GIOVEDI’ 10 GENNAIO 2013 ci sarà a L’Aquila la terza udienza del processo per l’atroce stupro di una ragazza fuori da una discoteca di Pizzoli avvenuto nel febbraio dello scorso anno, stupro di cui è accusato Francesco Tuccia, militare dei contingenti di controllo della così detta “sicurezza” post-terremoto.
E’ molto probabile che sarà chiamato a deporre e noi sappiamo che cosa significhi questo per la ragazza. Sappiamo fin troppo bene che il percorso nelle aule dei tribunali delle donne che hanno subito violenza significa subirla un’altra volta.
La violenza maschile sulle donne non ha confini, non è legata alla religione, all’etnia, alla collocazione sociale, alla nazionalità ….e attraversa i tempi storici assumendo, di volta in volta, l’abito più aderente e funzionale al sistema in cui agisce. Per combattere la violenza maschile bisogna non solo contrastare le sue manifestazioni, ma anche smascherare le ragioni sociali, politiche ed economiche che la determinano e ne sono causa.
Lo stupro è una vera e propria arma che viene usata dal patriarcato a seconda delle necessità: può servire a sottomettere le donne in famiglia, può essere strumento di ricatto sociale, può essere arma di dominio per ribadire la supremazia su popolazioni, etnie, gruppi sociali differenti….. passando attraverso il corpo delle donne non solo si ribadisce la legge del più forte , ma si strumentalizza la stessa violenza esercitata per introdurre leggi securitarie, per creare un clima di insicurezza sociale, per aizzare alla caccia al povero, al diverso, al migrante…… per sdoganare l’agire delle forze di polizia , dell’esercito , di strutture in divisa di qualsivoglia tipo, come è successo in questi giorni in India dopo lo stupro e la morte di una ragazza di 23 anni.
Inoltre, le logiche che il neoliberismo usa nelle guerre neocoloniali, vengono utilizzate nei territori nazionali. E’ in questo contesto che territori, come quello dell’Aquila, ma anche la Val di Susa e la Sardegna e interi quartieri metropolitani…. diventano zone di conquista dove le unità militari/poliziesche si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite dalla popolazione.
Ed è proprio in questo contesto che avviene uno stupro come quello di Pizzoli. Le logiche di guerra sdoganano l’arroganza e la sopraffazione come pratica quotidiana : le popolazioni possono solo assoggettarsi e le donne devono essere asservite e disponibili. Il maschilismo trova così la sua massima esaltazione nella consapevolezza di un’immunità che viene dal ruolo.
La cultura è il risultato di un modello economico e non cambia per appelli alla convivenza civile, petizioni di principio o buoni propositi, ma soltanto scardinando gli assiomi su cui si incardina e che ne permettono la sopravvivenza. Tutte/i quelle/i che tacciono di fronte alle guerre “umanitarie”, alla propaganda securitaria, al controllo sociale sono partecipi e responsabili di questa cultura di guerra . Oggi, come mai in passato, l’attualità del movimento femminista è autodeterminarsi, autorganizzarsi, progettare e muoversi in direzione di un’altra società.