Per Giorgiana e per noi









Due giorni fa all’alba è stato sgomberato qui a Roma il centro sociale anarchico Torre Maura in via delle Averle. Era occupato da più di trent’anni, dal 1992 ed è di proprietà del Comune.
Come al solito lo sgombero è stato deciso in prefettura dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e fin qui niente di nuovo riguardo alla pratica di sgomberi di spazi sociali in questa città messi in atto dalle amministrazioni di qualsiasi colore.
Però questa volta è importante mettere in evidenza la motivazione perché costituisce un segnale di allarme importante rispetto alla trasformazione degli ambiti urbani nelle così dette <Città dei 15 minuti> e nelle <Smart City>. Le trasformazioni urbane in senso di controllo sociale e digitale, sfruttamento territoriale, governabilità dei territori, estorsione di nuovo plusvalore dovranno avvenire con la partecipazione e il supporto dei cittadini perché i nostri governanti stanno lavorando per il così detto <Bene Comune>!
Infatti lo stabile di via delle Averle è destinato, nell’ambito dei progetti del PNRR a diventare un presidio sanitario della Asl Roma 2 per gli utenti del VI municipio delle Torri, una Casa della Salute! ATTENZIONE! ATTENZIONE!
✓ “Più veloce di un cuore… cambia la forma di una città”: tra chi desidera la libertà e chi deve convivere con la sottomissione, c’è ancora una demarcazione? Un intervento di Piero Coppo
✓ La passione della libertà. Un racconto di Jean Weir sulla galera dedicato alle prigioniere del Coroneo di Trieste
✓ Aggiornamenti su processi, denunce, avvisi orali, CPR

Osservatorio su Convegno 10 maggio e Assemblea 11 maggio a Roma
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, in collaborazione con l’associazione Per la Scuola della Repubblica OdV, organizza a Roma presso SPIN TIME per il prossimo 10 maggio un convegno nazionale di aggiornamento dal titolo “La scuola va alla guerra? Comprendere i conflitti, educare alla pace”.
Il seminario è dedicato al personale della scuola, ma aperto a chiunque desideri partecipare, sia in presenza che online, per riflettere sugli attuali scenari di guerra e sulla crescente militarizzazione degli spazi di istruzione.
L’Osservatorio ha nei suoi principi fondativi quello di contrastare la presenza dei militari all’interno delle scuole, contrastare quella che chiamano con orgoglio la “cultura della difesa”, attraverso la quale i militari presentano sempre il lato buonista della loro opera, a servizio della cittadinanza, portatori di valori quali la Patria e il sacrificio per essa, tutti valori ben radicati nella cultura patriarcale di cui gli eserciti sono una delle maggiori espressioni.
Da anni, con protocolli d’Intesa tra Ministero dell’Istruzione e della Difesa, le Forze Armate e le Forze di Polizia, sostituendosi alle/ai docenti, entrano nelle scuole in qualità di “formatori” tenendo lezioni su vari argomenti (dall’inglese affidato a militari USA a tematiche inerenti legalità e violenza di genere, uso di droghe, bullismo…); accolgono tantissimi alunni e alunne impegnati nei PCTO, organizzano visite a basi militari o caserme. Riteniamo che tali attività nascondano il vero scopo degli apparati militari, ovvero il tentativo di “normalizzare” la guerra, e il sostegno ai gruppi economici dell’industria degli armamenti (l’italiana Leonardo).[…]
Comunicato Stampa Osservatorio su Convegno 10 maggio e Assemblea 11 maggio a Roma

(in caso di pioggia l’iniziativa sarà spostata a Radio Blackout, via Cecchi 21/a)
Bar benefit liberefrequenze RadioBlackout.
Questo incontro vuole essere una occasione per conoscere e divulgare alcune esperienze concrete di opposizione alla guerra e i ragionamenti da cui sono mosse. I contesti geografici, le azioni messe in campo e le matrici teoriche possono essere differenti, ma vi è una caratteristica in comune: le strutture da attaccare, identificate nelle Università e nel sapere scientifico, in quanto parte integrante del dispositivo bellico. Continua a leggere

Aggiornamenti da Venezia https://ilrovescio.info/2024/04/29/venezia-a-colori-al-via-il-ticket-daccesso/


