Daniela Pellegrini/ Manifesto per l’apertura del primo gruppo di donne a Milano-1964
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DOCUMENTO PER UN’APERTURA DI DIBATTITO
1964 (Daniela Pellegrini)
L’estraneità assunta dalla donna di fronte e nel contesto dei problemi che rendono attivo
l’individuo nella storia è stato ed è il comodo antidoto all’estraneazione subita ed accettata. La
società non fa altro che sostenerla ed agevolarla nella misura in cui vuole relegare la ‘femminilità’
(l’eterno femminino!) a un ruolo circoscritto in una sfera a parte, che ha in sé tutte le prerogative
dell’estraneazione poiché essa deve bastare a se stessa. Le sono stati imposti infatti compiti e
funzioni specifici a una interpretazione ‘sessuale’ della donna. In questa sfera ella trova l’unica via
a significarsi in una trascendenza costruita sul sentimentalismo della riproduzione e del richiamo
sessuale.
L’ educazione, l’esempio, la limitazione all’azione e dell’interesse, e il derivante modo di vivere
della donna, la chiudono nella sua sfera senza speranza. In questo ambito, poiché la donna è un
individuo pensante ed ha bisogno di costruirsi e riconoscersi dei valori, essa ha trovato il modo di
trasferire la propria trascendenza ‘in quello che gli Altri vedono in lei’ e non ha saputo e potuto
vedere in sè (e per se stessa) l’individuo autonomo, che può autodefinirsi. Si fa ed è mantenuta
‘oggetto’ per rappresentare una trascendenza femminile agli occhi del maschio. E’ negli occhi del
maschio che si trova e può essere definita la trascendenza della donna. Essa non le appartiene.
Oggi:
Qualcosa sta cambiando. La formazione della donna avviene con un tenore di limitazioni inferiore,
alcuni esempi la indirizzano diversamente, gli ambienti sono più aperti… e se ne possono vedere i
risultati. Anche se dobbiamo circoscrivere questo ‘progresso’ a casi fortunati (privilegi economici
che consentono preparazione culturale) o anche al contrario, strettezze economiche che
costringono ad uscire dagli schemi (nel lavoro e nei contatti allargati ecc).
Se dunque le possibilità oggettive si sono allargate (scuola obbligatoria, creazione di asili,
anticoncezionali, ecc) l’ignoranza stessa di questi cambiamenti e il costume retrivo insito ad una
psicologia incancrenita dalla tradizione e dalle paure, ostacolano un effettivo allargamento e
rafforzamento di queste possibilità.
Le stesse donne ‘emancipate” hanno in sé questo malessere psicologico non controllato da alcuna
tradizione culturale, che le fa sentire inferiori e in condizione di fragilità rispetto alla loro capacità
di ‘farcela’. Entrando in un ambiente ‘misto’ esse annaspano faticosamente in coda, fanno
riferimento agli ‘uomini’ e da essi chiedono riconoscimento.
Il metodo usato dalle ‘emancipate” per farsi valere è una lotta individuale, che, anche se porta a
dei risultati, resta caso isolato: l’eccezione che conferma la regola e che mette in risalto semmai le
altre mille ‘nullità’ femminili. L’individualismo non serve.
Ostacoli:
D’altra parte, se in questa lotta la donna ha di fronte il maschio indifferente, se non più spesso
decisamente ostile, ella si trova anche circondata dalle sue simili. La donna è la nemica più vera
della donna, proprio perché è costretta ad esserne la rivale per trovare la propria trascendenza
agli occhi dell’uomo: essa ‘guata’ l’altra per coglierla in fallo, sia perché è così poco femminile,
sia perché lo è così troppo! Calunnia, disprezzo, diffidenza, disistima, invidia…nulla è risparmiato
alla donna dalla donna di fronte al maschio, di fronte alla caccia al maschio (unico scopo della
trascendenza ‘femminile’).
Ecco dunque il legame sconosciuto delle donne tra loro: la solidarietà; ecco che questa mancanza
è la base del fallimento di una vera emancipazione, quella che le renda davvero libere alla
trascendenza, insieme.
Conclusioni o quasi:
Questo dunque è il punto da cui iniziare a costruire un allargamento e un rafforzamento di quella
lotta individuale che non deve essere più tale (lo è nella misura in cui è isolata contro tutti, anche
contro le altre donne): la SOLIDARIETA’ basata sulla coscienza di ogni donna che ognuna di esse
può pensare e vivere per se stessa in quanto ‘ donna’ in una TRASCENDENZA propria che non la
definisca semplicemente ‘femmina al maschio’.
Come far capire questo alle donne e portarle all’AUTOCOSCIENZA? … E a questo punto entriamo
nel vivo della questione, per definire anche quello che dovrebbe essere il nostro programma. Sarà
meglio per ora sorvolare sull’approfondimento di quale tipo di autocoscienza (quella che si
immette attivamente in un contesto sociale già costituito, o quello che si oppone a tale contesto
autonomamente?) sia lo scopo ultimo di una seria e libera conquista della propria trascendenza
per la donna. E’ una questione che va ponderata a fondo
.Proposte:
Credo sia chiaro a tutte che l’unico mezzo efficace per incidere sul corso degli avvenimenti e di
prendere parte alle decisioni che riguardano tutte noi, è quello di possedere una chiara coscienza
politica che sommata a quella delle altre crei una forza politica precisa. Un’AUTOCOSCIENZA
delle donne che deve assumere carattere di massa e nel cui ambito deve maturare una forza politica
con prospettive di potere reale. Una forza politica che agisca e abbia valore determinante e, sia
ben chiaro, non solo nella sfera del ‘femminile’.
E’ infatti il caso di specificare che il significato di tale autocoscienza politica riveste una
importanza più vasta che quella di costituire la base di una associazione matura e consapevole
delle donne: esse devono essere coscienti che il proprio ruolo attivo nella storia è quello
rivoluzionario (non solo inserendosi come membro dell’attuale evoluzione, ma come rinnovatrici e
instauratrici di nuovi valori autonomamente scoperti ed affermati)…. . … ………