Tre anni fa

La memoria del pesce rosso

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Elisabetta Teghil

“Su strade che nessuno ha mai percorso, rischia i tuoi passi, in pensieri che
nessuno ha mai pensato, rischia la tua testa.”

Odéon occupato, Parigi,maggio1968.

Pesce-rosso 
E’ in atto un dibattito circa quello che è successo il 15 ottobre a Roma. Bisognerebbe cominciare dalla constatazione che la socialdemocrazia ha cambiato pelle da quando ha rinunciato alle sue basi teoriche, a meno di non definire teoria quella summa di abiure che sono la “terza via” e la “scelta giusta”.
E ha occupato, trasformandosi in destra moderna, da quando, per tradimento teorico, per opportunismo, si è fatta carico di naturalizzare nella società il neoliberismo, lo spazio dei partiti conservatori che si preparano ad uscire dalla storia.
In questa deriva politica, lo spazio della socialdemocrazia è, oggi, occupato da quella che, una volta, si definiva “sinistra radicale”. E, alla “sinistra radicale” è stato assegnato, nella divisione capitalistica del lavoro politico, il compito di rappresentare, gestire, incanalare i/le resistenti, /lei solidali, gli/le antagonisti/e…
Nel 1999, è stata aggredita la Jugoslavia, senza l’ombrello/alibi dell’Onu, senza l’approvazione dei parlamenti, segretario generale della Nato Javier Solana, dirigente del partito socialista operaio spagnolo ( PSOE) e, primi ministri della Germania , della Francia, dell’Italia e del Regno Unito, rispettivamente, Gerhard Schroder, Lionel Jospin, Massimo D’Alema, Tony Blair, tutti importanti esponenti della socialdemocrazia europea.
E, come ha aggredito la Jugoslavia in nome del realismo, oggi, la socialdemocrazia partecipa, in maniera attiva e importante, alla repressione dei quartieri e delle piazze in rivolta. Alla, ormai ex, sinistra radicale assegna il compito di trasformare le proteste in processioni e le richieste che vengono dal basso, in giaculatorie. In cambio, promozioni sociali e possibili rappresentanti in parlamento.
Quello che è successo il 15 ottobre è nient’altro che repressione, perché ciò che guida le anime della socialdemocrazia è non rimettere mai in questione nulla, e tanto meno l’ordine sociale. E tutte le motivazioni ed i distinguo sono gli stessi che vengono adottati nei confronti delle guerre neocoloniali e della resistenza dei popoli locali.
Oggi, assistiamo ad un fenomeno tutto nuovo, la gestione di aree geografiche, ceti, ambienti del mondo occidentale, in maniera coloniale. Le argomentazioni, le condanne e i distinguo, riversati sugli antagonisti di Roma, sono gli stessi usati contro i resistenti dei paesi del terzo mondo. Quelli della “sinistra radicale” hanno assolto il compito di ascari.
I ruoli di tutti, in piazza a Roma, sono di più facile lettura di quanto qualcuno abbia interesse a raccontare.
Il livore dei partitini e delle associazioni collaterali, con la caccia alle/agli antagonisti, con il loro pestaggio, e la loro consegna alla polizia e, successivamente, con la campagna di delazione, non è dovuto solamente alla tradizione stalinista, di cui, almeno in questo, sono gli eredi quando si comportano in questo modo, ma al fatto che le uova si sono rotte nel paniere. Avrebbero voluto che quella giornata avesse tirato la volata alle loro elezioni.
Ma così non è stato.
Il 15 ottobre ha sancito la rottura senza ritorno tra movimento e partiti e associazioni della così  detta sinistra radicale.
Va per la maggiore, la lettura dell’attuale fase, peraltro vera, del distacco tra economia finanziaria e economia reale. Sul totale delle transazioni finanziarie quotidiane, su scala mondiale, soltanto l’1% è dedicato alla creazione di nuova ricchezza. Il resto è di natura speculativa.
Tutto questo è accompagnato dall’esplosione delle disuguaglianze e del ritorno massiccio della disoccupazione e della precarizzazione, nonché, della povertà che, in paesi come gli Stati Uniti, è nell’ordine di 80 milioni di persone, almeno quelle che sono attestate sugli standard dei paesi africani, con un crollo dell’attesa di vita e con l’impennata della mortalità infantile, sempre a livello dei paesi africani.
Questo fenomeno si è spostato in Europa, a cominciare dall’Inghilterra, contemporaneamente alla distruzione delle strutture di resistenza al dominio del mercato: parlamenti, associazioni, partiti, sindacati, collettivi….
Tutto questo si è manifestato, in tutta la sua potenza, dopo la caduta del muro di Berlino e la scomparsa dell’URSS.
E qui sta la responsabilità di quelle/i che, fino all’ultimo, hanno accreditato quei sistemi come comunisti, invece di raccontare quello che erano effettivamente, paesi a capitalismo di stato, trascinando nella loro sconfitta l’idea di socialismo e di comunismo. Perpetuando questo equivoco, come riflesso, hanno contribuito allo smantellamento ideologico della destra tradizionale che aveva nell’anticomunismo una sua base dottrinale.
Il neoliberismo si sta dispiegando, su scala planetaria , con decuplicata energia. Il trionfo dell’economia di mercato con un suo tragico corollario di pesante ingiustizia.
E’ in questo contesto, che le forze politiche tradizionalmente socialdemocratiche, hanno occupato il posto che, una volta ,era della destra, così come l’abbiamo conosciuta in questo paese.
Non denunciare, ora e qui, questa mutazione genetica ha la stessa valenza e avrà gli stessi effetti negativi che ha avuto non aver denunciato, a suo tempo, l’essenza dell’Unione Sovietica. Se non denunciamo questo, i danni che il neoliberismo porterà a questo paese, a partire dalla distruzione dello stato sociale, saranno addebitati, sia pure erroneamente, alla sinistra.
Già oggi, assistiamo alla disaffezione dalla politica, alla rinuncia della conflittualità. Il numero dei militanti politici è ridotto ai minimi termini, come mai in passato. Si è propagato un enorme discredito nei confronti della politica, intesa come un magma indistinto: il ritorno al qualunquista “la politica è sporca”.
E’ ora di gettare qualche granello che inceppi, in qualche modo, il barbaro meccanismo neoliberista. Dovremmo introdurre una qualche situazione di umanità in questa società.
Dovremmo impegnarci per la costruzione di un edificio concettuale da contrapporre all’attuale modello dominante, all’ideologia neoliberista. La costruzione di questo progetto non è affatto un’impresa facile perché si parte da una situazione di quasi “tabula rasa” e perché si è ancora suggestionati da partiti e partitini che si autopongono come di sinistra, mentre sono la traduzione in politica del progetto neoliberista.
Non si tratta di trovare un progetto bello e fatto e impacchettato, ma un modo di vedere e di analizzare la società che possa consentire nel tempo di sconfiggere l’ideologia neoliberista con un’altra concezione del mondo.

