La Parentesi di Elisabetta dell’8/01/2014

“ Ritornelli”

Ogni volta che una donna viene stuprata, violentata, insultata, offesa c’è chi dice che aveva la gonna troppo corta o lo sguardo troppo ammiccante o che andava in giro di notte da sola….

Quindi la colpa sarebbe nostra. Ma dimenticano che nessuna può essere giudicata, insultata, violentata a nessun titolo e, tanto meno, per le sue scelte personali e di libertà, e confondono l’aggressore con l’aggredita, l’oppressore con l’oppressa.

Poi, c’è chi dice che l’aumento dei femminicidi è dovuto all’emancipazione. Le donne rivendicando autonomia, libertà e autodeterminazione avrebbero provocato scompaginamento nel rapporto con il maschio e messo in crisi il suo ruolo sociale, così da provocare una reazione violenta.

Quindi la colpa sarebbe nostra. Ma dimenticano che l’oppressione sulle donne è strutturale, che i ruoli sociali non sono una scelta personale ma un’impostazione socio-economica e che l’ideologia neoliberista ripropone in maniera prepotente ruoli, gerarchia, autorità.

Ultimamente, poi, c’è chi dice che il femminismo si sarebbe venduto al patriarcato, che le femministe sarebbero funzionali al capitale.

Ancora una volta la colpa sarebbe nostra. Ma confondono l’emancipazionismo con la liberazione della donna, le donne socialdemocratiche con le femministe, la strumentalizzazione delle lotte con le lotte stesse.

Sono tutti ritornelli che, ripetuti come un mantra, attraversano il comune sentire, ma non sono casuali o innocentemente qualunquisti: la colpevolizzazione è uno strumento di soggezione collaudato e applicato, in svariati modi, alle oppresse e agli oppressi tutte/i.

Rifiutare questo meccanismo colpevolizzante passa attraverso l’analisi materialista della storia, della memoria e del presente, passa attraverso il rifiuto dell’egemonia culturale del dominio.

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