sociali, convinzioni religiose. Lo sport sarebbe neutro, apolitico, al di fuori della lotta di classe, né di destra né di sinistra, al di sopra delle dispute di parte e delle tensioni sociali. E l’impudenza di questa narrazione arriva ad affermare che lo sport, animato dallo spirito decoubertiano, contribuirebbe a combattere il razzismo.

I principi propagandati del credo sportivo sarebbero fair play, rispetto dell’avversario, tregua olimpica, amicizia tra i popoli, festa dei giovani cosicché tutto questo culmina in false equazioni: sport e pace, sport e democrazia, sport ed emancipazione dei popoli, sport e rispetto dell’ambiente, sport e solidarietà.

La realtà ci racconta dell’affarismo, del doping, degli esiti truccati, della corruzione che vi  alligna, ma ci racconta anche di aspirazioni sociali, di collocazione di parte, di metabolismo sociale. Ci racconta quindi della parabola dello sport moderno che si accompagna ed è parte integrante della parabola della società borghese. 

Il pugilato per molti anni è stato lo sport più popolare d’Italia, era lo sport che aveva la platea più vasta e coinvolgeva più tifosi. Lo praticavano i poveri, quelli che cercavano attraverso lo sport la loro promozione sociale, però, essendo una promozione solo di natura economica e non supportata da una crescita culturale e magari politica si esauriva negli anni del successo agonistico. I campioni italiani, i campioni della boxe che si fregiavano del titolo italiano, erano veri e propri divi anche perché arrivare al titolo italiano di cui adesso i titolari sono emeriti sconosciuti, era il frutto di una selezione numericamente importante perché la base era consistente. La fine di molti di loro è stata impietosa e i più fortunati sono stati assunti dalle amministrazioni comunali con lavori di fascia bassa. Non c’è bisogno di fare nomi, non servono, ma chi ha un po’ di memoria se li ricorderà.

L’ultimo grande bagliore della boxe qui in Italia sono stati gli incontri tra Sandro Mazzinghi e Nino Benvenuti che si sono svolti allo Stadio San Siro di Milano e al Palazzo dello Sport di Roma.

L’importanza che aveva il pugilato è confermata, se mai ce ne fosse bisogno, dalla popolarità che ha avuto Joe Louis, soprannominato il bombardiere nero, che girava il mondo ed è venuto anche in Italia a fare esibizioni di propaganda per lo sforzo bellico americano durante la seconda guerra mondiale.

Contemporaneamente negli stessi anni e negli anni successivi si è imposto il ciclismo che suscitava notevole entusiasmo. Il giro d’Italia era un grande avvenimento seguito veramente da una moltitudine di appassionati, le province e i comuni si contendevano l’organizzazione di avvenimenti ciclistici, i media raccontavano le gesta dei corridori con fantastiche iperboli e fare i giornalisti ciclistici era una promozione all’interno dei giornali e della Rai.

La stagione ciclistica cominciava tutti gli anni il 19 marzo con la Milano-Sanremo allora giorno di festa per San Giuseppe e finiva a settembre con il giro di Lombardia. I momenti più importanti erano il giro d’Italia e il Tour de France, la Grande Boucle, e l’acme era costituita dal campionato del mondo che si svolgeva rigorosamente ad agosto, appuntamento per tutti i tifosi. La rivalità fra Coppi e Bartali non era solo di prestazioni, ma aveva anche connotati politici. I tifosi di Coppi erano molto più numerosi ed erano quelli che potremmo definire oggi genericamente di sinistra e popolo. L’interesse che suscitava nelle masse il ciclismo è stato spesso strumentalizzato, un esempio per tutti la grande bugia raccontata da giornalisti e da pseudo storici che la rivolta popolare seguita all’attentato a Togliatti sarebbe scemata per via della vittoria di Bartali al Tour de France, trattando gli italiani, in particolare gli operai, come dei sottosviluppati e omettendo la feroce repressione messa in atto e durata anni, feroce non solo per i morti di piazza ma per i processi che hanno visto irrorare centinaia di anni di carcere a operai minatori e contadini. Comunque al di là del giudizio che ognuno può dare è stato decisivo l’intervento di Palmiro Togliatti che invitò il popolo a desistere e a ritornare a casa.

Il primo segnale che qualche cosa stava cambiando nel ciclismo fu la partecipazione di squadre commerciali al Tour de France. Prima partecipavano solo le nazionali con la loro maglia e pur essendo allora la tv in bianco e nero i tifosi riconoscevano benissimo i loro beniamini.

Nel frattempo il calcio che pure è sempre stato molto popolare ha preso il sopravvento occupando gli spazi lasciati dal declino della boxe e del ciclismo. L’identificazione popolare in un personaggio mitizzato che aveva raggiunto il successo economico e la notorietà e che rappresentava quindi la possibilità vivente per ogni appartenente alle classi subalterne di avere gloria e ricchezza, si spostava in una identificazione corale in un sogno, in una collocazione. Rimanevano i miti singoli, le individualità carismatiche ma l’importante diventava l’appartenenza ad un’idea.

