“La pagliuzza e la trave”
“Si rivela qui non soltanto la generale insufficienza del primo immaturo stadio della rivoluzione, ma anche la difficoltà propria di questa rivoluzione proletaria, la peculiarità di questa situazione storica. In tutte le rivoluzioni precedenti i contendenti entravano in lizza con la visiera alzata: classe contro classe, programma contro programma, stendardo contro stendardo. Nell’attuale rivoluzione i difensori del vecchio ordinamento non entrano in lizza sotto lo stendardo caratteristico delle classi dominanti, ma sotto lo stendardo di un ‘partito socialdemocratico’. Se la questione fondamentale suonasse apertamente e onestamente: capitalismo o socialismo, oggi non sarebbe possibile nessuna esitazione, nessun dubbio, nella grande massa del proletariato.” Rosa Luxemburg/Rote Fahne, 21 dicembre 1918
Uno dei principi fondanti del neoliberismo è la rottura del patto sociale. Rottura unilaterale e drastica. Questa scelta è evidente in ogni campo e in ogni aspetto dell’agire politico e del vivere quotidiano. Ha attraversato e attraversa i più svariati contesti e soggettività. Nella messa in atto da parte del potere di questa scelta unilaterale sono stati presi di mira di volta in volta i più diversi strati sociali con una tecnica che ormai è eclatante e manifesta, sotto gli occhi di tutti. Uno strato sociale viene circoscritto, isolato, accusato, a seconda dell’occasione e della specificità, di assenteismo…ruberie… interesse privato…scarsa produttività… evasione fiscale… parassitismo…delinquenzialità…. e dato in pasto al resto della popolazione che viene spinta a stigmatizzarlo, indirizzando insoddisfazione, rancori, difficoltà di vivere…contro la categoria presa di mira. Così si assiste alla guerra agli impiegati pubblici, agli insegnanti, ai piccoli commercianti, ai professionisti, agli immigrati…di volta in volta accusati di essere la causa dell’impoverimento generalizzato, del disagio, del tracollo dello Stato sociale. Il sistema ottiene due risultati evidenti: spinge alla guerra fra poveri e/o impoveriti frantumando il fronte dell’insoddisfazione e fa dimenticare le vere cause e le vere ragioni della povertà diffusa e generalizzata qui da noi e delle guerre neocoloniali sul fronte esterno che costringono alla fuga popolazioni intere.
La ripresa delle lotte sociali oggi diviene un passaggio fondamentale anche perché dove c’è resistenza nasce una nuova cultura. Ma le lotte, meritorie e faticosamente messe in atto, che si tratti di casa o di migranti, di scuola o di lavoro ripropongono modalità che siamo abituati ad usare ma che appartengono ormai ad un mondo che non esiste più. La soluzione che prospettano è di fatto quella di un ritorno a Keynes dimenticando che non è vero che lo Stato non è presente in questa stagione, ma lo è nell’apparato bellico che è diventato un vero e proprio volano dell’economia. Si taglia la sanità, l’istruzione, lo Stato sociale, ma si incrementa contemporaneamente l’apparato militare e l’organico delle tante polizie che circolano in questo paese compreso l’apparato di riscossione, tassazione e guerra alla così detta evasione fiscale, che è di fatto un’altra polizia. E’ una scelta. Ed è evidente che le lotte portate avanti finora questa scelta non la incrinano minimamente. Di fronte c’è un muro e neanche di gomma perché a sbatterci contro ci si fa veramente male. Questo sistema da molto tempo ha messo in atto delle contromisure capillari rispetto alle rivolte e alle contestazioni e ha già dato per scontato da diverso tempo che ci sarebbero state. Inutile stare qui ad elencare il controllo a tappeto del territorio, la militarizzazione di intere aree geografiche, le telecamere, i controlli telefonici e telematici, l’invasività della polizia e della magistratura, i servizi sociali di stampo poliziesco, la chiamata alle armi di tutte le soggettività e organizzazioni che si prestano a stigmatizzare ogni forma di opposizione che esca dai binari del collaborazionismo.
Ogni segmento della società che si confronta, sia pure da punti di vista differenti, con il potere, nel momento in cui reclama giustizia sociale, deve fare i conti con il carattere ottocentesco, medioevale, nazista di questa società.
Quando una lotta viene messa in campo assistiamo al ripetersi di un percorso: situazione insostenibile… lotta… cariche e repressione debordante… fermi, arresti, sanzioni amministrative… a cui si risponde con appelli e anche fattiva solidarietà e altra manifestazione…fermi, denunce, sanzioni penali e amministrative… e così via, in un continuo mordersi la coda. Il potere non dà mai risposte, se non di comodo, formali, che restano lettera morta e che sono un’evidente presa in giro e va imperterrito per la sua strada. Una vera e propria macchina da guerra che in pochi anni ha completamente cambiato dalle fondamenta la struttura sociale.
Tra l’altro ottiene anche il risultato di aumentare l’acredine e la diffidenza con punte di odio tra gli strati sociali: l’occupazione delle case sebbene riguardi con chiarezza immobili sfitti e abbandonati di strutture pubbliche o di palazzinari viene vista con paura e sospetto dai piccoli proprietari che non si rendono conto che non sono le persone senza casa che la porteranno via a loro, bensì sarà il neoliberismo che con una pressione economica esasperata a vari livelli li costringerà a vendere.
