25 aprile 2017/ La necessità di riconoscere il nemico
Il 25 aprile è ormai da molto tempo una ricorrenza vuota. E’ stata completamente devitalizzata nei suoi contenuti di ribellione, di lotta armata, di sollevazione nei confronti dell’autoritarismo, del dispotismo, del controllo sociale, dello stato etico, della gerarchia, del classismo, del razzismo.
E’ diventata uno strumento per supportare una democrazia autoritaria che si propone come unico bene e che si identificherebbe con l’esistente ordinato, il migliore dei mondi possibili, connaturato dal fascino di un teorema immutabile. La distruzione di ogni autonomia nei rapporti sociali, nel territorio, nei luoghi di lavoro, è la garanzia di una radicale estirpazione dell’antagonismo di classe, la condizione di una società normalizzata, priva di zone d’ombra, subalterna al grande capitale, illuminata in ogni ora del giorno e della notte in tutti i posti privati e pubblici da un controllo rigoroso, diffuso, molecolare.
Abbiamo il diritto di esercitare la libertà di pensiero e di parola purché sia conforme al dettato vincente e imperante.
Il capitale sussume tutto il corpo sociale tendendo sempre più a farsi società, anzi a caratterizzarsi come unico rapporto sociale. Il capitale diventa società, mentre lo Stato si facarico di legittimare e difendere tutte le relazioni di dominio che sono insite nel capitale–società.
E’ la realizzazione del progetto/programma nazista: lo Stato sottopone a comando e a controllo preventivo e repressivo tutti i momenti in cui si produce antagonismo sociale, tende all’eliminazione di ogni momento di mediazione tra i cittadini e lo Stato e mira al comando diretto dei potentati economici.
Proprio per questo non basta denunciare le brutture del neoliberismo, l’attacco a tutto campo al lavoro, allo Stato sociale, alla scuola, alla sanità… alle libertà individuali e collettive, ma è necessario individuare il nemico, cioè l’autore materiale della naturalizzazione del neoliberismo nel nostro paese e cioè il PD e tutta la rete dei suoi accoliti, le prefiche della non violenza, le vestali della legalità, le strutture annesse e connesse che a fronte di parole accattivanti e “moderne” sono portatrici del fascismo e dell’autoritarismo nel nostro paese. Il neoliberismo ha rotto il patto sociale, ha chiuso ogni possibilità di contrattazione e spinge al collaborazionismo, l’unica forma di rapporto possibile in quanto permette al potere di presentarsi come attento e disponibile alle istanze sociali rafforzandosi e veicolando la propria scala di valori.
Pertanto è suicida mantenere un qualsiasi rapporto con il PD a qualsiasi livello e non denunciarlo come portatore di un progetto autoritario legato a sanguinosi colpi militari e a crudeltà di tipo coloniale nel terzo mondo e nei paesi occidentali di una società che, dietro la maschera della modernità, è contemporaneamente feudale, ottocentesca e nazista. Un progetto che, tra l’altro, attraverso gli opposti estremismi, il politicamente corretto, la spinta alla guerra fra poveri e tra cittadini così detti “legittimi” e migranti, sta consegnando alla destra il dissenso e l’alterità verso una condizione di vita insopportabile.
Se la storia e la memoria servono a qualcosa, e a questo devono servire, celebrare la resistenza significa riconoscere chi nel nostro paese è portatore del devastante progetto neoliberista e cioè il PD in tutte le sue varianti ed accezioni.
Riconoscere il nemico è una necessità imprescindibile per non combattere a vuoto, anzi facendo gli interessi del potere.
Coordinamenta femminista e lesbica