“Delinquenti, facinorosi, violenti … Bisogna agire con la massima fermezza e severità, senza alcuna indulgenza, perché è criminalità pura e semplice e non bisogna farsi condizionare dalla giovane età o da fasulli diritti umani”.
Chi l’ha detto? I media britannici, i partiti di governo e opposizione per le rivolte di Londra o i media , i partiti di governo e di opposizione italiani per la manifestazione del 15 ottobre? Tutti e due.
Il loro linguaggio trasuda odio di classe e hanno minacciato quei, purtroppo pochi, che leggono le motivazioni sociali che stanno dietro a queste rivolte, di considerarli complici. Hanno smantellato lo stato sociale, ridotte le lavoratrici e i lavoratori a nuove/i schiave/i, allargata a dismisura la platea dei poveri/e e un mare di persone sono sotto la soglia della povertà.
Hanno messo in preventivo le rivolte e un sistema mediatico- giuridico che assolvela repressione delle stesse.
La violenza è sempre degli operai di Reggio Emilia e di Corso Traiano a Torino, dei ragazzi/e con la maglietta a strisce e delle/dei noglobal a Genova, dei militanti dei movimenti del ’68 e del ’77, dei resistenti della Val di Susa e dei /delle solidali contro i Cie.
Adoperano sempre lo stesso armamentario lessicale: ”…erano travisati, si muovevano all’unisono sotto un’occulta regia, sapendo in anticipo cosa fare.”
La borghesia riserva solo a sé la lotta di classe e l’uso della violenza, ma siccome ha molte sfaccettature, alcuni/e esaltano le lotte del passato e quelle negli altri paesi, ma condannano sempre quelle qui e del presente, altri/e paragonano queste rivolte alle jacqueries di medioevale memoria , dicendo che non hanno progetto e sono violenza fine a se stessa, omettendo a piè pari che le jacqueries erano giuste manifestazioni di collera contadina contro i soprusi quotidiani della nobiltà.
Oggi la borghesia è la nobiltà di allora e quelle/i che si ribellano sono i contadini/e di allora.
Allora la chiesa diceva che i contadini erano maltrattati e tartassati, ma che ribellarsi andava contro dio, oggi, la socialdemocrazia dice che ci sono delle ingiustizie in questo mondo, ma che ribellarsi è passare dalla parte del torto.
Le jacqueries sono state la campana a morto della società feudale, speriamo che queste rivolte lo siano per la società del capitale.
La vita continuamente ci mette di fronte alla necessità di scegliere e anche non scegliere è una scelta.

