“Buonismo violento”
Il capitale, in quanto rapporto sociale, diventa società, mentre lo Stato si fa carico di assumere, legittimare, promuovere e difendere tutte le relazioni di dominio del capitale stesso. Pertanto sottopone a comando e a controllo preventivo e repressivo tutti i nodi in cui si produce antagonismo sociale. Da qui ogni ipotesi rivoluzionaria non può che incardinarsi ed approdare alla conclusione che si deve porre fuori e contro di esso in quanto affermazione della vita sulla morte, dell’attività creativa sulla merce.
E’ necessario , perciò ,recuperare la valenza antagonista e liberatoria del femminismo. Riaffermare con forza l’alterità di ogni movimento femminista a qualsiasi ipotesi di gestione di questa società.
La beauté est dans la rue… et le féminisme aussi !
Porsi fuori e contro la società del capitale a partire dal rifiuto della sua ideologia al fine di far valere la volontà di riscatto e di liberazione degli oppressi/e. Una pratica di riappropriazione e soddisfazione dei propri bisogni, fuori e contro il lavoro salariato, i ruoli, la meritocrazia, le gerarchie….. sapendo che dovremo fare i conti con il riformismo e la socialdemocrazia tutti tesi ad amministrare l’oppressione delle donne, dei lavoratori, dei popoli del terzo mondo….. Infatti, sono soprattutto riformisti e socialdemocratici che premono maggiormente per le “riforme”, parola di cui hanno stravolto il significato originale, per ridefinire i rapporti lavorativi, lo Stato sociale ,il sistema giuridico mentre spetta a noi praticare direttamente i nostri bisogni reali con la consapevolezza della portata liberatoria che questo ha nei confronti dei miti volutamente fallaci e fuorvianti della legalità e della non violenza.
Un ruolo particolarmente importante viene ricoperto all’interno della componente socialdemocratica dalle vestali della legalità e dalle prefiche della non violenza, tutte intente a contrabbandare un buonismo di facciata per anima del femminismo. Un buonismo, infinitamente violento, per l’intolleranza, ,la demonizzazione, la ghettizzazione di chi non la pensa come loro.
Un buonismo violento che trascina ogni rivendicazione nel pantano di un asservimento volontario, in una litania di querule richieste di delega e di protezione, togliendo capacità di indignarsi e possibilità reattiva, un buonismo di facciata che riporta le donne e le diversità alla condizione di esseri da tutelare, continuamente alla ricerca di attenzione e approvazione
Una reiterata riproposizione di quello che il patriarcato richiede alle bambine fin dalla più tenera età ed il neoliberismo pretende dai popoli del terzo mondo, attraverso le Ong, le Onlus, le associazioni non governative, popoli del terzo mondo che dovrebbero trovare una loro dichiarazione di esistenza nell’approvazione da parte della cultura occidentale e neocoloniale a cui si dovrebbero affidare a mani e piedi legati.
Questo vale anche per noi.
E’ indispensabile recuperare l’autonomia che è la presa in carico direttamente da parte nostra dei nostri desideri e la consapevolezza della possibilità di realizzarli. E’ un tessuto di comunicazioni e organizzazioni, informazioni, lotte, conoscenze e saperi che si oppone alla società capitalista patriarcale e della quale è alternativa.
E’ la riappropriazione di un tempo liberato dal lavoro salariato, dal lavoro di cura, dai ruoli ed è coscienza e tessuto di comunicazione e organizzazione sociale.