Miss Università
di Margherita Croce
Come è ormai noto a molte e molti, lo scorso 6 maggio si è svolta, in una sala giochi (Billions- luxury gaming hall) di Roma, la prima selezione nazionale del concorso di bellezza “Miss Università 2015”, la cui giuria era composta, tra gli altri, da un professore della Università Cattolica, da un giudice della corte d’Assise e dal Rettore dell’Università Sapienza Eugenio Gaudio.
L’evento ha suscitato grande e diffusa indignazione per il suo carattere apertamente e marcatamente sessista e per l’immagine che fornisce della donna.
In prima battuta il disprezzo viene indirizzato, e a ragione, verso l’ennesima manifestazione di propaganda del canone di bellezza unico e imperante che opprime noi tutte con la sua perfezione hollywoodiana. E infatti, non solo il premio per la Miss vincitrice è una settimana da spendere in un centro estetico (il quale è tra gli organizzatori del concorso), ma è lo stesso Rettore Gaudio a ricordarci, in una intervista a Repubblica, che eventi di questo tipo negli USA si tengono da anni! Come se una prassi seguita in America fosse garanzia di rispetto per le donne o per l’istruzione…!
Tuttavia, dietro questa coltre così visibile e opprimente dell’aperto, sbandierato, quasi orgoglioso sessismo- quotidiana e pervasiva realtà della vita universitaria- c’è anche qualcos’altro a cui rivolgere la nostra attenzione. Il sessismo non è che la manifestazione esteriore, il risultato, di meccanismi di oppressione di genere più profondi e radicati nel sistema, diremmo strutturali. Bisogna dunque ricercare quali sono i fondamenti del sessismo, mantenendoci nel perimetro universitario.
E’ convinzione comune che il sapere impartito nelle Università sia un sapere maschile…ma in che senso?
Il sapere è maschile perché è patriarcale.
Il sapere è maschile perché veicola contenuti sessisti e opprimenti nei confronti delle donne e delle diversità.
Il sapere è maschile perché veicola contenuti competitivi e autoritari.
Il sapere è maschile perché veicola contenuti classisti.
Il sapere è maschile perché viene selezionato, impartito e tramandato essenzialmente dagli uomini.
Per combattere il sessismo non possiamo tralasciare nessuno di questi aspetti, perché il ruolo in cui viene relegata la donna risponde ad esigenze sociali ma anche economiche.
Per questo è necessario comprendere che “Miss Università” non è altro che un aspetto di una più generale ristrutturazione, in senso peggiorativo e elitario, dell’Università pubblica e di tutto il mondo della formazione. La scuola e l’università stanno rapidamente perdendo il carattere emancipatorio di luoghi di formazione, per trasformarsi, senza mezzi termini, in nudi e crudi luoghi di preparazione al mercato del lavoro. Più propriamente, stanno diventando (sono già diventati?) luoghi di trasmissione del pensiero unico/dominante, di formazione della forza lavoro e di selezione di classe e di genere. L’ università di massa è nata dalla lotte degli anni ’60, ma sta ripiegando su stessa ed è in atto un’enorme regressione storica sia delle condizioni economiche che di quelle istituzionali.
Cardine di questa ristrutturazione è la cultura ideologica del merito. Il concorso di bellezza è una particolare manifestazione della meritocrazia. Questa passa per un sistema di valutazione completamente schiacciato sull’aspetto quantitativo. Anche in Miss Università viene giudicata la “sapienza” delle candidate attraverso la media, il numero degli esami sostenuti e il tempo impiegato. Per renderlo quantificabile il sapere è parcellizzato e specializzato, e diventa nozionistico e completamente sterile. Gli effetti di questa parcellizzazione/quantificazione si riversano anche su insegnanti, prof. e ricercatori i quali, diventando altamente sostituibili, diventano più ricattabili.
La ristrutturazione di tutto il mondo della formazione è connotata da questa ossessione valutativa (nella buona scuola troviamo infatti la valutazione della singola scuola da parte di un comitato ispettivo ministeriale, del singolo docente da parte del preside, del singolo studente con nuove griglie valutative e test invalsi). Miss università si colloca a pieno titolo in questo panorama e, attraverso l’estensione del mercimonio dal sapere al corpo, sposta ulteriormente la frontiera dello sfruttamento e dell’asservimento volontario.
Non è un caso che negli stessi giorni si svolgesse, all’interno della città università di Sapienza, una fiera dell’opportunità lavorativa, la quale offriva ai partecipanti anche 0,5 crediti formativi, dalla campagna fortemente sessista che recitava: “Nessuno te la dà?”, con testimonial Rocco Siffredi che invitava gli studenti a “Tenere duro”.
Queste due manifestazioni non hanno in comune solo il sessismo: sono entrambe originate da un progressivo peggioramento delle condizioni di vita. Da una fortissima riaffermazione dei ruoli in base al sesso biologico, al genere e alle proprie condizioni economiche.
Al rettore Gaudio, che si sbrodola addosso esibendo l’80% di donne nella sua squadra di governo, rispondiamo che le quote rosa non sono il nostro obiettivo. Il femminismo non ha, tra i suoi obiettivi, la parità dei diritti perché la parità, solo formale, che ci viene offerta è solo di due tipi: essere sfruttate come e quanto gli uomini o sfruttare come e quanto gli uomini.
Combattere il sessismo e sradicarlo dall’Università significa combattere la strumentalizzazione e la mercificazione del corpo della donna, ma anche combattere la divisione in ruoli e in ruoli su base sessuale, il merito, l’autoritarismo e il classismo.