da www.scateniamotempeste.wordpress.com
Domani c’è il primo sciopero globale europeo e ha stranamente messo d’accordo molte anime a sinistra come da tempo non si vedeva anche se, si sa, le motivazioni e le modalità della partecipazione saranno diverse… ma almeno qualcosa si muove.
In questo post, vorrei leggere lo sciopero di domani non da un punto di vista ideologico o pragmatico e neppure analizzare il perché aderire o meno, bensì vorrei raccontare la mia esperienza di precaria di fronte alla notizia dello sciopero e al conseguente confronto con colleghi e colleghe sul da farsi, le posizioni emerse, le reazioni e gli scazzi sull’argomento.
Preferisco non firmarmi e lasciare il racconto nell’anonimato sia per ragioni di privacy sia perché nelle riflessioni che seguono probabilmente qualcuno/a con un simile percorso professionale ci si può ritrovare a pieno o per lo meno in parte.
Lavoro in una scuola di provincia come insegnante. Da anni, la scuola italiana è oggetto di tagli e di un bombardamento mediatico sull’inefficienza del suo personale docente e non docente (Ata, segreterie…) che non ha pari in nessun altro paese, credo. Si parla dei privilegi di professori nullafacenti e di bidelli che leggono il giornale al posto di lavorare, per cui si è scelto, o meglio i governi hanno scelto, di tagliare posti di lavoro, ore, finanziamenti, progetti.
Chi ne ha fatto le spese sono i “più giovani” (trenta e quarantenni, perché sotto i trenta nella scuola italiana non c’è quasi nessuno), che hanno visto la possibilità di entrare nel sistema scolastico restringersi a collo di bottiglia, pagando – quelli “fortunati” che sono riusciti a prendere il treno delle Siss – costose abilitazioni per migliaia di euro, venendo ammessi in prima fascia, senza però entrare in ruolo (ergo: contratti da settembre a giugno e per i famosi 2 mesi di vacanza “puppa”, perché vacanza uguale disoccupazione). Chi non ha avuto la “fortuna” o la possibilità economica di fare le Siss (abolite nel 2008) è rimasto a marcire in terza fascia, cioè con contratto a chiamata del preside, cioè supplente in caso di malattia, morte, maternità, vacanza di un posto. Durata dei contratti: varia a seconda della tipologia, se il posto è rimasto vacante o se muore il collega hai più culo, se il collega ha una malattia guaribile in breve, dopo due settimane te ne stai a casa e cavoli tuoi! Mors tua vita mea! “E speriamo che continui a star male, che la baracca ce l’ho anch’io da mandare avanti!”, nel passato mi sono molte volte ritrovata a pensare.
Ecco i nostri privilegi di insegnanti! Un mio amico che lavora in una nota multinazionale – e che, per inciso, sta tutto il giorno su fb a commentare, e ora si incazzerà pure che lo cito – dice che siamo dei privilegiati perché lavoriamo solo 18 ore a settimana. Facciamo due conti:
•18 ore di lezione pagate
•verifiche da correggere – tempo non retribuito
•1 ora di colloquio con i genitori a settimana – tempo non retribuito (che sforo sempre e mi verrebbe voglia di dire “time over” ma poi sei stronza, perché non hai spirito umanitario, come se stessimo parlando di volontariato)
•ore a casa per preparare le lezioni e renderle un minimo interessanti, sennò vi lamentate che l’insegnante fa schifo ed è ignorante (ma volete la moglie ubriaca e la botte piena, cumpà!). Ovviamente sono a mia discrezione, cioè se voglio fare lezioni schifose non le preparo, sennò un minimo sì: forse non dovrei prepararle così potete dire che lavoro 18 ore – tempo non retribuito
•ore mensili di riunione (da 8 a 12 al mese ma talora sono di più) – tempo non retribuito
•varie rotture che ogni settimana mi trattengono per pietà umana verso rom, disabili, colleghi con difficoltà informatiche, etc – tempo non retribuito
Io non mi lamento per l’orario, ma non ditemi che per 1300 euro a cattedra intera, per 10 mesi l’anno, questo è un lavoro da privilegiati! A passare l’estate fra lavoretti vari a quasi quarantanni per arrotondare la disoccupazione, questo è un lavoro umiliante.
