“Giocoforza”
Elisabetta Teghil
I dati dell’Istat e delle associazioni di categoria una volta tanto coincidono riguardo a due casi specifici. Situazione che non succede spesso perché l’uno e le altre sono al servizio di datori i cui obiettivi non sempre sono gli stessi.
A conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, ma sembra proprio di sì, che non c’è nulla di neutrale e apolitico.
Dicevamo, cifre e dati sono identici e fanno riferimento all’aumento molto forte della percentuale di quelle/i che non sottoscrivono la polizza obbligatoria di assicurazione per i veicoli e di quelle/i che ricorrono alla convivenza abitativa, che siano singoli o nuclei familiari.
E non mettiamo in mezzo, come sempre si fa quando fa comodo,gli extracomunitari perché questi due fenomeni riguardano direttamente le italiane e gli italiani.
L’assicurazione obbligatoria, introdotta, guarda caso, nel ’69, era la spia di un miglioramento sociale generalizzato in Italia.
Allora si dimostra tutta l’inconsistenza degli appelli alla convivenza civile, all’educazione civica, perché le/gli italiane/i che non ricorrono all’assicurazione non sono né incivili, né poco civici, semplicemente non sono in grado di pagarla.
Nel secondo caso, delle coabitazioni, è altrettanto inutile sottolineare i vantaggi di uno spazio privato per la qualità della vita.
Lo sanno bene tutte/i che quest’ultima si abbassa quando si è costrette/i a coabitazioni forzate.
Ma, se non si hanno i mezzi economici per permettersi una dimensione privata si è costrette/i, giocoforza, a coabitare.
Tutto ciò è nuovo per l’Italia, ma non in assoluto, perché questa era già la dimensione in cui la maggior parte della gente abitava negli anni ’50 e ’60, a conferma delle conquiste ottenute con il ’68 e con le lotte degli anni ’70. Averle demonizzate e/o aver pensato che quanto raggiunto fosse il frutto naturale di una evoluzione in progresso della società, ha creato le premesse di un ritorno, che si sta attuando in tutti i campi, agli anni ’50, con la realizzazione, qui da noi, del modello americano dove questa dimensione è diffusa e generalizzata.
A conferma che la lotta di classe esiste e che, al di là dei discorsi di comodo e delle incrostazioni ideologiche che l’accompagnano, non è altro che la difesa delle condizioni materiali dell’esistenza.
Da qui, l’inconsistenza di quelle che discettano sul sesso degli angeli, di quelle che dicono di voler dare alle donne “una stanza tutta per sé”, ma che appoggiano, condividono e interloquiscono con chi fa scelte politiche ed economiche che hanno portato a questa situazione e che continueranno ad aggravarla, e di quelle che dimenticano o fanno finta di dimenticare che dare alle donne “una stanza tutta per sé” significa lottare per una società diversa.
A meno che la qual cosa non interessi loro perché “la stanza tutta per sé” ce l’hanno già.