Alba De Cespedes

 Lettera a una madre

Mamma,
comprendimi
fin d’ora:
dovrai ben comprendermi,
un giorno,
anche gli altri dovranno.

M’avresti capita
di certo
se fossi fuggita con un amante:
sei una sentimentale,
e all’età mia queste fughe
finiscono in marcia nuziale.

Avresti compreso
se me ne fossi andata
perché volevo diventare
una stella
della televisione
pagata un milione per sera:

Non me ne sono andata
per guadagnare molti soldi
né per vivere un romanzo
rosa:
ti ho lasciata
per qualcosa che credo
sia giusto.

Ascoltami, madre
della mia infanzia,
il tuo volto ansioso
presso il mio letto,
madre sfinita, madre
di guai,
e di commissioni,
madre piena di preoccupazioni,
madre di quattro figli
lunghi da portare,
madre straniera a tutto
quello che ero, eppure
madre che mi capiva
senza capire.

Non essere dalla parte della polizia,
dalla parte della borghesia,
non è la tua parte, quella,
madre dalla sporta
pesante,
dal portamonete
leggero,
dalle mani che emanano
decenni di rigovernatura,
di spazzatura, di minestra di verdura,
con le tue paure di moglie
d’impiegato
che può essere licenziato
da un giorno all’altro.

Mamma, vorrei parlarti
come ti parlo di lontano.
Ti voglio bene, lo sai,
anche se non tornerò
mai, mai più, a casa.

Mamma, perdonami
di non aver sposato
il ragazzo del quarto piano
che aveva un bell’avvenire assicurato
all’Esattoria Comunale.
Perdonami per la veste nuziale
che non potrai
comperarmi.
Non sono quella
che sognavi,
ma non sono nemmeno
quella che tu piangi.

Sono una figlia
come tante altre:
una sconosciuta
che ti somiglia
e fa una vita
che non ti piace.

Siamo tutti così,
per i genitori,
ma per ogni figlio
la propria madre
è una madre straordinaria.

Mamma, addio, o arrivederci,
come vorrai.
Puoi sempre chiamarmi
da Marion: lei sa
dove trovarmi.
Ti voglio bene, mamma,
come possiamo amare
oggi: senza commozione
e senza pietà.

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