Questa città di chi pensi che sia? il 12 ottobre corteo a Milano!

Questa città di chi pensi che sia? Il 12 ottobre corteo a Milano

QUESTA CITTÀ DI CHI PENSI CHE SIA?

COSTRUIAMO L’OPPOSIZIONE SOCIALE!
12 OTTOBRE 2024
CORTEO
Partenza h. 17.30 da piazza Belloveso (Niguarda)

Milano si fregia di essere la città della moda, del Fuorisalone, di Expo, delle olimpiadi invernali: la città vetrina delle banche, delle finanziarie, della Pirelli. La città smart, talmente smart che gli affitti sono alle stelle e la popolazione povera viene espulsa ai margini. La città aperta e solidale, che infatti lascia le persone accampate nelle tende, come successo a Ci Siamo, e sgombera gli spazi sociali per tutelare gli interessi privati, come nel caso di CasaLoca.
Milano è da decenni nella morsa della speculazione edilizia e dell’affarismo, mentre le istituzioni infiocchettano la desertificazione sociale e la gentrificazione con qualche fronzolo arcobaleno: la sua storia viva, fatta di resistenza, arte, cultura operaia e immigrazione è oggi ridotta a “location”, mentre spopola la fuffa architettonica a uso di multinazionali e fondi di investimento come quello che possiede la Lambda SRL, presunta padrona di CasaLoca. E allora di chi è questa città, o meglio, di chi abbiamo lasciato che sia?

Noi pensiamo che Milano sia la città di chi ci lavora e studia, degli immigrati, di chi si arrangia, di chi ha stipendi da fame rispetto ad affitti abnormi. È la città di chi la abita e di chi la vive nei quartieri della periferia. Ma chi la vive è sotto attacco. Sono sotto attacco lavoratrici e lavoratori con uno stipendio da fame e famiglie con affitti alle stelle, come sono sotto attacco gli spazi sociali e chi pratica l’autogestione, il mutualismo e l’opposizione alle logiche del profitto. Lo sgombero di Casa Loca dello scorso agosto è stato solo l’atto più evidente di questo attacco, che viene soprattutto dal governo nazionale e dalle classi dominanti. La sua rioccupazione a fine settembre, da parte di Ci Siamo e di tutto il movimento milanese, sta a dimostrare che non ci stiamo a farci mettere all’angolo, non ci stiamo a subire: vogliamo anzi contrattaccare.

Milano deve essere la città di chi non si arrende, di chi resiste, di chi combatte per una vita degna. Non accetteremo più di essere escluse, sfrattati, represse. Non accetteremo più di vedere sgomberi come quello di CasaLoca, dove per 21 anni si è costruita una realtà di solidarietà, autogestione e internazionalismo. Non accetteremo famiglie per strada col lusso che scorre loro attorno. Il 12 ottobre continuiamo a riprenderci quello che è nostro, a cominciare dal quartiere Bicocca, simbolo evidente delle trasformazioni dall’alto che ha subito Milano.

In queste settimane abbiamo ricominciato a camminare insieme, costruendo assemblee che portassero gli spazi sociali a organizzarsi in vista di una campagna di lunga durata contro la repressione e il saccheggio capitalistico. Abbiamo riconquistato CasaLoca dando una risposta all’emergenza abitativa delle e dei migranti di Ci Siamo. Abbiamo condiviso una chiamata alla metropoli che dica:

– BASTA SGOMBERI E SFRATTI: non permetteremo più che si lascino persone in strada perché non possono più pagare affitti impossibili. Le case sfitte devono essere restituite a chi ne ha bisogno!

– NO AL DDL 1660 IN DIFESA DEGLI SPAZI SOCIALI: non è solo l’ennesima legge repressiva, è una dichiarazione di guerra contro i picchetti sindacali e le lotte studentesche ed ecologiste, contro chi si ribella all’orrore del carcere, contro chi ha la colpa di essere di un altro paese d’origine oppure di non avere una casa. Vogliono uno Stato di polizia, ma noi non ci faremo spaventare. Di fronte all’arroganza di chi usa la legge come manganello, occorre rispondere con la legittimità dei percorsi che abbiamo costruito in resistenza e autonomia.

– ACCESSIBILITÀ E LIBERA CIRCOLAZIONE: nessuna barriera, nessuna esclusione. Questa città deve essere accessibile a tutte e tutti, senza discriminazioni e senza ostacoli!

– DIRITTO ALLA SALUTE E ALLA VITA DEGNA: pretendiamo un sistema sanitario pubblico, accessibile, gratuito e di qualità per tutti. Basta tagli e privatizzazioni che mettono a rischio la vita delle persone! La salute non è un privilegio, è un diritto fondamentale!

– FUORI LE GUERRE dalla nostra città e dalle nostre università! Vogliamo una città che non sia complice delle politiche colonialiste e imperialiste che sfruttano e distruggono vite lontane per arricchire pochi spietati criminali.