È altresì un lavoro che umanamente (solo se ci sei portato) dà molto, è vero. Ma come il designer se te piace disegnà e l’astronomo se te piace guardà le stelle… Non è una vocazione, in ogni caso. E non deve essere neppure un modo per espiare.
Andiamo oltre.
Nel DDL Aprea, in discussione in questi giorni, si parla di aumentare le ore degli insegnanti da 18 a 24, ma retribuite come 18, per adeguarsi alla media europea, dove però gli insegnanti sono pagati di più (in Germania, all’ultimo scatto di anzianità, il divario raggiunge quasi i 25.000 euro lordi l’anno, un doppio stipendio praticamente!). E non lo dico io, lo dice l’Ocse! Anzi, l’Ocse, calcola gli stipendi medi annui dei docenti di ruolo (dunque, su 14 mensilità) all’ultimo scatto di anzianità, ma in Italia i precari di oggi arrivano a restare tali anche 20 anni (io è da 10 che sono in questa situazione), quindi quel salario lì, che dovrebbe essere reale non lo è, perché mi vengono pagate solo 10 mensilità quando va bene + la rata di quattordicesima. Uno stipendio lordo medio su 14 mensilità dovrebbe essere di 21.000 euro lordi per un precario, togliete almeno almeno due stipendi interi e fate il netto (che poi, in molti casi i precari più precari hanno l’orario ridotto… per farla breve io 21.000 euro lordi l’anno non li ho mai percepiti).
Inoltre le 24 ore del DDL Aprea, sarebbero 24 ore di lezione (1/3 di ore in più) e ancora resterebbero fuori dallo stipendio tutte le ore gratuite. In Europa le ore di “gestione” sono riconosciute economicamente in quasi tutti i paesi. Inoltre, dal prossimo anno, ai precari le ferie non godute non verranno più pagate.
Allora, si dice che gli insegnanti non sanno lavorare/lavorano male/ non fanno prosaicamente un cazzo e quindi gli si dà più ore. Non pensate che se uno non sa o non vuole lavorare, a dargli più ore non cambi nulla? Se sta 18 o 24 ore a non far niente cosa cambia? Guadagna di più il suo stipendio?
Inoltre il taglio del personale sarebbe pesantissimo, se passassero le 24 ore, perché si ridurrebbero le cattedre di circa 1/3 e molti si troverebbero a lavorare su più scuole. Ad esempio, un insegnante di musica che attualemente ha 9 classi, ne avrebbe 12. Facciamo un conto: 12 x 23 (una media di alunni per classe, ma sono di più) = 276 alunni all’anno da conoscere e gestire, correndo in una scuola e in un’altra, se la scuola è piccola e facendo le relative riunioni e scrutini!!!
Il problema c’è, anche senza sparare cifre che comunque sono approssimative, anzi mi scuso se sbaglio qualcosa e non sono precisa. Non si può mettere la testa sotto la sabbia, dicevo: il problema c’è. Alcuni docenti non sanno insegnare. Il mio amico che lavora nella multinazionale sta su fb tutto il giorno. La donna che pulisce le scale del palazzo dimentica sempre lo specchio dell’ascensore che è pieno di ditate. Licenziamoci tutti, dai! Anche quelli bravi, in massa, a caso, come fa il governo! Anzi no, andiamo a vedere chi lavora male, è cattivo, e facciamo saltare in aria il suo posto di lavoro! Dai, una bella spedizione punitiva, contro il prof, la colf, l’impiegato.