Creati varchi con strutture check point. Ci sono passaggi obbligati delimitati da torri (strutture-pannello). Segnalano e indirizzano le persone all’interno di percorsi a seconda del tipo di utenza in entrata nella città-vetrina. Per i turisti c’è il percorso “arancione”, “verde” per i residenti, studenti e lavoratori e infine “blu” per la via d’uscita da Venezia. Le segnaletiche indicano anche le regole e i giorni in cui queste vanno osservate.
Giornalmente sono impegnati impegnati circa 120 steward informatori, 40 steward verificatori e 35 accertatori in circa 15 punti di controllo. I controlli sono a campione. Il personale è contrassegnato da gillet di colore diverso: bianco, giallo e arancione, questi ultimi possono erogare multe a chi non è in regola. Il personale è estremamente
precario nella fascia bianca, fatto di studenti, disoccupati e immigrati. C’è poi
una fascia di dipendenti comunali. Il corrispettivo economico è di 6 euro lordi l’ora.
Al personale è stata passata nei giorni scorsi la raccomandazione di non controllare i residenti, come se fossero riconoscibili. Perché? Per non disturbarli o per addestrare l’intelligenza artificiale a riconoscere in modo sempre più automatizzato e meno dipendente dal controllo umano le diverse categorie di persone o ancor peggio la persona stessa?
I controlli:
Il personale chiede a campione se si è in possesso del QR Code, verificando attraverso uno smartphone in concessione con app integrata, e indirizza chi ne è sprovveduto presso l’apposito ufficio video-sorvegliato predisposto nel piazzale della stazione per la regolarizzazione, sempre rispettando percorsi differenziati.
Alcune persone si sono rifiutate di giustificare la propria presenza e hanno chiesto al personale di controllo di dimostrare la legittimità della loro richiesta e se fossero abilitati a chiedere e trattare dati personali sensibili (cosa che non hanno potuto soddisfare). È stato minacciato l’intervento dei carabinieri se fossero stati trattenuti oltremodo, cosa che ha immediatamente fatto declinare ogni pretesa di controllo. Per chi è sprovvisto di QR/pagamento (gli “irregolari”), esiste un percorso di regolarizzazione sul posto supportato da operatori/steward. È stato montato un ufficio diviso in due blocchi di colore diverso, uno verde per chi deve ottenere il QR ma è esonerato dal pagamento e uno arancione per i turisti che devono pagare il ticket e ottenere QR. Nell’area arancione c’è uno sportello con operatori che, come in una biglietteria, conducono le operazioni di pagamento. A fianco nell’area verde ci sono degli steward che aiutano residenti, studenti, lavoratori, ecc., a eseguire da postazioni telematiche la procedura di generazione del QR Code. In alto al centro del soffitto sono installate due supporti con all’interno di ognuno due telecamere “intelligenti”, marca “Avigilon”.
Le telecamere all’interno del supporto sono dedicate al singolo settore (verde o
arancione), e puntano una sulla fila delle persone inquadrandole in pieno volto, mentre l’altra punta sul luogo in cui viene effettuata l’operazione.
La sperimentazione in atto prevede l’addestramento delle macchine per un futuro
riconoscimento automatizzato, oltre che l’addestramento delle persone alla sorveglianza di
massa e alla limitazione della propria mobilità e libertà.
Le telecamere sono dotate di Intelligenza Artificiale e Analitica Video, consentendo di
rilevare eventi critici in tempo reale e avviare allarmi automatici. Consentono immagini di
alta qualità, permettono lunghezze di raggio fino a 35 metri e permettono di seguire le
persone. Hanno capacità di elaborazione dati sul posto e probabile associazione tra immagini e dati raccolti attraverso QR e forme digitali di pagamento.
Queste soluzioni di videosorveglianza “intelligente” sono gestite nel centro operativo di telecomunicazioni e videosorveglianza della polizia locale, nella smart control
room, presso un centro interforze in Piazza San Marco, presso il comando operativo provinciale dei Carabinieri.
Essendo tutte queste forze esentate dal divieto all’utilizzo del riconoscimento facciale la sorveglianza di massa si struttura come funzione sempre più militar-repressiva. Il software
Avigilon Control Center (ACC) Enterprise, è ubicato presso il centro dati del Comune di Venezia, gestito da Venis s.p.a.
L’uso dei dati è a fine di controllo della popolazione, della mobilità ma non ultima la loro vendita.
Ovviamente oltre l’Intelligenza artificiale applicata alla nostra libertà di movimento abbiamo potuto immergerci in un passato noto di repressione, prepotenza, arroganza.
✓ Con el rusac in spala. Sperimentare resistenza e libertà, in incognito
✓ E a proposito di viaggi, le malefatte di Leonardo S.p.a. e Rete ferroviaria italiana