Oggi il calcio dopo un periodo di incontrastato dominio è in fase calante e questo è dovuto al tentativo di denaturalizzarlo raccontandolo come uno spettacolo mentre spettacolo non era e non è. E’ tifo, è posizionamento di parte. E questo emerge in maniera semplice ma immediata in occasione dei derby.

Quando i tifosi della Lazio propagandano l’immagine di Anna Frank con la maglia della Roma questo riveste un significato preciso. Quando raccontano la Tribuna Tevere dello Stadio Olimpico come tribuna di commercianti e la curva sud della Roma come curva di ebrei cosa significa se non un posizionamento e una contrapposizione di parte? A proposito della curva sud occupata dai tifosi romanisti non è casuale che sia loro, è stata letteralmente conquistata data l’importanza che rivestiva. Infatti prima della ristrutturazione dello stadio le squadre entravano dall’angolo della curva sud confinante con la tribuna Monte Mario.

Il tifo ha sempre messo in preventivo eventuali scontri, anche all’interno della stessa tifoseria per opinioni discordanti rispetto a scelte tecniche o problematiche della Società proprietaria della squadra, ma la situazione man mano è degenerata in seguito al cambiamento della scala di valori imposta dalla nuova configurazione sociale neoliberista. Sono scelte che vengono da lontano e che si sono imposte in sordina. Il primo passo è stato la demonizzazione della così detta violenza politica e quindi per trascinamento di qualsiasi forma di violenza dovuta alla collocazione di parte, alla partigianeria, in favore di una così detta convivenza civile, presunta capacità di confronto tra le parti, facendo dimenticare volutamente che non ci può essere sereno confronto tra aggredito ed aggressore, tra sfruttato e sfruttatore, oppresso ed oppressore. Il <politicamente corretto> è stato strumento fondamentale di repressione e allo stesso tempo veicolo di violenza nel tentativo di addomesticamento degli strati subalterni in generale e delle tifoserie nello specifico. E’ stato coartato il diritto all’insulto dell’avversario compresi tutti gli atteggiamenti di presa in giro e di sfottò. Perfino in campo esultare dopo un gol in maniera non adeguata viene sanzionato. Si può esultare mimando con il pallone il pancione della moglie in attesa, sani valori familiari, ma non facendo la mitraglietta. Come siamo buoni! E’ stata conculcata la ribellione all’ingiustizia effetto poi scatenante della violenza, sono state manipolate le notizie con la complicità dei giornalisti del settore e coperto il ruolo delle squadre di potere.

Una volta sugli spalti i tifosi erano mischiati. Durante le partite, verso la fine del secondo tempo, i cancelli venivano aperti perché così anche chi non si era potuto permettere il biglietto poteva vedere uno scampolo di gioco. Molti tifosi entravano di soppiatto portandosi addirittura le scale da casa e si approfittava della ressa per il controllo del biglietto per entrare da portoghesi. Si poteva andare alla partita all’ultimo momento magari approfittando di una bella giornata con una decisione dell’ultimo minuto perché i botteghini erano sul posto. Allo stadio ci si arrivava tranquillamente, senza che mezza città fosse blindata, e si veniva accolti da una pletora di venditori ambulanti e da un pullulare di bagarini che vendevano i biglietti per chi non voleva fare la fila al botteghino.

Una volta quando le partite si disputavano tutte di domenica e tutte alle quindici, chi aveva l’abbonamento e occasionalmente non poteva utilizzarlo, lo passava ad un amico, ad un parente che andava allo stadio al posto suo. Adesso invece il controllo all’ingresso, tra l’altro serrato, esagerato ed esasperato, ne impedisce questo buon uso.

E’ stata inventata la figura degli steward che si occupano solo di controllare i tifosi e non guardano la partita ma danno le spalle al campo. Quanta differenza da quando quelli che oggi vengono chiamato con disprezzo capi tifosi erano loro a dare le spalle alla partita per guidare i cori! E alla stessa potevano partecipare band musicali improvvisate da tifosi organizzati.

I cancelli dello stadio un tempo aprivano alle dieci di mattina e molte famiglie pranzavano sul posto. Tradizione che ricorda le scampagnate delle famiglie sui prati degli ippodromi a partire da quello romano delle Capannelle. Questa abitudine è stata cancellata con il posticipo dell’apertura dei cancelli. L’improvvida chiusura dei prati e il posticipo dell’orario di accesso hanno portato alla disaffezione delle famiglie nei confronti dei due sport. I venditori di fusaie e olive verdi sono stati cacciati con la scusa dell’igiene ed è stato eliminato anche il bagarinaggio, tutte economia di sopravvivenza. La finanziarizzazione del calcio ha generato anche la rimozione dell’’incertezza dell’esito degli incontri per cui nel calcio italiano ed europeo sono sempre gli stessi club che si suddividono sistematicamente i trofei e inoltre il predominio e l’influenza dell’economia sugli sport sono dominanti in maniera tale da portare alla modificazione delle regole stesse.

