Sakine, Fidan, Leyla.
Elisabetta Teghil
Sakine Cansiz, cofondatrice del PKK, Fidan Dogan, rappresentante del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK) con sede a Bruxelles, Leyla Soylemez, giovane militante, sono state uccise con un colpo di pistola alla nuca nei locali dell’Istituto Curdo di Parigi.
Le modalità e la tempistica di quanto accaduto ci fanno presumere con fondatezza che le vicende siriane non siano estranee a queste esecuzioni.
La popolazione curda è presente non solo in Turchia, ma anche in Siria, in Iraq, in Iran. E la sua aspirazione all’autodeterminazione e all’indipendenza è un elemento con cui la politica regionale di quell’area deve fare i conti.
E’ evidente che c’è un tentativo molto forte da parte dei Circoli Atlantici di forzare la mano al governo turco per spingerlo ad una politica (i pretesti si costruiscono sempre a tavolino) di aggressione nei confronti della Siria.
Nel momento in cui il movimento curdo si è schierato dalla parte del governo siriano ed in Turchia si susseguono manifestazioni di massa, anche nelle città al confine, a sostegno della Siria e contro l’ingerenza anglo-statunitense, l’uccisione delle tre militanti del PKK è un messaggio chiaro indirizzato alla Turchia da parte di chi vuol far precipitare la situazione in Siria creando le premesse di un intervento straniero, in questo caso della Nato.
Quindi, niente trattative con il PKK, nessuna soluzione negoziata per il problema curdo e mano libera per l’aggressione alla Siria da parte della Nato, ribadendo così che la Turchia non può prendere decisioni autonome, ma è uno Stato vassallo.
Altresì, è un messaggio chiaro non solo ai Curdi, ma a tutti i movimenti indipendentisti. Se sono funzionali agli interessi occidentali, vengono finanziati, sostenuti, foraggiati, armati, se, invece, sono altro e, comunque, asimmetrici agli interessi anglo-statunitensi, allora vengono inseriti nelle apposite liste di gruppi terroristici create a Washington e, come tali, vengono perseguitati attraverso il sostegno, il foraggiamento, la fornitura di armi e addetti alla logistica, quando non di mercenari, ai governi locali perchè li reprimano.
Da qui lo smascheramento della vera natura dell’aggressione alla Libia e alla Siria e la pretestuosità degli argomenti portati a sostegno degli interventi, argomenti che sono tirati in ballo o meno a seconda della collocazione,in campo internazionale, dei governi locali.
Allora, noi femministe, ribadiamo con forza, anche in questa occasione, un concetto che ci è caro: proprio perchè ci sta a cuore la condizione delle donne, dovunque, comunque, proprio per questo, non ci facciamo strumentalizzare attraverso racconti palesemente infondati , quando non costruiti ad arte, sempre e solo usati nei confronti di paesi che, pur con le loro miserie e ritardi, hanno la colpa di non permettere il saccheggio delle loro ricchezze da parte delle multinazionali.
Paradossalmente, questo avviene in paesi caratterizzati dal laicismo e, per destabilizzarli e per abbatterli, si utilizzano le forze più reazionarie ed integraliste.
Ricordiamoci sempre Mossadeq, anziano esponente laico della media e alta borghesia iraniana, primo ministro eletto con regolari elezioni, rovesciato, dagli Inglesi e dagli Statunitensi, con un colpo di Stato preparato da una serie di attentati e di uccisioni mirate nei confronti del clero locale e il cui unico crimine era di aver messo in discussione le percentuali sui proventi dell’estrazione petrolifera in mano britannica.
Ed altresì, ricordiamoci sempre dell’Afghanistan, dove un governo che aveva tentato di aprire la società ai diritti civili, con sette donne con carica istituzionale, con una legislazione che apriva alle donne ogni grado di istruzione e professione, è stato rovesciato con il foraggiamento , l’addestramento e le armi ai Talebani da parte delle potenze occidentali.
E’ paradossale, ma la dice lunga, che, oggi, quelli/e che hanno la responsabilità politico-militare di aver fatto ripiombare le donne afghane in una condizione di semi-schiavitù, si ergano a paladini/e delle donne stesse.
Il quotidiano massacro delle donne in Afghanistan, la disperata condizione delle donne in Arabia Saudita, nel Baharein, negli Emirati Arabi, sono un tutt’uno con l’uccisione delle tre militanti curde a Parigi.
I responsabili sono sempre gli stessi e stanno sempre dalla stessa parte.
Una nota a margine, ma non secondaria. Ma che cosa è diventata la Francia se i soliti noti si possono permettere questo, come si sono potuti permettere qualche tempo fa il massacro di una famiglia irachena proprio in Francia in vacanza?
Tutto questo ci ricorda quando fu rubata la pistola di ordinanza dalla macchina di servizio dell’allora capo della polizia Parisi che commentò ” vogliono far diventare questo paese terra di nessuno”.
Questo è il prezzo da pagare.
Ci si allea con determinate modalità con gli Stati Uniti, ma per questi , nella loro concezione, non esistono alleati, ma solo vassalli.
Il nostro pensiero più caro a Sakine, Fida, Leyla che non hanno avuto bisogno di pari opportunità, quote rosa, 50 e 50, e sono morte per aver scelto da che parte stare.