Da alcuni studenti e studentesse della Sapienza

“Voi che di voi vi dite, “Più buoni”
Voi che di voi vi dite, “Più civili”
Voi che da voi vi imbellettate di cultura
Noi che di noi premiamo la paura..”
La ricerca, la logistica e la produzione di armi sono i punti chiave da bloccare, per
sabotare le guerre, fermare il genocidio del popolo palestinese, sostenere concretamente
le popolazioni che subiscono la violenza della guerra sulla propria pelle.
Gli studenti e le studentesse della Sapienza hanno individuato questo obiettivo: bloccare
gli accordi di ricerca tra l’istituzione accademica romana e quelle israeliane, consapevoli
che la ricerca e la cultura non sono neutrali. La chiave di lettura è il ruolo duale delle
tecnologie avanzate che vengono studiate ed elaborate all’interno del complesso
accademico per poi riversarsi sia sul suolo civile, sotto forma di controllo e disciplinamento capillare, che in campo militare tramite l’innovazione tecnologica delle armi.
Mentre il Rettorato scrive che, per amore della ricerca e della pluralità, gli accordi non
possono essere disdetti, l’industria militare e della sicurezza trae vantaggio da questo
“amore per la ricerca e per l’innovazione” potendo testare direttamente sul campo bellico
(e sui civili) le tecnologie militari che, nel contesto di guerra, avanzano e si affinano
esponenzialmente. La commistione tra università e industria bellica è evidente
dall’appartenenza di professori e rettori (tra cui la Rettrice Polimeni) alla fondazione
Med-Or di Leonardo Spa, azienda che conduce sia Master che colloqui tra studenti di
ingegneria e non solo, per influenzare e sfruttare la produzione di conoscenza a loro
vantaggio. Parallelamente gli accordi Maeci promuovono e concretizzano la
collaborazione e la complicità con Stati come Israele per far avanzare la produzione
scientifica e tecnologica. Che l’università cosiddetta “pubblica” si nutra in realtà di
finanziamenti privati e della cooperazione con istituzioni belliche e repressive, nazionali ed
estere, e soccomba dinnanzi ai loro interessi, mostrando pubblicamente il volto
democratico della “difesa della libertà”, è un altro fatto a noi ben noto che le contestazioni
di questi giorni rendono sempre più evidente.
Mettere sabbia negli ingranaggi dell’apparato bellico vuol dire bloccare: bloccare la
produzione di accordi tra istituzioni al soldo dell’industria militare e degli interessi degli
Stati belligeranti; bloccare il trasporto di armi e mezzi militari come avviene nelle lotte dei
portuali; bloccare la produzione di armi o di componenti singole che assemblate diventano
strumenti per la guerra, il controllo o la repressione.
Dalla prima occupazione del Rettorato, il 26 marzo, ad oggi, la mobilitazione in Sapienza
ha cambiato forme e intensità. Risulta evidente come il confronto e la dialettica richiesta
dal corpo studentesco attivo, nei confronti della Rettrice Polimeni, siano stati declinati
facendo interporre tra l’istituzione accademica e i “suoi” studenti la polizia. Quell’apparato
repressivo che si allarga sull’ateneo attraverso la capillare presenza di telecamere, di
guardie private e del commissariato di polizia ha dimostrato la sua funzione. Nella giornata di martedì 16 aprile, durante il secondo Senato accademico, gli studenti e studentesse che si sono mobilitati si sono scontrati coi limiti fisici che la polizia pone all’interno di uno spazio sedicente autonomo e dialettico. Un corteo ha attraversato la città universitaria fino al Rettorato dove si trovavano le barricate della Digos in difesa dell’edificio. Il livello di tensione e di scontro è aumentato per la forte determinazione degli studenti che la polizia non è stata in grado di arginare. Dal Rettorato è poi partito un corteo molto numeroso all’interno della Sapienza, interrompendo lezioni e improvvisando assemblee sul posto.
Proprio durante una di queste, si è saputo dell’arresto di uno studente. Si è così deciso di
recarsi in corteo alle porte del commissariato interno alla Sapienza per richiederne la
liberazione, appurato che il ragazzo non era stato portato in quello spazio, la
manifestazione si è indirizzata verso il commissariato di San Lorenzo. Prima di uscire dalla
città universitaria la polizia, incitata dai dirigenti e dalla Digos, ha caricato più volte il
corteo, picchiando violentemente, trascinando via e arrestando una ragazza. A quel punto
la determinazione dei manifestanti ha invaso le vie di San Lorenzo, chiedendo la
liberazione degli arrestati, si è poi radunata in presidio sotto il commissariato di San
Lorenzo fin quando i due fermati sono stati riaccompagnati nelle proprie case e non
trattenuti nelle celle in attesa del processo per direttissima. Il giorno successivo un nutrito
presidio si è radunato davanti al tribunale, in attesa delle udienze, per non lasciare
nessuno e nessuna sola. Continua a leggere