Chi è contro gli insegnanti oggi è contro se stesso domani. O oggi stesso. Chi è contro qualunque lavoratore è contro tutti.
Poi c’è chi lavora scandalosamente male. È vero. La società però ha storture ben più gravi del fatto che tuo figlio non imparerà mai a fare di conto perché la prof non sa spiegare (su questo poi dovremmo aprire parentesi che non si possono esaurire in un post). Ad esempio, se lo dovessi mandare per forza alla privata, perché la scuola pubblica non esiste più, e non puoi permettertelo. Sarebbe ben più grave. Che è quello che vogliono quelli che ci governano. Ma tu non lo capisci! Non sai che è questo il passo successivo. Anzi è già realtà. Perché alla privata danno tanti tanti soldini e tagliano solo il pubblico. Alla privata si vede che i prof sono più competenti, anche se, in questo caso l’Ocse e tutti gli indicatori europei dicono il contrario. Non sai che il cocco de mamma tua non si laurerà mai, non perché non sa la matematica, ma perché il sistema scolastico sarà oro nelle mani dei ricchi.
Torniamo ancora a noi.
Ecco, io domani sciopero. Sciopero per quanto ho scritto sopra. E non solo per me. E non solo per la scuola. Purtroppo sciopero anche per chi non sciopera, perché “ti trattengono i soldi”, perché “il ministro si è rimangiato la cosa delle 24 ore”, perché “è uno sciopero generale non della scuola” (giuro, ho sentito anche questa!).
Sciopero anche per quelle stronze impernacchiate delle insegnanti mogli di medici, avvocati, imprenditori, che svolgono la professione con cristiana vocazione, per carità, perché a casa si annoiano. Quanto odio la guerra fra i poveri, tanto odio queste persone che vivono questo mestiere poco gratificante dal punto di vista economico, con gorettiano spirito di carità, per sentirsi gratificate nell’animo. E ce ne sono tante. Con la borsa di Gucci e l’orologio di Cartier, che ti chiedono di stare una o due ore in più per dei progetti non pagati, che ti chiedono di andare in gita gratis, che ti spillano i soldi per i compleanni, le cresime e i matrimoni di colleghi mai visti. Io queste le odio davvero. Che crescono gli studenti come mamme apprensive, crocerossine della carità, e tu passi per stronza perché non paghi la gita a Madrid alla studentessa in disagiate condizioni economiche (scusa sai vorrei mangiare questo mese, fate gite meno costose!).
Le crocerossine della carità, di destra, di sinistra, qualunquiste che siano, domani lo sciopero non lo fanno. Non fanno mai neppure la lotta di classe, perché non appartengono alla classe sociale che le rappresenta lavorativamente. Loro non sciopereranno mai. La loro carità esiste infatti solo se tutti gli altri stanno male.
Ne ho sentite varie che dicevano “non sciopero perché creo disagio alle famiglie di lavoratori” e noi a passare per le stronze di nuovo, che ce ne freghiamo degli undicenni a casa da soli. Se proprio devo individuare un problema fra gli insegnanti, sono loro: e non perché non sanno insegnare (alcune sì, alcune no) ma perché sono contro di noi, contro tutti. Sono le ottocentesche signore borghesi emancipate che però si limitano a concedere carità.
Io domani mi fermo per un giorno, me ne vado al corteo, cerco di cogliere quello che mi unisce a chi ci sarà domani. Detto questo, di sicuro non cambierà niente, di sicuro lo stato si prenderà i miei 70 euro dalla busta paga e poi farà le sue porcate lo stesso. Non servirà. Creerò disagio alle famiglie sfigate e quant’altro… Ma non siamo tutte crocerossine della carità sulle spalle della povertà altrui. Noi il nostro ce lo vogliamo prendere!
Ci si becca domani in qualche piazza d’Italia.
(Sì lo sciopero è generale e non della scuola… Ma ognuno/a porta la sua realtà… o tutti divisi?)