Queste sono le rivendicazioni che porteremo in piazza il 12 ottobre, partendo dal primo quartiere nel quale si è resa visibile la nostra volontà di azione unitaria. Facciamo appello a chi abita i quartieri e a chi frequenta gli spazi sociali, a chi fa musica e cultura, a chi lotta, a chi non si rassegna allo stato di polizia e allo strapotere del capitale, a chi abita la metropoli e a chi la attraversa. In questo momento non esiste opposizione politica al disegno reazionario del governo di Meloni e Salvini e al saccheggio degli spazi pubblici: è allora necessario che esploda l’opposizione sociale, a cominciare da Milano.

COSTRUIAMO L’OPPOSIZIONE SOCIALE!
12 OTTOBRE 2024
CORTEO
Partenza h. 17.30 da piazza Belloveso (Niguarda)

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Antidoti

Antidoti

di Nicoletta Poidimani https://www.nicolettapoidimani.it/?p=2253

Una giornata surreale, quella odierna (7/10/2024 n.d.r.), con il mainstream marzialmente allineato coi sionisti, ben attento a censurare ogni voce palestinese che voglia spiegare la propria storia e le proprie ragioni. Ma che altro aspettarsi?

Mi viene in mente quell’Immagine coordinata per un impero, nella quale Mignemi dimostra con rigore la creazione-manipolazione del consenso attraverso il convergere di ogni parola e di ogni immagine nella propaganda della guerra imperialista italiana contro l’Etiopia, quasi 90 anni or sono.

Ogni veleno richiede un antidoto. Quello che propongo per oggi a chi non vuole farsi trascinare nella venefica palude sionista è la lettura di un breve quanto significativo racconto di Ghassan Kanafani – grande scrittore e profugo palestinese ammazzato a 36 anni dal Mossad. Si tratta di Ritorno a Haifa, sicuramente già noto a chi ha a cuore la Palestina e la sua storia di oppressione e di resistenza, ma fortemente consigliato a tutti/e coloro che, dopo un anno di genocidio, ancora si trincerano dietro i ‘Sì, ma….’.

Se poi la volontà di decolonizzarsi dal suprematista e guerrafondaio pensiero unico fosse davvero determinata, consiglio vivamente – come secondo antidoto – anche la lettura della documentata ricerca di Amin Maalouf Le crociate viste dagli arabi, testo quanto mai attuale e ‘didattico’…

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/ giovedì 10 ottobre 2024

Zardins Magnetics di giovedì 10 ottobre 2024

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

Gli argomenti:

-A un anno dall’inizio del genocidio del popolo palestinese a Gaza, l’assedio sionista continua ma la resistenza non cede

Ascolta la diretta:
FM 90.0 MHz
https://radioondefurlane.eu/

Riascolta le trasmissioni passate:
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

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Tecnologie e genocidio dei palestinesi

L’8 è il 9 ottobre a Roma è in corso il Cybertech Europe alla Nuvola di Fuksas all’Eur

E’ stata indetta ieri una manifestazione per contestare le relazioni tra industrie tecnologiche, guerra e Israele. Un corteo è partito alle 16.00 dalla stazione metro Laurentina per raggiungere la Nuvola all’Eur.

L’evento, vede Leonardo Spa come principale sponsor, sarà una vetrina per l’industria delle armi, del controllo e dello spionaggio, volto a rafforzare i legami tra aziende e organizzazioni del settore e la normalizzazione di queste tecnologie utilizzate per la repressione.
A CYBERTECH Europa 2024 intervengono, tra gli altri, ben tre rappresentanti di imprese israeliane: Netanel Amar (direttore operativo di Cynet Security), Yossi Vardi (presidente di Cybertech Conferences), Gil Shwed (direttore generale di Check Point Software Technologies), insieme a loro ci saranno Roberto Cingolani e Lorenzo Mariani (direttori generali di Leonardo), Mario Beccia (vicedirettore tecnologie informatiche NATO, Belgio).
Leonardo, azienda leader mondiale di armamenti, ricopre un ruolo di primo piano in CYBERTECH ed ha rapporti consolidati con l’industria delle armi israeliana; nel solo 2022 si è fusa con l’israeliana Rada Electronic, produttrice di radar utilizzati nel sistema “Iron Fist” sui corazzati da combattimento ora dispiegati a Gaza – oltre ad aver venduta elicotteri da combattimento alle forze armate di Tel Aviv.

immagini della manifestazione di ieri da zaum.sapienza- scuole in lotta

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Prossima udienza per Tiziano il 14 novembre!

Riceviamo e rimbalziamo!

Tiziano, uno dei 4 fermati nella giornata di sabato, è attualmente agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni. Accusato di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La prossima udienza sarà il 14 novembre.
In tante e tanti stamattina a Piazzale Clodio abbiamo aspettato l’esito, nonostante tutto si respirava un’aria buona.
La solidarietà scalda i cuori e spezza le catene dell’isolamento che ci vorrebbero imporre.
Nessun3 da sol3! Palestina libera!