Pare che la memoria del pesce rosso non superi i tre secondi, ragion per cui può girare in tondo nella sua vaschetta senza annoiarsi.
Per la seconda volta, in questo paese, si assiste ad una campagna di stigma e di demonizzazione di settori del movimento. Quella del ’77 ha aperto la strada a centinaia di arresti e secoli di carcere per gli autonomi. Quella di oggi è costruita per le anarchiche/I, le/i resistenti della Val di Susa, le solidali e i solidali contro i Cie.
La forza dei movimenti, in Italia, ha creato, nell’area della sinistra socialdemocratica, una situazione anomala. I partiti, associazioni e organizzazioni, che si autodefiniscono di sinistra, sono parte attiva di queste campagne.
Questo avviene perché, non solo si autorappresentano di sinistra, ma intendono anche avere l’esclusiva della rappresentazione  del popolo di sinistra, con la pretesa  di colonizzare e addomesticare tutti gli spazi autonomi, sia sul piano geografico che nell’universo mentale e politico.
E’ una realtà composita di partiti, partitini e associazioni, uniti da un credo integralista, dalla convinzione di avere il verbo dell’ortodossia, che perseguita come eresia tutte le forme diverse e singolari di rappresentarsi di sinistra. Il risultato è una feroce gelosia nei confronti di tutto quello che, nella sinistra, è cultura altra. Da qui, la violenza esercitata in coabitazione, con ruoli differenti, nei confronti di ogni forma di singolarità, specialmente nei confronti di quelle/i che vogliono affrancarsi dal destino loro assegnato dal corpo, dal sesso, dalla nascita.
Avendo scelto di non aver più come nemico la borghesia, il nemico lo hanno creato all’interno del variegato mondo della sinistra, producendo ogni sorta di metastasi disumana, come la delazione  e la consegna di ragazzi e ragazze alla polizia. Per un sistema politico-culturale-organizzativo di questo tipo, ogni forma refrattaria è virtualmente pericolosa. Mettere, da parte di alcune/i, in discussione le pretese egemoniche culturali e politiche della sinistra socialdemocratica, nonché i suoi valori, fa sì che vengano immediatamente etichettate/i come estremiste/i, violente/i, settarie/i.  L’autonomia nei riguardi del pensiero unico, dell’orizzonte consensuale che questi prospettano, è un crimine e, come tale, viene da loro , perseguito.
E’ la vittoria della violenza del “bene”.
A noi vorrebbero riservare il destino che, in Dostoevskij, il Grande Inquisitore riservava alle masse addomesticate. Per questo, oggi, le lotte non poggiano solo sulla disperazione delle umiliate/i , delle oppresse/i, delle offese e degli offesi, ma sulla disperazione invisibile dei/delle più. E’ da questa disperazione invisibile che dobbiamo procedere per la realizzazione di una vita che valga la pena di essere vissuta e per la realizzazione dei nostri desideri.
La sfida deve essere raccolta, ma, siccome noi siamo altro, non li ripagheremo con la stessa moneta.
Ci solleveremo, ovunque, anche in forme eterogenee, non solo diverse, ma, soprattutto, antagoniste.

 

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