Presidio No Dal Molin

Riceviamo e giriamo.

La scelta dei militari Usa di annullare l’appuntamento del 4 maggio,
l’Open Day rivolto ai vicentini, è la conferma che questa è una città
tutt’altro che pacificata e ridotta alla rassegnazione, a differenza di
quello che i generali americani continuano a sostenere. Viene evocato il
rischio violenza da chi, in giro per il mondo, produce guerre e
distruzioni, da chi ha imposto con arroganza questa base di morte ad un
territorio e ad una comunità, da chi ha calpestato la democrazia,
contorcendola a proprio uso e consumo, da chi non ha avuto scrupolo nel
devastare l’ambiente, nel mettere a rischio le falde acquifere. Questa è
la vera violenza che si è consumata fino ad oggi contro migliaia di
donne e uomini che, con forza e dignità, si sono battuti contro la base
al Dal Molin.

Vogliamo pubblicamente ringraziare tutti coloro che, da tutta Italia,
avevano già deciso di essere quel giorno al nostro fianco, nella
mobilitazione contro la base. Associazioni, gruppi, centri sociali,
singoli cittadini che, ancora una volta, hanno dimostrato quanto sia
forte e potente la solidarietà e la capacità di affrontare
collettivamente le sfide che troviamo lungo i nostri percorsi.

Gli americani hanno sbagliato completamente i loro calcoli. Pensavano
ad una comunità ridotta al silenzio, inerte, incapace di mobilitarsi.
Nella loro arroganza non hanno tenuto conto di ciò che invece è successo
in questa città, dalle oceaniche manifestazioni alle mobilitazioni degli
ultimi mesi.

Hanno dimenticato di essere stati costretti alla retromarcia nei loro
progetti sulla base Pluto, hanno dimenticato le incursioni, i tagli
delle reti, i blocchi e le contestazioni. Non erano marziani quelli che,
rischiando personalmente, hanno messo in crisi i loro apparati di
sicurezza. Erano cittadini, uomini e donne che non hanno rinunciato a
lottare contro la guerra e i suoi strumenti di morte.

Quegli stessi cittadini che, già da tempo, li avevano costretti a
modificare radicalmente i loro progetti sul Dal Molin, strappando alla
militarizzazione gran parte di quell’area che, in un primo momento,
doveva essere interamente occupata dalla base. Solo grazie alla
mobilitazione generosa e straordinaria di migliaia di donne e uomini ha
impedito che venisse fatto un nuovo aeroporto militare a servizio
dell’esercito Usa, riducendo quella base ad una inutile cattedrale nel
deserto. Quell’area conquistata, che oggi diventa uno spazio verde per
la città, così come avevamo già evocato nel settembre del 2007, durante
il primo festival NoDalMolin, con la posa degli alberi in quello che fin
da allora ribattezzammo Parco della Pace. Un’area di migliaia di metri
quadri, prima inaccessibile ai cittadini di Vicenza, che è stata
letteralmente strappata all’ingordigia dell’esercito Usa e ai
cementificatori nostrani. Un Parco della Pace che non è però sinonimo di
pacificazione, anzi. A ricordarci di quanto sia costato è il fatto che,
proprio in questi giorni, decine di vicentini, di attivisti del Presidio
No Dal Molin, stanno ricevendo i rinvii a giudizio per l’occupazione del
parco del 25 aprile di tre anni fa.

Per l’ennesima volta si tenta di piegare un enorme problema politico a
semplice questione di ordine pubblico, cercando di intimorire chi ha
lottato (e continua a farlo) contro la guerra e l’arroganza. Così come
si è tentato di farlo con il processo nei confronti di decine di
attivisti che occuparono la prefettura il 16 gennaio 2008 e che, guarda
caso, vedrà il suo epilogo il 3 maggio, un giorno prima
dell’appuntamento ormai annullato dall’esercito statunitense.

La lotta che abbiamo fatto alla luce del sole e su cui lo stato vuole
ancora una volta imbastire un processo, ci consegna invece un dato
materiale, la conquista del Parco, e una suggestione potente, che per
noi diventa una bussola nel nostro percorso di mobilitazione permanente
contro le basi. Le lotte, le mobilitazioni, quando sono capaci di
allargarsi, di radicarsi, diventano vincenti, e questa in particolare ci
indica una direzione ben precisa, che noi vogliamo intraprendere con
forza e convinzione, verso la completa riconversione ad usi civili delle
installazioni militari. Un obbiettivo reale, concreto e praticabile.

Il pensiero di una città che non sia costretta ad ospitare il Dal
Molin, la Ederle, la Pluto e tutte le altre strutture militari
disseminate dappertutto, è una molla straordinaria, che ci carica di
entusiasmo e di determinazione.

Sicuramente siamo soddisfatti che la farsa del 4 maggio sia stata
annullata, ma ovviamente questo non ci basta, non ci appaga. Il lungo
cammino dell’indignazione e della dignità, sostenuto dalla solidarietà
attiva di tante e tanti amici sparsi in tutta Italia, non si ferma certo
adesso. Un appuntamento è stato cancellato perché si è capito che la
città non ha cancellato la propria storia, e migliaia di donne e uomini
erano pronti a portare la propria contrarietà alla guerra fin dentro le
loro basi.

Quel giorno non staremo nelle nostre case. Abbiamo deciso di
trasformare l’appuntamento del 4 maggio in una iniziativa cittadina, e
invitiamo tutte e tutti le/i vicentine/i a manifestare con noi, con le
forme che decideremo collettivamente martedì prossimo all’assemblea del
Presidio No Dal Molin, perché il percorso non si interrompe, perché la
nostra indignazione non si placa.

In estate gli statunitensi vogliono inaugurare ufficialmente il Dal
Molin con fanfare e ospiti proni e devoti.

A tutti coloro che, da tutta Italia, avevano già programmato di essere
a Vicenza il prossimo 4 maggio, chiediamo di continuare a stare al
nostro fianco contro questa ennesima provocazione che l’esercito Usa
vuole progettare contro la città. I generali a stelle e strisce sappiano
fin d’ora che fuori da quelle mura, quel giorno, saremo in migliaia a
contestare quella parata, ennesimo affronto a questa città e a chi vi
abita.

Presidio No Dal Molin
20/04/2013

 

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