Capitalismo e guerra alla riproduzione sociale
“Il trattamento inumano e barbaro inflitto ai palestinesi è una minaccia per tutti noi. È un avvertimento di ciò che può essere fatto a noi – ricordandoci che viviamo in un sistema sociale che non si preoccupa delle vite umane e non esita a impegnarsi nella distruzione di massa delle persone per raggiungere i suoi scopi.”
Silvia Federici https://comune-info.net/sviluppo-capitalistico-e-guerra-alla-riproduzione-sociale/
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La crudeltà della guerra che Israele sta conducendo contro il popolo palestinese e ora contro la popolazione del Libano è così estrema, il suo intento genocida così evidente che sembriamo smarriti di fronte alle possibili spiegazioni. In effetti, non ci sono parole per descrivere l’orrore e la sofferenza che le operazioni militari dell’IDF hanno inflitto ai palestinesi. Stiamo assistendo a una campagna di sterminio, per garantire che non rimanga nulla sul terreno che possa permettere loro di vivere nella loro terra o semplicemente di sopravvivere. Più di cinquantamila persone sono state massacrate, per lo più donne e bambini, senza contare le migliaia di corpi sepolti sotto le macerie delle loro case, per non essere mai recuperati, o i molti giustiziati, ora trovati in fosse comuni, alcuni chiaramente sepolti vivi o mutilati. Tutti i sistemi riproduttivi sono stati smantellati. Case, strade, sistemi idrici ed elettrici, ospedali sono stati distrutti, anche le ambulanze sono state bombardate. Così come tutti gli alberi e le coltivazioni. Almeno quattrocento medici, infermieri e altri operatori sanitari sono morti in questa campagna di sterminio durata un anno. Molti sono stati giustiziati, dopo essere stati sottoposti a pratiche umilianti, così come molte persone che si erano rifugiate nelle cliniche dopo che le loro case erano state bombardate. Ciò che è chiaro è che Israele sta conducendo sistematicamente una guerra totale contro tutto ciò di cui i palestinesi hanno bisogno per la loro riproduzione. E ora questa brutale campagna di morte si sta estendendo al Libano e forse nelle prossime settimane all’Iran, alla Siria e allo Yemen.
Le donne e i bambini, cioè le persone che garantiscono la riproduzione della comunità e sono la speranza per il futuro, vengono deliberatamente presi di mira. È stato fatto ogni sforzo per cancellare il passato. Israele teme il potere della memoria collettiva. Sa che mantenere viva la propria storia, il ricordo delle ferite e delle lotte passate è un potente mezzo di resistenza. La memoria della Knakba del 1948, dei villaggi distrutti e delle comunità sfollate, ha sostenuto generazioni di palestinesi che si sono ispirati a lottare fino alla fine per non lasciare la loro terra. In risposta, tutti i luoghi in cui si conservano documenti – biblioteche, università, archivi pubblici o personali – sono stati ridotti in polvere. E da settimane non è più permesso l’ingresso di cibo nell’area, per cui la gente muore di fame. E, sadicamente, quando sono arrivati gli aiuti alimentari, le persone che vi accorrevano sono state uccise e così anche gli operatori umanitari.
A questa campagna mortale, che entra nel secondo anno, si aggiunge il brutale assalto che i coloni israeliani, pesantemente armati e spesso in uniforme militare, hanno lanciato contro le fattorie palestinesi in Cisgiordania, costringendo i proprietari ad andarsene, sotto minaccia di morte, rubando e uccidendo i loro animali, distruggendo le aiuole per le coltivazioni. Non da ultimo, vanno citati i mille e più arrestati, sottoposti anche a continue torture e umiliazioni, alcuni tenuti in catene per così tanto tempo da dover subire l’amputazione delle gambe a causa della cancrena. Ciò che rende particolarmente orribile questa operazione genocida è che è condotta apertamente, di fronte al mondo intero, e gode del sostegno incondizionato degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, che forniscono un flusso incessante di denaro e armi per sostenerla. In effetti, tale è l’impegno degli Stati Uniti nel sostenere incondizionatamente le decisioni di Israele, per quanto assassine possano essere, che più che un sostenitore la sua posizione sembra quella di un partner, se non di un istigatore.
Qual è dunque la posta in gioco in Palestina? Cosa spinge i governi che si dichiarano difensori dei diritti umani ad abbandonare ogni pretesa e a cercare di soffocare ogni protesta contro questo genocidio? Continua a leggere→