di Nicoletta Poidimani
Malgrado risalga ad alcuni mesi fa, pubblico questo lucido intervento di Susan Abulhawa molto importante dal punto di vista della ricostruzione storica e altrettanto efficace nello smontare la macchina della propaganda sionista e filo-sionista.
In fondo al post, il video originale.


Non risponderò alle domande finché non avrò finito di parlare, quindi, per favore, astenetevi dall’interrompermi.
Al Congresso Mondiale Sionista del 1921 Chaim Weizman, un ebreo russo, in merito al problema di cosa fare degli abitanti indigeni del territorio, disse che i palestinesi erano simili alle “rocce della Giudea, ostacoli che devono essere eliminati come su un difficile sentiero”.
David Gruen, un ebreo polacco che cambiò il suo nome in David Ben Gurion per sembrare appartenere alla regione disse: “Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto”.
Ci sono migliaia di conversazioni di questo tipo tra i primi sionisti che pianificarono e attuarono la colonizzazione violenta della Palestina e l’annientamento del suo popolo nativo. Ma ci riuscirono solo in parte, assassinando o epurando etnicamente l’80% dei palestinesi, il che significa che il 20% di noi è rimasto, un ostacolo resistente alle loro fantasie coloniali che divenne oggetto delle loro ossessioni nei decenni successivi, soprattutto dopo aver conquistato ciò che restava della Palestina nel 1967.
I sionisti si lamentano della nostra presenza e dibattono pubblicamente in tutti i circoli (politici, accademici, sociali, culturali) cosa fare di noi, cosa fare del tasso di natalità palestinese, dei nostri bambini che loro definiscono una minaccia demografica.
Benny Morris, che originariamente avrebbe dovuto essere qui, una volta espresse rammarico per il fatto che Ben Gurion “non avesse finito il lavoro” di sbarazzarsi di tutti noi, il che avrebbe evitato quello che loro chiamano il “problema arabo”. Benjamin Netanyahu, un ebreo polacco il cui vero nome è Benjamin Mileikowsky, una volta si lamentò dell’occasione mancata, durante la rivolta di piazza Tienanmen del 1989, di espellere ampie fasce della popolazione palestinese “mentre l’attenzione mondiale era concentrata sulla Cina”.
Alcune delle loro argomentate soluzioni per il fastidio provocato dalla nostra esistenza includono la politica di “rompergli le ossa” negli anni ’80 e ’90, ordinata da Yitzhak Rubitzov, ebreo ucraino che cambiò il suo nome in Yitzhak Rabin (per le stesse ragioni).
Quella politica orribile che ha reso disabili generazioni di palestinesi non è riuscita a farci andare via. E, frustrati dalla resilienza palestinese, è emerso un nuovo discorso, soprattutto dopo che un enorme giacimento di gas naturale è stato scoperto al largo della costa settentrionale di Gaza del valore di trilioni di dollari. Continua a leggere→