“GOVERNANCE”
Elisabetta Teghil
E’ ricorrente l’uso, nel lessico politico, di termini che si impongono senza che ne sia data una definizione preliminare ed, altre volte, con un significato completamente diverso da quello del passato.
E’ questo il caso di parole come “riforma”, “sicurezza”, “modernizzazione”….. che hanno assunto un significato completamente diverso ed ,anzi opposto, a quello che hanno avuto per un secolo e mezzo.
Altri termini sono, invece, di nuovo conio e si rivelano, una volta affermati, per quello che erano fin dall’inizio : non semplici parole, ma elementi strutturanti di una costruzione ideologica.
E’ il caso dell’espressione “governance”.
Questa non è altro che una vera e propria destrutturazione delle forme attuali della democrazia rappresentativa ed è una vera e propria “privatizzazione” della decisione pubblica, iniziata con la distruzione del proporzionale, la rimozione dell’immunità parlamentare, e che sfocia in una delegittimazione del parlamento.
E’ la destrutturazione di tutte le forme di resistenza al neoliberismo.
Il neoliberismo è un’ideologia e costruisce, a sua immagine e somiglianza, tutte le forme di metabolismo sociale, avendo, come modello, la direzione autoritaria e verticale della fabbrica e dell’impresa.
Tutto avviene attraverso due passaggi complementari: da una parte la demonizzazione di ogni forma di resistenza al neoliberismo – lavoratori pubblici fannulloni, operai scansafatiche, insegnanti rubastipendio, pensionati parassiti, politica sporca, partiti corrotti, collettivi e centri sociali covi di terroristi ed estremisti, resistenti della Val Susa irragionevoli e violenti, solidali contro i Cie istigatori e fomentatori di rivolta, “forconi siciliani” mafiosi, disoccupati napoletani camorristi, pastori sardi malavitosi – dall’altra la promozione delle associazioni di categoria, delle Ong, delle onlus, elevate al rango di una fantomatica società civile con cui dialogare.
Sostituendo i lavoratori e le lavoratrici e le loro forme di rappresentanza, la conflittualità e la lotta di classe vengono rimosse, l’impegno politico e l’ideologia annullate, così quest’ultima rimane monopolio esclusivo della borghesia neoliberista.
E le scelte politiche che la borghesia fa, vengono celate dietro lo schermo di una presunta neutralità, necessarietà, inevitabilità.
Non ci sono zone neutre, non c’è niente che sia apolitico. Il principio femminista che il privato è politico è sempre valido ed attuale.
Militanza, collettivi, impegno…..sono forme di resistenza all’ideologia neoliberista a cui non vogliamo e non possiamo rinunciare per gettare qualche granello nella macchina disumanizzante di questa società.
Mai come in questo momento, in cui il sociale è il privato, serve il movimento femminista autonomo e autorganizzato, con la sua elaborazione teorica, le sue lotte e la sua lettura di genere e di classe.