La Parentesi di Elisabetta del 18/02/2015

“Forse ce ne siamo dimenticate…..”

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Quando, alcuni anni fa, è stato diffuso il rapporto Nato “Urban Operations in the Year 2020”, abbiamo sentito un brivido lungo la schiena e inquietudine serpeggiante si è impadronita di noi. Non che noi non sapessimo come si muove il neoliberismo, la violenza che mette e sa mettere in atto, la sua completa mancanza di scrupoli condotto dall’unica idea guida del profitto, però quando abbiamo letto le parole con cui il Rapporto spiegava quello che sarebbe successo di lì al 2020 e come il potere socio-economico-politico si sarebbe mosso, ci siamo sentite spiazzate.

L’Operazione Terrestre o Operazione Urbana (UO-2020) all’orizzonte dell’anno 2020 esaminava la natura probabile dei campi di battaglia, i tipi di forze terrestri le loro caratteristiche e capacità.

iIl “Rapporto Urban Operations in the Year 2020” era redatto dalla RTO (Studies Analysis and Simulation Panel Group, SAS-030) :
La RTO, l’Organizzazione per la Ricerca e la Tecnologia della NATO è il centro di convergenza delle attività di ricerche/tecnologiche (R&T) per la difesa in seno alla NATO.

Riportiamo virgolettato dal testo: «Lo spazio di battaglia dell’anno 2020 sarà variabile in densità, non-lineare e più disperso. Sarà di natura cellulare, multidirezionale e sempre più determinato da elementi aerei e spaziali che si trovano al disopra del campo di battaglia. L’ambiente urbano sarà l’ambiente di conflitto più difficile, ma allo stesso tempo il più probabile». Questo dice e, in un contesto così delineato, si sottolinea la centralità di una razionalizzazione dell’interoperabilità delle forze NATO, dato anche l’allargamento seguìto al crollo del Patto di Varsavia, e, in particolare, da un punto di vista strettamente operativo, si caldeggia il dominio sull’informazione, una maggiore capacità tecnologico-militare e una ottimizzazione della logistica.

Alcune branche tecnologiche sono considerate d’importanza cruciale ed elenca, testualmente, «……le tecnologie elettriche ad alta potenza, le armi ad energia diretta, le tecnologie informatiche, le tecnologie delle telecomunicazioni, le tecnologie per la guerra elettronica e dell’informazione, i dispositivi elettronici, la biotecnologia, le tecnologie delle strutture e dei materiali, i fattori umani e le interfacce uomo-macchina, le tecnologie d’attacco di precisione, l’automatizzazione e la robotica».
L’interesse degli esperti NATO verso gli scenari urbani non è affatto casuale, è messa in preventivo la rivolta nei paesi occidentali e dato che le aree metropolitane continuano a crescere senza posa e a catalizzare la conflittualità sociale e politica, i contingenti militari impegnati nelle missioni NATO si trovano sempre più spesso a dover operare in ambienti urbani dove vengono a cadere gli elementi tattico-strategici che erano tipici dei grandi conflitti bellici del Novecento. Inoltre, la complessità “umana” e sociale degli scenari urbani, nell’ottica di una salvaguardia spettacolare di quelli che sono i miti democratici fondativi di un organismo come la NATO, aumenta la problematicità degli interventi e rende necessaria una versatilità tattica contro i punti critici del “nemico”.

Quindi, sapevano e sanno tutto…..cosa faremo… come ci muoveremo… come proveremo a ribellarci… e questo prima ancora della nostra ribellione…….il brivido si trasforma in una sensazione di inadeguatezza e di impotenza. Dovremmo essere noi a pensare per prime/i, dovremmo essere noi a inventare  sistemi di lotta.

Lo stesso brivido lo avevamo sentito quando nel ‘99 le truppe Nato avevano attaccato la Jugoslavia, bombardato le fabbriche di Belgrado e l’ambasciata cinese (per vedere l’effetto che fa?), quando il governo D’Alema aveva trascinato l’Italia in una guerra senza l’ombrello dell’Onu e senza avallo del Parlamento. La guerra era lì, di nuovo in Europa, al di là di uno straccio di mare.