 

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Piccola rassegna stampa sulla manifestazione del 5 ottobre!

Aggiornamento 2

Comunicato collettivi studenteschi e universitari  Zaum Sapienza da Instagram

SULLA GIORNATA DEL 5 OTTOBRE:
Nella giornata di ieri, sfidando il divieto imposto dalla questura di Roma ed i molteplici tentativi da parte delle forze dell’ordine di impedire all3 compagn3, mobilitatesi in tutta Italia, di raggiungere il presidio di Piramide, più di 10.000 persone hanno partecipato al corteo nazionale contro il genocidio del popolo palestinese.
Come studentesse e studenti delle scuole e delle università di Roma abbiamo costruito, all’interno della piazza, uno spezzone sociale – partecipato anche dalle intifade studentesche delle altre città, le realtá di quartiere ed i centri sociali.

Riteniamo fittizia l’uscita mediatica delle ultime ventiquattro ore, rifiutiamo l’ennesima narrazione che tende a scindere manifestanti buoni e manifestanti cattivi, siamo stanch3 di vedere attribuite le responsabilità di dinamiche di piazza all3 infiltrat3. Ad un anno dall’inizio della nuova fase del genocidio sionista in Palestina, insieme alla recente espansione del conflitto anche in Libano, gli avvenimenti di sabato 5 ottobre sono espressione della rabbia dell3 giovani, esaust3 di chiudere gli occhi di fronte a chi ha veramente le mani sporche di sangue: dalle industrie belliche ai governi occidentali, tra cui quello italiano – che, oltre all’attivo sostegno di Israele, tenta di reprimere violentemente ogni forma di dissenso con un disegno di legge liberticida, il ddl 1660.

In qualità di studentesse e studenti che, nell’ultimo anno, hanno partecipato attivamente alle intifade studentesche e alle mobilitazioni cittadine del sabato, abbiamo ritenuto che fosse necessario partire in corteo, anche in risposta all’eccessiva militarizzazione e criminalizzazione del presidio.
Ieri, in piazza, non c’era nessun infiltratә, solo giovani pieni di rabbia.

Oltre allo smisurato dispiegamento di dispositivi di polizia e alle ripetute cariche, sono stati emessi 40 fogli di via e alcuni pullman provenienti da varie città sono stati bloccati; esprimiamo massima solidarietà nei confronti dell3 compagn3 fermat3 – e tuttora in stato di fermo.

Aggiornamento 1

Azione antifascista Trieste Salario da Instagram

In circa 10000 siamo scesɜ in piazza, all’ombra della Piramide Cestia, il 5/10, sfidando il divieto imposto direttamente dal ministro Piantedosi di attraversare le strade della nostra città al fianco della resistenza palestinese e libanese.
Nonostante l’improvvisa autorizzazione del presidio statico (ovviamente taciuta dalla narrazione filogovernativa dei mass media, per non far sfigurare il governo e la sua gestione del dissenso) moltissimɜ compagnɜ sono statɜ identificatɜ nei pressi della piazza o addirittura in autostrada verso Roma ed è stato impedito loro l’accesso in città tramite fogli di via e fermi. Le nuove generazioni di militanti mai prima d’ora forse avevano assistito ad un dispiegamento di forze di polizia simile in città, ciò nonostante il corteo si è mostrato compatto e determinato: ha resistito alle cariche, agli idranti e ai lanci di gas lacrimogeni, che non hanno interessato solo lo spezzone di testa, ma anche le migliaia di manifestanti che non hanno avuto alcun contatto con gli sbirri in antisommossa.
La nostra più totale solidarietà va al compagno Tiziano, al momento agli arresti domiciliari, al compagno Luca, vittima di una vile aggressione squadrista dei sionisti mentre tornava a casa dal corteo, e a tuttɜ
lɜ compagnɜ fermatɜ e denunciatɜ, CHI LOTTA NON SARÀ MAI SOLƏ!
Ripudiamo fermamente la narrazione dellɜ “infiltratɜ”, portata avanti da ogni parte della politica istituzionale, volta solo a criminalizzare ancor di più ogni forma di dissenso, creando la fantomatica divisione tra manifestanti “buoni” e “cattivi”.
GLI UNICI INFILTRATI SONO GLI SBIRRI NELLE PIAZZE, NEI LUOGHI DEL SAPERE E NEI POSTI DI LAVORO.

