Da Abbatto i Muri:
Una delle tesi proibizioniste, come ho già scritto altre volte, è quella che la prostituzione sia stupro a pagamento. La tesi ha origini dalle teorie delle femministe radicali americane Dworkin-MacKinnon, si consolida nelle politiche abolizioniste filo/svedesi della Women Lobby europea e ora è la teoria che accompagna la promozione della proposta di legge che criminalizza i clienti e di fatto proibisce la prostituzione in Francia.
La teoria è neofondamentalista come neofondamentaliste sono altre teorie che riguardano il corpo delle donne. Quella teoria usa il termine “stupro” per imporre l’idea che tutta la prostituzione sia una violenza e che mai nessuno vorrà sceglierla. In realtà a quella tesi si oppongono tante sex workers nel mondo che continuano a chiedere regolarizzazione della professione per le adulte e gli adulti (la prostituzione non è solo femminile) che scelgono di svolgerla.
L’idea si fonda anche su una impostazione autoritaria e paternalista che riduce tutte le donne a potenziali e inconsapevoli vittime di stupro, cosa che pone le donne in condizione di essere sempre definite vittime, bisognose di tutori, anche se dichiarano di non essere tali. L’idea supponente è che tutte le donne debbano vivere il sesso allo stesso modo e in realtà nulla è più lontano da questo concetto malsano e autoritario che impone con la forza l’amor borghese e una visione sentimentale romantica a tutte le donne che dovranno darla via solo per amore.
Molto più complicato parlare di “piacere“, giacché il piacere presupporrebbe di esplorare varie zone del desiderio, incluso quello di vivere esperienze sessuali che probabilmente alla Dworkin, alla MacKinnon e alle sue seguaci proibizioniste di tutto il mondo avrebbero fatto molto schifo.
Molto più complicato parlare di “scelta“. Ma per i neofondamentalismi l’autodeterminazione delle donne non deve essere rispettata. L’unica idea di Bene che può essere accreditata, a costo di importela con la forza e con leggi autoritarie, è quella delle e dei proibizionisti.
Il punto è che quell’idea di Bene rafforza stereotipi sessisti, stabilisce limiti dei soggetti non riconoscendone l’autodeterminazione e legittima la stessa cultura dello stupro. Dire ad una donna di rivestirsi per “rispetto di se’” o dire che dovrà farlo per non provocare lo stupratore è esattamente la stessa cosa. Perché si attribuisce a lei e ai suoi cattivi comportamenti qualcosa che ha origini culturali (e non fisiologiche) ben diverse. Dire che un rapporto/scambio a pagamento, consensuale, sia uno stupro, significa, come spiegherà Serbilla in basso, che si legittima lo stupro quando esso avviene ai danni di una sex worker, anzi, si dice che l’unico modo che una donna ha per non essere stuprata è quello di non fare la prostituta, il che coincide con l’idea, appunto, molto antiquata, che la donna possa essere stuprata solo fuori casa e da estranei.
Se ogni rapporto sessuale in situazione di scambio economico è stupro vorrei capire come mai non vedo in giro crociate contro il matrimonio, perché quello è il luogo principe in cui il sesso diventa anzi un dovere morale cui adempiere. Ipocrisie di questo decennio e di questi strani, femminismi neofondamentalisti.
Le sex workers non fanno che dirlo: il proibizionismo alimenta uno stigma che uccide, produce violenza. Perché è a partire dal disconoscimento dei soggetti che deriva la violenza. Dare legittimità, diritti, credito ai soggetti consente loro di individuare proprie soluzioni e metodi per ottenere garanzia di diritti anche quando si parla di violenza.
Ecco quel che scrive Serbilla:
Volevo esprimere qualche dubbio sull’equiparazione della prostituzione allo stupro. Posto che chi è vittima di coercizione subisce una violenza, posto che ogni persona, mi sembra, anche quando sceglie di fare sex working è espost@ a forme di violenza.
Equiparare tout court la prostituzione allo stupro penso non faccia per nulla del bene né a chi è vittima né a chi non lo è (stat@ ancora).Un discorso etico dovrebbe dare ai singoli soggetti forza, riconoscergli capacità di scelta e di contrattazione/mediazione all’interno di tutte le forme di lavoro – è lavoro tutto ciò che prevede un passaggio di denaro tra chi offre una prestazione e chi la acquista (poi ci sono lavori sottopagati, lavori di merda, lavori fantastici, lavori medi, lavori che vanno aggiustati, lavori che se ne potrebbe fare a meno, lavori che non ci sono più ecc. cose soggettive in larghissima parte). Se io vado in giro dicendo che la prostituzione e lo stupro ‘sono la stessa cosa’, non faccio altro che dare forza a quanti percepiscono il lavoro sessuale come una terra selvaggia in cui tutto può essere fatto alla persona che ho davanti.
Oltre a fare un discorso alquanto ignorante sul tema della prostituzione che può andare da un contratto di matrimonio molto ricco alla strada, attraversando un bel po’ di sfumature.
Mentre se dico che la prostituzione prevede forme di violenza, che vanno contrastate e che ogni persona coinvolta ha diritto a recedere dall’accordo qualora i termini non vengano rispettati, a dire di no alla violazione della propria integrità fisica psichica e morale, non solo sto dicendo che può esserci stupro, ma che questo è inaccettabile. Ma soprattutto che le persone variamente coinvolte nel fenomeno della prostituzione sono effettivamente soggetti, appunto persone.
I miei dubbi sull’inopportuna associazione sono sbagliati?Mi sembra molto contorto come modo di proteggere le persone. Un modo che le espone ancora di più alla violenza.