La Parentesi di Elisabetta del 15/01/2014

“SETTARISMO”

“Scopi,fini,professati per il partito e per coloro che vi appartengono, non per il bene comune” (Zingarelli-vocabolario della lingua italiana)

E’ nelle battaglie culturali sul terreno delle lotte che le donne prendono coscienza del loro essere sociale e avviene il passaggio dal genere in sé al genere per sé.

E, questo, mette al centro dell’impegno la trasformazione dei rapporti sociali.

Non c’è frattura tra momento economico, politico e culturale.

Se non si saldano dialetticamente questi tre momenti, prende il sopravvento la lettura socialdemocratica del femminismo che altro non è che autorappresentazione dell’ideologia borghese, cioè della visione onnicomprensiva del sociale che la borghesia dà di sé.

E, perciò, si partecipa alla conservazione della sua egemonia, a tutto campo, quando non se ne diventa, addirittura, strumento, collaborando, a vario titolo, al suo funzionamento.

Momento nodale è l’uso arrogante che la visione socialdemocratica del femminismo fa della condizione della donna che si tramuta in intolleranza verso ogni altra forma di idea politica che non sia il modello parlamentare e l’annesso mercato politico e relative quote rosa.

Una rappresentazione manichea e settaria della realtà da dove sono omessi completamente i tratti distintivi di questa società con le ingiustizie economico-sociali, le prevaricazioni nei confronti della stragrande maggioranza delle donne, le forme violente di dominio dei ricchi/e sui più poveri/e, delle nazioni occidentali sugli altri popoli.

La capacità del movimento femminista di leggere la trasversalità e la continuità della società patriarcale come elementi fondanti dell’oppressione della donna, da momento e occasione di liberazione, diventa, nell’ottica socialdemocratica, strumento di parte e di comodo,con una forzatura a tutto campo, per dimenticare miseria, sfruttamento, colonialismo, dittature, fascismo.

Per fare questo, la visione socialdemocratica del femminismo, si presta a delegittimare dissenso, malessere, ribellione, rappresentai ora come antiquati, ora come estremisti, e, per potersi autopromuovere, perpetua il principio dei due livelli, distinti e gerarchici, quello delle intellettuali e colte e quello della restante massa delle donne.

E’ questa la vera essenza delle quote rosa: una promozione sociale per collocazione di classe.

La nostra liberazione non si trova dentro lo Stato, nella dimensione istituzionale e coercitiva che dello Stato è l’essenza, nella fittizia contrapposizione tra chi guida e chi è guidata/o,

tra chi decide e chi deve essere convinta/o.

Questo sistema e la sua articolazione patriarcale non è naturale. Volerlo far passare come natura è il modo per non mettere in discussione nè il sistema, nè l’oppressione patriarcale.

Accettando il darwinismo politico, lo Stato è legittimato ad esercitare violenza contro tutte/i quelle/i che ne mettono in discussione la natura e il ruolo, a partire, chiaramente da quelle/i che tentano di sottrarsi alla condizione loro data dalla nascita, dalla classe, dal genere, dall’etnia…

Il passaggio obbligato è, sempre e soltanto, quello di una rivoluzione a tutto campo che investa, per intero, il metabolismo sociale.

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