PALESTINA LIBERA FINO ALLA VITTORIA.
Azione Antifascista Trieste Salario

Oltre all’articolo molto ben fatto de ilrovescio.info che abbiamo appena postato, pubblichiamo una piccola rassegna stampa in divenire sulla manifestazione di ieri perchè riteniamo importante contrastare una narrazione distorta e tendenziosa che circola e che mira a dividere come al solito buoni e cattivi e a fare il gioco del nemico. Noi in piazza c’eravamo ed abbiamo visto una partecipazione altissima e variegata, una necessità non solo politica ma anche fisica e psicologica di ribellarsi al divieto, di dichiarare che non intendevamo e non intenderemo obbedire ma autodeterminarci scardinando la gabbia in cui ci avevano rinchius*, una gabbia che paradossalmente ribadiva in maniera esplicita la vita che vogliono costruire per noi.

Comunicato di UDAP e Giovani Palestina d’Italia: https://www.facebook.com/UDAP.Italia/?locale=it_IT

OLTRE LA REPRESSIONE:
PIÙ DI 15MILA IN PIAZZA PER LA PALESTINA
Comunicato sulla piazza
nazionale del 5 ottobre a Roma
Qualcuno aveva detto che l’Italia non era pronta a manifestare a un anno dal 7 ottobre. Invece, più di 15mila persone, da Roma e da tutta Italia, hanno paralizzato la capitale per la Palestina.
Mentre il 5 ottobre in tutto l’Occidente il movimento in solidarietà al popolo palestinese scendeva in piazza, l’Italia è stato l’unico paese a non permettere che ciò accadesse. Centinaia di manifestazioni si sono tenute a sostegno e in favore della libertà per i popoli colpiti dalla morsa violenta del sionismo. Da Londra, New York, Toronto, Parigi, Barcellona, Madrid, Berlino, Amsterdam, Bruxelles e tante altre.
L’Italia infatti è stato l’unico paese in Europa a vietare la manifestazione ad un anno dall’inizio del genocidio. Le istituzioni italiane hanno provato con ogni mezzo a impedire la riuscita di questa piazza. Fin dal divieto alla manifestazione è stato chiaro quale fosse l’intento del Governo, del quale la Questura di Roma si è fatta portavoce. L’intenzione era quella di spegnere una mobilitazione che si sta dimostrando capace di poter disturbare gli interessi delle classi dirigenti, pienamente allineate e complici del sionismo.
Nell’ultimo anno, infatti, ciò che, come realtà palestinesi, abbiamo portato avanti, insieme al movimento di solidarietà, non è mai stata solo una vaga richiesta di “stop al genocidio”.
Le nostre rivendicazioni puntano alla radice della questione: il problema non è riducibile a Netanyahu, è il sistema di occupazione coloniale ad essere sotto accusa, e per fermare questo sistema bisogna inceppare la macchina bellica, dalla progettazione delle armi alla loro commercializzazione.
È per questo che sabato siamo scesi in piazza per la Palestina e per il Libano, ma anche contro il DDL 1660, vile strumento repressivo che mira a criminalizzare il dissenso e la lotta, ben oltre la causa palestinese. Precisamente perchè questo orizzonte di lotta è stato accolto e alimentato da migliaia di compagnə in tutta Italia le istituzioni lo vogliono spezzare, con ogni tipo mezzo: il più grande rischio per il Governo è scontrarsi con un fronte unito, che mira a obiettivi chiari.
La questura di Roma ha provato con tutte le sue forze a imporre il divieto. Un dispiegamento di forze di polizia senza precedenti ha bloccato ai caselli autostradali, alle stazioni dei treni e dei pullman, migliaia di persone che arrivavano da fuori Roma. Decine di compagnə hanno ricevuto fogli di via, altrə sono statə trattenutə in stato di fermo fino a sera. La giornata è stata segnata da perquisizioni arbitrarie e minacce. Nonostante ciò, e nonostante il clima di terrore creato ad arte dai media, fin dal mattino era chiaro che la repressione preventiva non ci avrebbe contenutə. Eravamo troppə, troppo determinatə ad essere in quella piazza e l’avremmo raggiunta a costo di bloccare Roma. Sappiamo bene che comunque, senza questo “Stato d’assedio”, saremmo stati ancora di più.
Secondo alcuni la “concessione” di Piramide è stata un’apertura “democratica”. A questi rispondiamo che il presidio non ci è stato concesso per bontà, ma l’abbiamo ottenuto con una prova di forza e di fermezza. Migliaia di persone decise e compatte hanno conquistato una piazza che però è rimasta blindata da ogni lato per ore. Le forze dell’ordine erano già schierate, dotate dei cosiddetti ‘mezzi speciali’, pronte a reprimere con ogni mezzo la manifestazione.
Di fronte a questo scenario, tra chi si è trovato chiuso in una gabbia c’è chi ha reagito di conseguenza. Rifiutiamo categoricamente la lettura di chi imputa la violenza a “infiltrati”: la violenza è quella che rinchiude più quindicimila persone in uno spazio confinato, che applica arresti preventivi e che, infine, usa idranti e lacrimogeni sulla folla. Rigettiamo categoricamente ogni tentativo di dividere il movimento di solidarietà, così come il movimento palestinese, tra “buoni” e “cattivi”. La violenza è quella del sistema coloniale che tiene sotto scacco il mondo arabo, che ha ucciso più di 50.000 persone nell’ultimo anno.
Una violenza che distrugge, che annienta.
Il Governo Meloni, il suo alleato sionista e una stampa italiana sempre più appiattita sulla propaganda di guerra, sono gli unici colpevoli. Chiunque tenti di sviare il problema, e di distoglierci dalla realtà e dai nostri obiettivi, fa un servizio ai nostri nemici e mina l’unità del movimento, che solo mettendo insieme diverse idee e diverse pratiche potrà dare una risposta efficace contro la guerra e, soprattutto, contro la repressione che si approssima con il nuovo disegno di legge.
Allo stolto che indica il dito noi rispondiamo guardando la luna: il sistema di occupazione coloniale contro il quale ci stiamo battendo qui in Italia da ben prima del 7 ottobre 2023. La notte tra il 4 e il 5 ottobre è stata una notte infernale per il Libano e la Palestina: intensi bombardamenti hanno colpito Beirut, Baalbek e il sud del Libano, provocando morti, feriti e un alto numero di sfollati, il tutto avvenendo nel silenzio dei media e con la complicità dei nostri governi. Attualmente, in Libano si registrano circa 1,4 milioni di sfollati. Nel frattempo, il 3 ottobre, il campo profughi di Tulkarem in Palestina è stato oggetto di bombardamenti.
A Gaza invece inizia l’ennesima invasione via terra dal nord della Striscia, con ordini di evacuazione e bombardamenti sul campo profughi di Jabalia. Stiamo assistendo di nuovo alle immagini di persone in fuga senza una meta.
La giornata di sabato è stata una vittoria dalla quale dobbiamo imparare. Il Governo voleva creare un precedente di repressione politica, e noi abbiamo creato il nostro precedente di unità politica contro la guerra imperialista e contro il Governo: continueremo a lottare contro – e nonostante – ogni forma di repressione, fino alla cessazione della complicità italiana nel genocidio e fino alla liberazione dal sionismo.
Dalla parte della Resistenza, sempre.
Giovani Palestinesi d’Italia – GPI
Unione Democratica Arabo Palestinese – UDAP
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Comunicato di Infoaut e di seguito anche quello di un gruppo di studenti torinesi;  https://www.infoaut.org/conflitti-globali/roma-in-diecimila-rompono-gli-argini-per-la-palestina