La polizia ha potuto fare esperimenti di controllo sui tifosi fermando i pullman che portavano alla partita, perquisendoli e fotografando e identificando ad uno ad uno i passeggeri nell’indifferenza più totale, se non nel plauso, dell’opinione pubblica, che si è accorta troppo tardi che si trattava di esperimenti di ordine pubblico. E tutto il pubblico degli stadi è controllato da una miriade di telecamere le cui immagini vengono monitorate e archiviate e sono sempre a disposizione della polizia.

E così la violenza, prima scatenata e poi usata ha permesso prima la demonizzazione della figura dell’ultras e poi la sperimentazione in corpore vili del controllo sociale e territoriale nel silenzio di tutti, compresa gran parte della sinistra antagonista.

C’è un atteggiamento di superiorità e di disprezzo, soprattutto nella sinistra, da parte di intellettuali e di persone che si ritengono colte, nei confronti dei tifosi e del calcio. E sono gli stessi che si lamentano della movida, del chiasso notturno, delle lattine per terra e per i quali gli sport e in particolare il calcio sono manifestazioni da non prendere neppure in considerazione se non per stigmatizzarle e così non ne fanno cogliere la natura politica. Invece lo sport è parte integrante del metabolismo sociale ed è necessario leggerlo politicamente come tutto il resto. E’ una modalità per certi versi importante di questa società. Per esempio i giornalisti sportivi ci vogliono dire quanti abbonamenti hanno i loro giornali ora? E quanti ne avevano invece cinque anni o dieci anni fa? E quante copie dei loro giornali vengono vendute oggi, o cinque anni fa o dieci anni fa?  Ma la consapevolezza che il calcio è in declino ce l’hanno eccome e questo è provato dal tentativo non riuscito di sostituirlo con la pallacanestro o con il rugby.

E poi ci sono le olimpiadi che sono ormai all’ultima spiaggia. Lo spirito decoubertiano è durato lo spazio di un mattino ed è stato stravolto a partire dalla presenza invasiva e totalizzante della strumentalizzazione di potere. Le olimpiadi vengono boicottate a seconda degli interessi nazionali. Le olimpiadi di Mosca sono state sabotate dagli Usa e dagli alleati in nome della presunta invasione dell’Afghanistan, presunta non perché i sovietici non siano andati in Afghanistan ma perché sono stati chiamati in aiuto dal legittimo governo. Le olimpiadi in Cina per la violazione dei diritti umani, le olimpiadi invernali a Sochi per la violazioni dei diritti degli omosessuali in Russia quando poi è evidente il valore mercantile di queste scelte per cui nel 1996  sono state scippate ad Atene le olimpiadi nell’anniversario della prima edizione dei giochi moderni e sono state date ad Atlanta, la patria della Coca Cola.

E anche se gli spalti sembrano sempre gremiti, nessuno ci dice chi compra i biglietti. E’ peregrino raccontare che vengono acquistati a pacchi dalle multinazionali e dati in omaggio ai loro rappresentanti e magari dipendenti?

Nella stagione neoliberista il mercato ha occupato tutti gli interstizi della vita e della società, nessuno escluso, compreso lo sport. E così vengono esaltati solo i grandi eventi, le grandi manifestazioni e gli spalti di provincia non hanno più neanche uno spettatore. Ma anche di questi grandi eventi solo quelli che possono avere mercato, e così spariscono nell’anonimato tradizioni come gli Internazionali di tennis, piazza di Siena o il Derby di galoppo. E gli atleti delle olimpiadi continuano ad essere presentati come dilettanti ma sono tutti militari o appartenenti a qualsivoglia configurazione delle così dette forze dell’ordine. E gli atleti del Terzo Mondo vengono “comprati” dalle nazioni ricche come d’altra parte anche i tecnici, i ricercatori, i medici, nonostante i vani tentativi di porre rimedio a questa sottrazione di ricchezza.

La valanga dei casi di doping evidenzia il ruolo dello sport in questa società, si ripropone continuamente e non potrebbe essere altrimenti. Business is business. Tra l’altro, l’aumento del carico di lavoro ha finito col trasformare il doping artigianale in un’industria multinazionale. Alla scoperta di ogni caso si prende l’impegno di fare pulizia in attesa di riproporre la stessa filastrocca alla prossima ennesima volta. E gli atleti scoperti vengono presentati come poche pecore nere del tutto isolate che farebbero ricorso alle sostanze vietate in maniera saltuaria. Gli addetti ai lavori “più avveduti”, rifanno il maquillage al doping parlando di integratori vitaminici, di alimenti arricchiti, di equilibratori ormonali, di ossigenazione, di farmaci antistaminici per un miglioramento del tono muscolare. E poco importa che numerosi atleti scompaiano giovani nel fiore degli anni per “morte naturale”.

Il racconto dello sport è animato da falsa coscienza che comincia dal negare il carattere ideologico dello stesso attraverso la scotomizzazione di qualsiasi carattere politico.

Lo sport moderno nato in concomitanza con l’affermazione della borghesia come classe dominante, sta morendo con la morte della funzione del capitalismo. Il neoliberismo non è l’affermazione compiuta del capitalismo, non è la fine della storia, ma la sua fase agonizzante che può essere anche molto lunga ma che sarà particolarmente pericolosa.

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