Era la nuova legittimazione della Nato. Concepita in funzione anti patto di Varsavia, una volta sciolto questo, non avrebbe avuto più motivo di esistere. L’aggressione alla Jugoslavia ha fornito agli Stati Uniti l’occasione per avviare il nuovo concetto strategico della Nato, quello di esercito di aggressione al servizio dell’imperialismo statunitense. per rovesciare governi asimmetrici ai suoi interessi e come polizia militare per reprimere le rivolte popolari nel cuore stesso dei paesi occidentali.. Non si tratta più di affrontare direttamente il “nemico”, ma di modellare le condizioni per migliorare e rendere più efficace il proprio ingaggio militare tattico.

E qui intervengono le cinque fasi di gestione militare delle operazioni urbane, ovvero l’USECT:

“Understand”/Conoscenza dell’ambiente/ saper individuare e valutare le infrastrutture fisiche principali, le specificità sociali politiche e culturali della popolazione, le modalità di circolazione e di controllo locale delle informazioni, la possibilità di creare o sviluppare forze “collaborazioniste”…;

“Shape”/Modellamento/ capacità di creare enclavi sicure per la popolazione civile e/o di isolare le forze nemiche anche inibendo le loro potenzialità “culturali” e comunicative nei confronti dei civili…;

“Engage”/Ingaggio militare spaziare da operazioni di combattimento su vasta scala a interventi umanitari nei confronti dei civili e che si pone come fine il raggiungimento degli obiettivi tattico-strategici prefissati a monte dell’azione….;

“Consolidate”/Consolidamento/) consolidamento delle posizioni conquistate e progressiva disorganizzazione dell’avversario, soprattutto grazie all’instaurazione di poteri locali “amici” e al controllo sui piani di ricostruzione….;

“Transition” /Transizione/ riconsegna dei meccanismi di controllo dell’area urbana alle autorità locali con progressivo sganciamento del contingente militare impiegato.

Forse abbiamo dimenticato tutto questo? Forse quello che sta succedendo in Ucraina non ci fa correre i brividi lungo la schiena? La Siria e l’Ucraina, passando per l’Iraq e la Libia, sono gli ultimi tasselli. Da qui, anche, la cooptazione nella Nato di paesi dell’Est europeo.

Questo è il senso del ruolo della Nato che a partire dalla Jugoslavia ha destabilizzato interi paesi e aree geografiche, questo è il senso dell’apparizione dei Talebani, dell’Isis e di tutta la pletora degli integralismi musulmani, pagati, equipaggiati ed addestrati dagli Stati Uniti direttamente o tramite gli stati vassalli.. Qatar.. Arabia Saudita… Bahrain, questo è senso del rovesciamento di Saddam Hussein e della sua impiccagione, questo è il senso dell’aggressione alla Libia e del linciaggio di Gheddafi, questo e non altro è il senso dell’aggressione alla Siria e del colpo di stato in Ucraina.

La Nato oggi si propone come polizia internazionale rompendo la divisione tradizionale tra esercito e polizia, trasformando intere aree geografiche in luoghi di detenzione a cielo aperto, balcanizzando interi ambiti geografici con la nascita di Stati da trasformare in basi militari Usa, crocevia di ogni traffico illecito sul modello del Kossovo.

La Nato non è più un problema solo di chi si pone in maniera antagonista, non è più un problema esclusivamente politico e ideologico, è motivo di preoccupazione per tutti/e quelli/e che pensano che diritti civili, diritto internazionale e autodeterminazione dei popoli non siano solo parole vuote di propaganda.

Per questo l’uscita dell’Italia dalla Nato diventa tema centrale su cui mobilitare e riunire tutte le forze che rifiutano il modello neoliberista, che sperano in una politica internazionale pluralista sottratta al monopolio di un solo paese e che ricercano autenticamente scenari di pace.

Uscire dalla Nato, chiudere le basi Nato in Italia, oggi è uno degli obiettivi politici più importanti che abbiamo di fronte. Le analisi politiche non possono essere solo esercizio teorico, devono tramutarsi in scelte precise.

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