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Comunicato di Potere al popolo https://poterealpopolo.org/ieri-noi-ceravamo-ecco-quello-che-abbiamo-visto/

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Il 5 ottobre a Roma: un segnale

Il 5 ottobre a Roma: bene così

ilrovescio.info

Odiamo la retorica, la radicalità puramente fraseologica, lo sciocco trionfalismo, ma anche gli inutili piagnistei.

Mentre continuano i massacri a Gaza e in Cisgiordania; mentre i bombardamenti statunitensi-israeliani si allargano al Libano, allo Yemen, alla Siria; mentre nello scontro globale ogni cosa può diventa uno strumento di morte (persino un cerca-persone – il che significa: più siamo controllabili, più diventiamo uccidibili); mentre si procede a passi spediti verso l’economia di guerra e lo scontro tra NATO e Russia travolge ogni “linea rossa”, il ministro degli Interni vieta una manifestazione contro il genocidio in corso e a sostegno della resistenza palestinese.

È evidente a chiunque che accettare anche questo avrebbe significato un ulteriore passo verso quell’angolo in cui è confinato il conflitto sociale. Migliaia di persone – in buona parte giovani e giovanissimi – lo hanno capito. Per questo erano in piazza Ostiense, con il cuore a Gaza e gli occhi ben puntati verso quel dispiegamento di divise e mezzi il cui messaggio era inequivocabile: fine delle pantomime democratiche, in guerra non si manifesta. Ed erano in piazza nonostante l’allarmismo mediatico, i controlli addirittura prima della partenza dei pullman, i posti di blocco, i fermi e i numerosi fogli di via preventivi. Ci si poteva accontentare di essersi presi la piazza e di ascoltare i piagnistei sulla violazione della Costituzione, la liberà di espressione e via intristendosi? A nostro avviso, no. Di fronte a un tale concentrato di ingiustizia – quei cordoni di blindati e uniformi erano a protezione della guerra, dei massacri e delle lucrose collaborazioni tra il governo italiano e i dispensatori industriali di morte – era giusto che la rabbia tracimasse. La tecnica poliziesco-mediatica dell’accerchiamento – anticipazione plastica del DDL elmetto-manganello – è stata bucata dalla determinazione di giovani, sconosciute, compagni, che hanno affrontato con coraggio e generosità le manganellate, gli idranti, i gas lacrimogeni, permettendo che qualche corteo spontaneo avesse poi davvero corso (mentre gli estenuanti negoziati stavano letteralmente facendo girare in tondo dentro il recinto). Se la solfa dei “200 black bloc infiltrati” è la tecnica di divisione da sempre prediletta, riferita alla composizione di chi era nelle prime file ieri suona addirittura grottesca.