I commercianti al dettaglio sono strangolati dalla grande distribuzione, ma non sarà chiudendo le serrande quando passa una manifestazione che risolveranno i loro problemi bensì unendosi ai manifestanti.
I migranti sono persone disperate che il nostro sistema con le guerre neocoloniali ha costretto a fuggire dai loro paesi dove sono state distrutte le economie e l’agricoltura di sussistenza, dove sono stati depredati di tutto dalle multinazionali con la connivenza delle borghesie locali. La risposta di stampo umanitario dell’associazionismo e quella di ordine pubblico del governo ottengono il risultato di mettere i cittadini/e così detti legittimi contro i diversi, gli irregolari, gli stranieri e di aprire la strada ad un controllo sociale serratissimo nei confronti di noi tutti e tutte.
Trasporti e sciopero, lavoro e sciopero…il diritto di sciopero è stato intaccato tante volte, a nulla sono valsi gli appelli, le manifestazioni, le prese di posizione, lo Stato è andato dritto per la sua strada, ora il diritto di sciopero lo vuole perfino abolire…
Questo vale anche per le donne: violenza, femminicidio, stupro…proteste, comunicati, manifestazione… richiesta di tutela e appello alle donne che si rivolgano allo Stato….violenza, femminicidio, stupro… proteste, appelli, richiesta di maggiori fondi contro la violenza sulle donne…violenza, femminicidio, stupro,… appelli… un circolo vizioso, un girare in tondo senza fine e senza nessun risultato. Anzi un risultato il sistema come al solito lo ottiene, quello di porsi sempre come garante di una risposta e allo stesso tempo di non darla assolutamente.
Tralasciando chiaramente chi queste posizioni le persegue per interesse personale, per ottenere fondi, per collocazione partitica…
L’analisi di come si muove il sistema è fondamentale perché la filiera teoria, linea politica, organizzazione è sempre valida. E’ fondamentale leggere la società, i ruoli, i protagonisti per quello che sono, compito facile e difficile allo stesso tempo perché se non siamo in grado di raccontare la natura dell’aggressione alla Libia e alla Siria e ora quella al Venezuela, se ci facciamo irretire da letture tanto colte quanto fuorvianti come quella del “sono tutti imperialismi” o ”a noi interessa solo la classe operaia”…se non c’è il riconoscimento del nemico che in questo momento storico è incarnato nel PD e nella socialdemocrazia riformista che si è assunta il compito di naturalizzare il neoliberismo nel nostro paese, mettiamo in atto un meccanismo che, corrompendo il discorso di classe, in definitiva perpetua lo stato di cose presenti.
Quindi come pensare ad una risposta dato che quelle che siamo abituati a mettere in atto non sono in grado di scalfire il sistema, ma anzi? E’ necessario liberarsi dagli orizzonti che sono stabiliti dal capitale e dal neoliberismo, svincolarsi dai rituali vuoti e ripetitivi che si traducono in un asservimento volontario, rimuovere gli steccati dell’ordinamento capitalistico e patriarcale, rompere in maniera autonoma e autofondante con il comando.
Non si tratta di alzare il livello dello scontro, non è sufficiente collegare le lotte, ma portarle a sintesi. E’ necessaria una ricomposizione di classe che unisca tutti i segmenti della società e le realtà che sono uscite con le ossa rotte dalla realizzazione del progetto neoliberista. Nessuna classe o frazione di classe può avere in partenza la pretesa di essere egemonica in questo processo. A determinarlo sarà dialetticamente chi sarà capace di interpretare le esigenze e le aspettative comuni. E’ necessario ricostruire un blocco sociale alternativo al progetto neoliberista partendo non dalla presunzione di avere la verità, magari attraverso la citazione dei testi sacri, ma dalla capacità di rappresentare in termini di classe le esigenze e le aspettative di tanta parte dei cittadini e delle cittadine. E questo progetto qui da noi deve avere la consapevolezza del ruolo degli Stati Uniti come Stato del capitale, del ruolo del PD come partito che si è assunto il compito della naturalizzazione del neoliberismo nella nostra società, della funzione dei partiti e partitini, associazioni e cartelli che si pongono come sinistra radicale, cambiano continuamente abito, si scambiano le figurine come in un gioco di società e sono pronti a vendersi al PD alla prima o migliore occasione costituendo così strumento di canalizzazione del malcontento di un’area politica per rastrellare voti da portare in dote al padre padrone.
E’ necessario suscitare e perseguire l’alleanza e la sinergia fra le classi e le frazioni di classe che vogliono opporsi al neoliberismo, ad una società fortemente classista, piramidale, colonialista, guerrafondaia, in definitiva una situazione che promuove l’iper-borghesia a nuova aristocrazia e le restanti frazioni della borghesia al ruolo di servizio, che fa piombare gli oppressi in una società feudale e che realizza una società nazista non solo per il controllo sociale serrato che si espande in ogni momento della vita, ma per l’eliminazione dei momenti di mediazione tra i cittadini e lo Stato. Checché ne dicano i colti e gli incliti che vedono la pagliuzza negli occhi degli altri paesi e non sanno vedere la trave del nostro, che sanno leggere e denunciare governi di ogni parte del mondo come regimi e non sanno raccontare e denunciare il regime in cui noi viviamo.
E’ una scommessa che dovremmo tentare.