Basta un colpo di reni per uscire dall’angolo? Sicuramente no, ma è anche vero – come diceva quel tale – che le lotte sono fatte per un quarto di realtà e per tre quarti di fantasia e sentimento. L’accettazione del recinto l’avremmo accusata nei corpi e nello spirito, regalando al nemico (di classe e, ormai, di specie e della Terra) un’onnipotenza che non ha.

Ieri in piazza è circolata, assieme ai gas Cs, aria buona. Bene così.

Odiamo la retorica, la radicalità puramente fraseologica, lo sciocco trionfalismo, ma anche gli inutili piagnistei.

Mentre continuano i massacri a Gaza e in Cisgiordania; mentre i bombardamenti statunitensi-israeliani si allargano al Libano, allo Yemen, alla Siria; mentre nello scontro globale ogni cosa può diventa uno strumento di morte (persino un cerca-persone – il che significa: più siamo controllabili, più diventiamo uccidibili); mentre si procede a passi spediti verso l’economia di guerra e lo scontro tra NATO e Russia travolge ogni “linea rossa”, il ministro degli Interni vieta una manifestazione contro il genocidio in corso e a sostegno della resistenza palestinese.

È evidente a chiunque che accettare anche questo avrebbe significato un ulteriore passo verso quell’angolo in cui è confinato il conflitto sociale. Migliaia di persone – in buona parte giovani e giovanissimi – lo hanno capito. Per questo erano in piazza Ostiense, con il cuore a Gaza e gli occhi ben puntati verso quel dispiegamento di divise e mezzi il cui messaggio era inequivocabile: fine delle pantomime democratiche, in guerra non si manifesta. Ed erano in piazza nonostante l’allarmismo mediatico, i controlli addirittura prima della partenza dei pullman, i posti di blocco, i fermi e i numerosi fogli di via preventivi. Ci si poteva accontentare di essersi presi la piazza e di ascoltare i piagnistei sulla violazione della Costituzione, la liberà di espressione e via intristendosi? A nostro avviso, no. Di fronte a un tale concentrato di ingiustizia – quei cordoni di blindati e uniformi erano a protezione della guerra, dei massacri e delle lucrose collaborazioni tra il governo italiano e i dispensatori industriali di morte – era giusto che la rabbia tracimasse. La tecnica poliziesco-mediatica dell’accerchiamento – anticipazione plastica del DDL elmetto-manganello – è stata bucata dalla determinazione di giovani, sconosciute, compagni, che hanno affrontato con coraggio e generosità le manganellate, gli idranti, i gas lacrimogeni, permettendo che qualche corteo spontaneo avesse poi davvero corso (mentre gli estenuanti negoziati stavano letteralmente facendo girare in tondo dentro il recinto). Se la solfa dei “200 black bloc infiltrati” è la tecnica di divisione da sempre prediletta, riferita alla composizione di chi era nelle prime file ieri suona addirittura grottesca.

Basta un colpo di reni per uscire dall’angolo? Sicuramente no, ma è anche vero – come diceva quel tale – che le lotte sono fatte per un quarto di realtà e per tre quarti di fantasia e sentimento. L’accettazione del recinto l’avremmo accusata nei corpi e nello spirito, regalando al nemico (di classe e, ormai, di specie e della Terra) un’onnipotenza che non ha.

Ieri in piazza è circolata, assieme ai gas Cs, aria buona. Bene così.

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Nessun* resta sol*!!!

Riceviamo aggiornamenti sulla situazione di Tiziano, il processo di domani mattina 7 ottobre, si terrà al tribunale Piazzale Clodio, via Golametto.
L’orario indicativo è alle 9:00.
Nessuno resta solo!!
Dopo la piazza di ieri, la solidarietà non si ferma.

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Per la manifestazione di ieri alla Piramide!

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Ascoltate questa sera Zardins Magnetics/giovedì 3 ottobre 2024

Zardins Magnetics di giovedì 3 ottobre 2024

Questa sera ascolta Zardins Magnetics su Radio Onde Furlane, dalle ore 20 alle 21 e 30 circa.

Gli argomenti:

-Disertorx di tutto il mondo uniamoci!

Ascolta la diretta:
FM 90.0 MHz
https://radioondefurlane.eu/

Riascolta le trasmissioni passate:
https://zardinsmagneticsradio.noblogs.org/

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Oggi alle 17 assemblea alla Sapienza

🇵🇸SCENDIAMO IN PIAZZA IL 5 OTTOBRE🇵🇸
INVITIAMO LE INTIFADE STUDENTESCHE E LE REALTA’ SOCIALI SOLIDALI CON LA PALESTINA A SCENDERE IN PIAZZA TUTT3 INSIEME.
SCENDIAMO IN PIAZZA ANCHE L’8 OTTOBRE:H17:00 – LAURENTINA
L’8 è il 9 ottobre si terrà il Cybertech Europe alla nuvola di Fuksas.🇵🇸
L’evento, con Leonardo Spa come principale sponsor, sarà una vetrina per l’industria delle armi, del controllo e dello spionaggio, volto a rafforzare i legami tra aziende e organizzazioni del settore e la normalizzazione di queste tecnologie utilizzate per la repressione. A CYBERTECH Europa 2024 intervengono, tra gli altri, Roberto Cingolani e Lorenzo Mariani (direttori generali di Leonardo), Mario Beccia (vicedirettore tecnologie informatiche NATO, Belgio) e ben tre rappresentanti di imprese israeliane: Netanel Amar (direttore operativo di Cynet Security), Yossi Vardi (presidente di Cybertech Conferences), Gil Shwed (direttore generale di Check Point Software Technologies).
E’ da sottolineare che Leonardo, azienda leader mondiale di armamenti, ricopra un ruolo di primo piano in CYBERTECH e vanti disparati rapporti radicali con l’industria delle armi israeliana; nel solo 2022 si è fusa con l’israeliana Rada Electronic, produttrice di radar utilizzati nel sistema “Iron Fist” sui corazzati da combattimento ora dispiegati a Gaza – oltre ad aver venduta elicotteri da combattimento alle forze armate di Tel Aviv.
La presenza di Israele a CYBERTECH non è di certo casuale: è proprio attraverso le strutture del colonialismo di insediamento, dell’occupazione militare e dell’apartheid ai danni della popolazione palestinese – sottoposta da decenni a sorveglianza di massa e costante repressione – che Israele ha sviluppato il settore, facendo delle “prove sul campo” una strategia di marketing, .
Il recente cyber massacro di massa compiuto da Israele in Libano e Syria – che ha ucciso al meno 42 persone e ne ha ferito oltre tremila, è stato compiuto mediante l’esplosione di dispositivi di vario genere con impulso da remoto: questo dimostra, con letale evidenza, l’incremento dell’uso criminale e militare delle tecnologie informatiche. Continua a leggere

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Roma 5 ottobre ore 14 alla Piramide! Per la Palestina e contro ogni divieto!

Roma,5 ottobre ore 14 alla Piramide! Per la Palestina e contro ogni divieto!

La questione palestinese è una questione femminista! Ma non lo è perché le donne palestinesi vengono uccise a migliaia, non lo è perché si sono caricate e si caricano sulle spalle la lotta quotidiana per la sopravvivenza del loro popolo e della loro terra, non lo è perché vengono arrestate, incarcerate, torturate nelle carceri israeliane e anche qui dimostrano coraggio, determinazione, capacità di azione e di autorganizzazione. Non è una questione femminista nemmeno perché le donne partecipano attivamente alla resistenza e alla lotta anche in armi. Tutto questo è importantissimo e di grande spessore. Ma la questione palestinese è una questione femminista perché il femminismo è un movimento politico di liberazione delle donne dall’oppressione e, con le donne, degli oppressi tutti, e si fonda su alcuni principi imprescindibili, inderogabili e non negoziabili.

Il femminismo si batte contro il dominio e il possesso, lotta contro il patriarcato, contro l’autoritarismo e la gerarchia che sia tra persone, tra sessi, tra popoli, tra stati ed è quindi antimperialista, rifiuta la mercificazione della vita, è anticapitalista, antirazzista, anticoloniale, antisessista, antifascista.  Si batte contro la normatività e le discriminazioni, contro le strumentalizzazioni, contro il militarismo, contro la legge del più forte.

Il femminismo si può definire tale se, e solo se, percorre strade di liberazione negli infiniti modi in cui queste strade possono essere percorse. Non può essere ridotto all’emancipazionismo che deve essere un mezzo e non un fine, né alle lotte categoriali, agli orticelli protetti, alle quote rosa, alle promozioni personali, alle cordate per la spartizione del potere, al collaborazionismo.

Si batte per l’autodeterminazione e l’autodifesa e ritiene importantissima l’analisi politica rivolta all’individuazione del nemico, che si tratti del fronte esterno o del fronte interno.

È proprio in questo senso che la nostra storia e la nostra esperienza ci hanno insegnato a distinguere sempre tra aggressore ed aggredita. Sappiamo fin troppo bene che cosa significhi mettere sullo stesso piano chi esercita sistematicamente violenza per scelta, per impostazione, per quell’abitudine all’arroganza che deriva dalle posizioni di potere, e chi invece si difende, si organizza, resiste e cerca di liberarsi. Sappiamo fin troppo bene cosa significhi il tentativo sistematico nei tribunali, da parte delle istituzioni, delle forze di polizia, della società benpensante, di mettere sullo stesso piano l’uomo che la violenza la esercita e la donna che la subisce, con un ribaltamento mistificante delle posizioni attraverso il quale è la vita della donna che finisce per essere giudicata e rivoltata come un calzino.  Sappiamo fin troppo bene tutto questo e sappiamo anche benissimo che le donne aggredite non sono e non devono essere per forza buone e perfette: sono intelligenti o stupide, paurose o coraggiose, attente o superficiali… come tutti gli altri esseri umani, ma sono oppresse e sono aggredite e sono sfruttate e sono uccise, e questo è inaccettabile!

Tutto ciò vale nei rapporti interpersonali, nei rapporti con il maschile, vale nei rapporti fra popoli, vale nella collocazione rispetto all’aggressione imperialista portata avanti in questo momento storico dagli Stati Uniti e dalla Nato, con la collaborazione attiva in particolare dei paesi europei, Italia in prima fila, nei confronti della Russia con la guerra in Ucraina.

Vale per l’aggressione sistematica e continua, per il colonialismo spietato, per l’arroganza sionista di Israele nei confronti della Palestina.

Ma Israele non è solo questo. Ricopre anche un ruolo particolarmente importante nel quadro dell’imperialismo occidentale. È la punta di diamante dell’avanguardia tecnologico-militare: sperimentazioni testate direttamente sul campo nei confronti della popolazione palestinese e poi esportate. E questo vale per le tecnologie di controllo militare e sociale, per l’Intelligenza Artificiale, per le modificazioni genetiche in campo umano e agroalimentare… è dello scorso settembre la notizia pubblicata su “Nature” da un’equipe israeliana dell’Istituto scientifico Weizmann a Rehovot di aver creato un feto senza ovulo e spermatozoi. A detta degli scienziati coinvolti è stato distrutto dopo 14 giorni.

Tutto questo ci riguarda direttamente e pericolosamente perché gli strumenti di controllo territoriale, ambientale, sociale ma anche le impostazioni e i modi di questo controllo e la mentalità coloniale saranno, e sono già per alcuni aspetti, usati nei nostri territori e contro di noi.

Inoltre Israele si è assunta il compito di essere elemento di destrutturazione dell’ambito mediorientale anche in funzione della destabilizzazione degli equilibri geopolitici mondiali ed è portatore di interessi economici occidentali ben precisi che riguardano lo sfruttamento dei territori palestinesi.

Ma Israele non è solo questo. È anche l’emblema della strumentalizzazione delle lotte delle donne e delle diversità sessuali, cioè di quello che viene definito pinkwashing: una pratica di governo che consente ai poteri costituiti di autorappresentarsi come esempio di democrazia perché particolarmente sensibili ai diritti e alle esigenze delle donne, degli omossessuali, delle persone trans. Una modalità (a volte meramente propagandistica, a volte farcita di meccanismi premiali, perciò ancor più pericolosa) utilizzata in tutti i Paesi occidentali, che in questo caso si accompagna a una vergognosa demonizzazione del mondo arabo, rappresentato come retrivo, misogino e omofobo, in modo da nascondere la vera essenza teocratica, razzista e violenta dello Stato di Israele. Il patriarcato intride profondamente tutte le società, nessuna esclusa. Sono le donne palestinesi a decidere come quando dove e in che modo combattere il patriarcato a casa loro.

Dicevano le femministe negli anni settanta: non ci importa la libertà sessuale, la possibilità di essere lesbiche e di baciarci per strada se poi arrestano e si portano via il vicino di casa…

È necessario prendere atto e denunciare politicamente il fatto che molte donne, molte diversità sessuali e persone razzializzate si sono vendute al nemico e sono diventate attive nell’oppressione delle classi e dei gruppi da cui provengono. Ci corre un brivido lungo la schiena ogni volta che vediamo e sentiamo le patriarche e le donne da cortile pontificare sui destini di tutte le altre e degli oppressi tutti.  Linda Thomas-Greenfield, donna e nera, rappresentante permanente per gli Stati Uniti d’America alle Nazioni Unite, ha posto per 4 volte il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per il cessate il fuoco umanitario a Gaza. May Golan, ministra di Israele per l’uguaglianza sociale e il progresso delle donne ha detto: “Personalmente, sono orgogliosa delle rovine di Gaza e del fatto che ogni bambino, anche tra 80 anni racconterà ai propri nipoti cosa hanno fatto gli ebrei”. E gli ebrei dovrebbero preoccuparsi tantissimo di essere usati in questo modo dal sionismo e dal colonialismo israeliano.

Quella del posizionamento è una teorizzazione precisa del movimento femminista. Non esistono zone neutre, è sempre necessario scegliere da che parte stare. Il “né né” significa sempre stare dalla parte del più forte.

Con la resistenza palestinese senza distinguo.

Coordinamenta femminista e lesbica

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